Perché i talebani hanno paura dei media?
Soppressione della libertà di espressione: il racconto di alcuni giornalisti che continuano a lavorare a Kabul
Una delle conquiste più importanti degli ultimi due decenni in Afghanistan è la libertà di espressione e con essa la libera attività dei media. Un traguardo che, dopo vent’anni di duro lavoro e sacrifici, rischia ora di essere distrutto.
Com’è noto dopo due decenni di combattimenti contro il governo afghano e le forze di sicurezza, il 15 agosto scorso i talebani hanno ripreso il potere stravolgendo la vita dei cittadini e cancellando molti diritti e libertà. Tra queste la libertà di stampa. Nei primissimi giorni dell’arrivo dei talebani a Kabul e del terrore che portavano con loro, molti media hanno fatto ricorso all’autocensura, smettendo di pubblicare inchieste, opinioni e critiche ed eliminando dalla normale programmazione televisiva tutto quello che non è gradito ai talebani. Oltre 100 i giornali che hanno chiuso le loro redazioni: come rilevato dalla Federazione internazionale dei giornalisti 7.000 operatori dell’informazione sono rimasti senza lavoro e tra questi, molte giornaliste.
La violenza dei talebani nei confronti della stampa non si ferma alla censura. Circa 20 giornalisti sono stati arrestati, e alcuni brutalmente picchiati dopo aver documentato la protesta di un gruppo di donne attiviste politiche e civili a Kabul, contro il nuovo governo e la rimozione del Ministero per gli Affari femminili. In carcere sono finiti anche cinque cronisti del quotidiano Information. Le azioni violente dei talebani non si limitano a questi casi: il gruppo ha recentemente imposto nuove regole sulle attività dei media.
L’Osservatorio per i Diritti Umani ha segnalato che in pratica è vietato pubblicare articoli critici sui talebani. E secondo quanto riferito, le nuove regole dei talebani sono state annunciate ai media durante una conferenza stampa a fine settembre e attraverso un comunicato inviato alle redazioni.
Vietata la pubblicazione di articoli “anti-islamici”, che criticano i leader o che “distorcono” il contenuto delle notizie. I talebani hanno imposto ai media di non pubblicare notizie senza la loro approvazione.
Patricia Gusman, direttrice della sezione asiatica di Human Rights Watch, ha affermato che i talebani avevano garantito agli operatori dell’informazione di poter continuare ad operare ma, di fatto, le nuove regole stanno soffocando la libertà di stampa anche perché molti giornalisti temendo di finire in carcere si stanno autocensurando. Non mancano poi le testimonianze, numerose, di giornalisti che sono stati costretti a dimettersi.
“Dopo un decennio di giornalismo, ho perso il lavoro!” Sohrab Akbari (pseudonimo) ha lavorato negli ultimi dieci anni per diverse testate realizzando numerosi reportage su donne e problemi sociali. Ora che i talebani hanno preso il potere,- dice Sohrab,- senza alcuna speranza per il futuro, posso dire che la libertà di espressione conquistata negli ultimi vent’anni è stata cancellata in una notte. Ora ho perso tutto. Non posso lavorare in una situazione in cui c’è l’autocensura.
“La storia dei media in Afghanistan sta volgendo al termine giorno dopo giorno. I giornalisti ora dicono che non possono criticare il governo per paura dei talebani.” Ruhollah Taheri, giornalista di Kabul, afferma che dopo l’arrivo dei talebani, l’80% delle attività dei media nel Paese è stato limitato. Tanto che la stampa dei giornali si è fermata così come sono stati censurate le testate giornalistiche televisive.
Al Ministero dell’Informazione e della Cultura del precedente governo, -racconta Taheri- risultavano circa ottanta testate registrate, di cui 10 della carta stampata. Oggi tutto questo si avvia alla fine: i valori dei talebani sono contrari ai diritti umani. Se i media non possono parlare di questo allora la libertà di espressione è finita”.
Secondo Ruhollah, 17 membri del governo talebano sono sulla lista nera globale. Ma ora sono considerati figure nazionali, esponenti istituzionali. E di cosa dovrebbero parlare i media se non possono criticare le azioni del governo perché sarebbe considerato un insulto alle figure nazionali?” Nella situazione attuale, i talebani hanno paura dei media e, quindi, stanno cercando fermarli in ogni modo possibile.
C’è poi la questione delle giornaliste, molte delle quali hanno già perso il lavoro, per via delle regole dettate dai talebani, alcune stanno resistendo e sono ancora al lavoro, nonostante i rischi. Rababa (usiamo uno pseudonimo anche in questo caso per salvaguardare la sua incolumità) è una donna che attualmente lavora a Kabul. Anche lei conferma le difficoltà nel poter continuare a svolgere il proprio lavoro e i rischi che stanno correndo i giornalisti. E ammette: “Quelli come me che continuano, nonostante la censura, lo fanno a causa di problemi economici”.
Libertà d’espressione e di stampa cancellate dopo essere state conquistate a fatica e con il sangue: secondo l’ex ministero dell’Interno, negli ultimi vent’anni sono stati più di 130 casi i giornalisti uccisi per aver difeso la libertà dei cittadini afghani ad essere informati. Qui il testo in lingua originale pashto دلته متن په اصلي پښتو ژبه کې دی