Noi, scarti aziendali della Stellantis a Melfi
La voce dei lavoratori Rcl (risorse a capacità limitate), i quali per interventi subiti e patologie intervenute dovrebbero essere destinati a postazioni leggere, che però ora mancano, nella caotica riorganizzazione su una sola linea della fabbrica
Da quando alla Stellantis di Melfi si lavora su una sola linea (in via di smantellamento, infatti, quella della Compass) i ritmi sono diventati turbolenti, vertiginosi. “Lavoriamo poche giornate al mese, ma quando lo facciamo il ritmo è da pazzi”, ci raccontava la scorsa settimana una lavoratrice. A vedersela ancora peggio, la categoria dei lavoratori cosiddetti Rcl (risorse a capacità limitate). Sono diverse centinaia solo nel sito di Melfi e si tratta per lo per lo più di operai storici, ormai 50enni, che nel corso degli anni hanno riportato ernie, operazioni, tunnel carpali, cadute e anche patologie oncologiche.
“Siamo diventati un sorta di scarto aziendale” “Ora che la linea è una sola – ci spiega Pasquale, uno di loro – per noi la chiamata in fabbrica è diventata praticamente un tabù”. Nella nuova “disordinata” impostazione della linea, “noi non siamo più collocabili”, chiarisce. I ritmi vertiginosi li possono vedere solo da lontano, da casa. Dal rientro dopo le vacanze estive, aspettano, senza poter contare neanche sul futuro. “Molti di noi sono monoreddito, anche comprare un paio di scarpe ad un figlio è diventato complicato”. Già, perché senza giornate lavorative, lo stipendio è ridotto all’osso, un migliaio di euro mensili. “Anche a casa, davanti alle nostre famiglie, è aumentato il senso di inutilità, di impotenza”. E ancora: “Siamo diventati un sorta di scarto aziendale e ciò è mortificante sia sul piano mentale che familiare”. Non solo un fatto strettamente economico, quindi, ma anche un disumano senso di “inferiorità”, di “dignità” venuti a mancare.
“Dove sono i sindacati?” Proprio mentre per questi sfortunati lavoratori le giornate in fabbrica stanno diventando sempre più un miraggio, dall’altra parte si sente un rumore sordo che proviene dalle stanze sindacali. “Siamo diventati praticamente invisibili – attacca a muso duro Pasquale – Non ci considera nessuno. Da parte dei nostri sindacati, a cui per altro siamo iscritti, non una parola, non un comunicato, come se tutto fosse normale”. Come se Pasquale e gli altri fossero figli di un Dio minore e la cosa fosse ormai un fatto assodato, da accettare senza colpo ferire. “A noi erano destinate le postazioni di lavoro più leggere – conclude amaro l’operaio – ma con una sola linea che fine hanno fatto quelle postazioni?”
Caos calmo e sindacati assenti Oltre ai lavoratori Rcl sono un po’ tutte le maestranze ad aver notato un deterioramento delle condizioni lavorative, al rientro di settembre. Per molti di loro solo 5 giornate di lavoro, niente notti e stesso canovaccio previsto anche a ottobre. “In fabbrica si respira un clima surreale – sottolinea un operaio rientrato proprio nei giorni scorsi sulla linea – Quei pochi giorni che riusciamo a fare sono di superlavoro, sarà difficile abituarsi. Neanche il tempo di prendere il ritmo e resti a casa per un’altra settimana. Così è impossibile programmarsi”. Se le cose stanno così, e a soffrire è gran parte della platea di lavoratori, inevitabile che a salire sul banco degli imputati, ancora una volta, siano i sindacati. “Sono praticamente assenti, da quanto tempo non ci riuniamo più in assemblea?”. E ancora: “Di questo passo dove andremo a finire?”. Sacrosante domande. Sin qui senza risposte convincenti.