Arpab è un ente allo sbando

31 ottobre 2021 | 10:28
Share0
Arpab è un ente allo sbando
Il DG Arpab, Antonio Tisci

“Siamo tornati ad un periodo che è più buio di quello di Sigillito dove si peccava di inesperienza e comunque c’era qualche dirigente o funzionario preparato”

Crediamo che la misura sia colma.

Arpab è un ente al completo sbando che vive di pubblicità anche indotta su alcune testate giornalistiche. Siamo tornati ad un periodo che è più buio di quello di Sigillito dove si peccava di inesperienza e comunque c’era qualche dirigente o funzionario preparato. Adesso ormai il personale qualificato è ridotto al lumicino ed è distratto da relazioni che spesso non hanno nulla da spartire con i compiti d’istituto.

Tisci è Direttore Generale da oltre un anno ed il concorso che aveva indetto Busciolano, Commissario dell’Agenzia, per l’assunzione di un dirigente da assegnare ai controlli della struttura “aria ed emissioni” è fermo forse perché tra i 19 candidati prescelti per partecipare al concorso nessuno ha la tessera di Partito ed è così che l’Ok dal dirigente romano del partito non è arrivato. L’Ufficio Centro Regionale Radioattività, quello che è di casa all’Itrec e che ha apposite convenzioni con Ispra per il monitoraggio della radioattività è privo di dirigente, eppure è un ufficio che oltre a richiedere professionalità specifiche data la delicatezza del settore non può essere assolutamente lasciato scoperto. Anche l’Ufficio Amianto che era una struttura che si è distinta per la puntualità e la precisione nell’operare è privo di dirigente proprio mentre ci sono importanti interventi di sostegno per la bonifica ed il Parlamento ‘Europeo ha appena adottato una strategia più stringente per la rimozione sicura dell’Amianto.

I Laboratori hanno invece il dirigente ma sono privi di personale tanto è che l’unico che lavora con operatività piena è quello di Potenza mentre quello di Matera è completamente fermo pur avendo macchinari moderni e quello di Agrobios a Metaponto lavora a ritmo ridotto. L’Ufficio Suoli e Rifiuti ha il dirigente ma il personale è tutto sbilanciato negli uffici di Potenza e quello di Matera ne è praticamente privo eppure sul territorio provinciale vi sono discariche di rifiuti che presentano forti criticità oltre ad avere un’area Sin quella della Val Basento che è molto più estesa di quella di Tito, il rapporto è di circa uno a sette ed in buona parte abbisogna di caratterizzazione. Oltre alle inadempienze sulla rendicontazione pregressa richiamata in articoli di stampa, il Direttore Generale del Dipartimento Ambiente della Regione Basilicata con una sua nota è intervenuto pesantemente in merito al piano di monitoraggio propedeutico  relativo al piano di tutela delle acque  perché Arpab non ha trasmesso quanto di competenza, nella nota è  evidenziato come la inadempienza avrebbe fatto scaturire l’automatica apertura della ennesima  procedura di infrazione a carico delle Regione.

Per non allargare molto ci soffermiamo sulla legge chiamata “Bandiera” e relativa alle emissioni odorigene con la quale di concerto con l’Assessore Rosa hanno preso in giro il sindaco di Tito al quale, però, per la collaborazione assicurata, è stato dato uno scranno di sottogoverno ed i cittadini che vivono nell’area dalla Piana di Tito invece non hanno portato a casa nulla. La normativa varata vale in via preminente per gli impianti soggetti ad A.I.A ed i tre attenzionati per le emissioni odorigene che operano sulla piana di Tito non lo sono, sono in procedura autorizzativa semplifica, e quindi non rientrano nel piano ispettivo predisposto dalla Regione che riguarda solo le istallazioni soggette ad AIA.

Procedura diversa fu riservata alla piattaforma di rifiuti non pericolosi di “La Martella” a Matera. Il 2 marzo 2016 l’Ufficio Compatibilità Ambientale emise una diffida nei confronti del Comune di Matera ed intimò la sospensione dell’attività e per fare tutto questo fu sufficiente il sopralluogo effettuato dalla Provincia di Matera, supportata dall’Ufficio Suoli e Rifiuti dell’Arapb di Matera che rilevarono di concerto a naso che l’impianto non veniva esercito correttamente per le emissioni in atmosfera specie di quelle odorigene. Il Comune di Matera sostituì i filtri, gli scrubber, le porte e spese 1,2 Milioni di Euro, anticipati dalla Regione a valere sul fondo di rotazione e poi regolarmente restituiti dal Comune. Nel luglio del 2017 finalmente la diffida fu ritirata e l’impianto ricominciò ad operare perché c’era stata ottemperanza alle prescrizioni. Il Comune di Matera aveva fatto i compiti a casa ma la cosa costò quell’anno ai cittadini materani un incremento della Tari per un importo pari al 60% circa. Bisognava ottemperare e così fu fatto! Nel caso della Piana di Tito, messo a tacere il Sindaco con una prebenda da sotto governo nessuno si è fatto vedere, del resto l’Ufficio Aria è privo di dirigente.

Ad uno dei tre impianti è stato concesso l’aumento dei quantitativi in ingresso di Rifiuti compostabili – l’umido- dalle precedenti 11.000 t/anno alle 50.000 t/anno, il processo produttivo non è cambiato così come non è variato l’impianto, quale unica prescrizione è stata richiesta l’installazione di un ulteriore sistema di abbattimento degli odori mediante scrubber a servizio del capannone. La Provincia di Potenza in una successiva comunicazione ha evidenziato l’inadeguatezza del sistema di aspirazione e di abbattimento degli inquinanti e degli odori all’interno dello stabilimento (capannone e tettoia), la mancata chiusura ermetica delle cisterne contenenti acque di percolato. In concreto: è tutta puzza che si disperde nel vicinato! Per rispondere a tutto questo la Regione invece di emettere diffida ad operare ha varato la legge Bandiera ed ha preso in giro i cittadini. Capiamo perché ci si è comportati in maniera difforme rispetto a quel lontano 2016 ed al trattamento riservato a Matera, la Società ha crediti con l’Acta che pare abbia i conti in rosso per 13 milioni di euro, non incassando quei crediti non ha le risorse per fare investimenti integrativi atti a risolvere i problemi evidenziati ed allora si prendono in giro i cittadini con roboanti comunicati stampa.

Per tornare ai mancati controlli di Arpab non possiamo non parlare dei monitoraggi ignorati relativi alla discarica di Salandra, gli ultimi risalgono a Gennaio 2016 fino a quando, il 3 giugno 2019, i Carabinieri Forestali che sono stati sempre presenti da quelle parti- per fortuna- e che già il 9 Maggio 2018 avevano sottoposto a sequestro la discarica, non  hanno inviato una lunga e dettagliata nota in cui hanno evidenziato tutto quanto in quella discarica non andava ed hanno aperto anche un fronte nuovo oltre al solito percolato che finiva nel sottostante  torrente “Gruso”; al telo rotto per la copertura provvisoria, installato con una spesa di oltre 125 mila € e durato circa 6 mesi  poi andato distrutto  “da una calamità naturale”. I Carabinieri Forestali hanno fatto riferimento alle fessurazioni ed agli scivolamenti a valle della discarica. È del tutto naturale che i rifiuti appesantiti dall’acqua piovana non regimata abbiano creato lo scivolamento e le fessurazioni. Arpab di tutto questo ha ignorato l’accaduto anche se sollecitato ad intervenire dai competenti uffici regionali   ma ormai la puzza che c’è da quelle parti non è odirigena ma penale.

I Controlli delle Risorse Idriche e gli Scarichi sono praticamente inesistenti ed a distanza di oltre due mesi dai prelievi si attendono ancora gli esiti del monitoraggio che Arpab in via del tutto eccezionale fece nei piezometri installati intorno alla discarica di “La Martella” di Matera a seguito dell’incendio verificatosi il 4 agosto scorso. Parliamo di monitoraggi straordinari quando quei prelievi dovrebbero essere trimestrali con prescrive l’A.I.A. rilasciata nel 2019.  L’incendio è stata l’occasione favorevole affinché Arpab si recasse in discarica ma i risultati di quei prelievi effettuati sono ancora sconosciuti. Ci fermiamo qui per non tediare ma sulle “Malefatte” Arpab ritorneremo nei prossimi giorni anche perché il territorio di Matera è uno di quelli più ignorati a livello regionale e perché la città non è solo “Italcementi”.

Associazione Ambiente e Legalità –  Pio Abiusi