Basilicata. Il potere politico-economico e la sessualità delle mucche podoliche
Appalti, soldi e carriere nel mondo degli aspiranti mercenari del sistema egemonico. Vito Bardi dovrebbe cogliere gli aspetti più opachi del teatro che crede di dirigere
Quanta democrazia e libertà ci rimangono ancora da respirare? La questione coinvolge l’intero Paese e tutto l’Occidente capitalistico, ma a noi in questa sede interessa guardare alla Basilicata con le sue specifiche caratteristiche. La crisi della democrazia è ovunque strutturale per diverse cause che qui non analizziamo. Tuttavia per chi volesse approfondire il tema a livello più ampio esiste una vasta letteratura in materia. Qui diamo alcuni indizi sui quali il dibattito appare limitato. Primo: il neoliberismo disprezza la democrazia per ovvi motivi e preme affinché i sistemi democratici siano confinati entro certi limiti. Secondo: i neoliberisti guardano con interesse al capitalismo cinese perché nato e sviluppato con lo Stato in un regime non democratico. Questi indizi non lasciano supporre orizzonti gioiosi per i democratici convinti.
E veniamo alla Basilicata. Qui sono venute meno le condizioni fondamentali che rendevano possibile una vitalità democratica, e l’esercizio delle libertà fondamentali, nel contesto politico, economico e civile. Siamo sotto lo standard minimo. Si è costruito nel tempo, seppure con continue varianti, un sistema di potere politico-economico che mina l’autonomia decisionale delle istituzioni e rende inutile il diritto alle libertà. Si tratta di gruppi dominanti che fanno capo a circuiti di interesse su cui convergono pezzi della politica e pezzi del mondo imprenditoriale che in gran parte ruota intorno a Confindustria. Pure il sindacato è vittima di quei poteri nella misura in cui svolge la funzione di neutralizzare i conflitti. Se ci fate caso, tutti gli spazi di potenziale conflitto non hanno un territorio pubblico, sono spoliticizzati. Per cui anche la politica, intesa come spazio e luogo del discorso pubblico e della pubblica deliberazione, ma anche come luogo del conflitto tra interessi legittimi, idee, orizzonti programmatici, è in grave crisi.
La proposta egemonica
Questo sistema di potere politico-economico ha la meglio perché ha una proposta egemonica alla quale aderiscono sempre più persone: a) disoccupati, poveri, giovani in cerca di lavoro e le loro famiglie da un lato; b) seconde file dei partiti, piccoli imprenditori, liberi professionisti, dipendenti pubblici dall’altro. La proposta è fondata su contenuti chiave molto semplici e immediatamente accessibili a chiunque: lavoro-occupazione, soldi-ricchezza, consenso-potere. Non si tratta di concetti descrittivi, ma prescrittivi. “Qui potrai lavorare, allargare il giro d’affari e dare il consenso a chi ti fa lavorare e ti consente una crescita dei guadagni”. Questa proposta vince perché al momento appare una risposta all’altezza della situazione sociale, politica ed economica della Basilicata: fame di lavoro, sfiducia nella politica, diffidenza nei confronti dei sindacati, voglia di opportunità, crisi nei settori delle libere professioni, pretese di carriera nella pubblica amministrazione, povertà. Ottenere un posto di lavoro o mantenerlo, aggiudicarsi un incarico o un appalto è nelle prescrizioni di quella proposta egemonica.
Quando Vito Bardi spiega che “non basta il rigido rispetto formale delle regole, il non avere procedimenti giudiziari o avere “le carte a posto” per meritare un ruolo pubblico eticamente ispirato, è condivisibile. Tuttavia gli appelli all’etica pubblica di quel tipo cadono nel vuoto perché si scontrano con una realtà quasi inossidabile di comportamenti sul filo della legalità e ai confini della legittimità. Quel sistema, dal quale Bardi è circondato e di cui dovrebbe cogliere gli aspetti più opachi, si fonda su un principio di concretezza: “se qualcosa è tecnicamente possibile allora è legittimo farlo”. Questo principio è il motore di quella proposta egemonica.
Centrale in questo sistema sono le corporation dei settori oil&gas, società finanziarie e fondi di investimento, banche, imprese che lavorano nel campo delle cosiddette energie rinnovabili. Intorno a questi attori – nel vero senso della parola – che recitano le parti della benevolenza, della filantropia e del motore dello sviluppo, si muovono masse di denaro e di opportunità tutte confinate nei recinti da essi stessi arbitrariamente costruiti. È un circuito chiuso, inaccessibile a chi non aderisce alla loro proposta egemonica.
“Se qualcosa è tecnicamente possibile allora è legittimo farlo”. Qualche esempio
È tecnicamente possibile ritardare un avviso pubblico per l’affidamento della gestione dei rifiuti fino al limite della scadenza. Il problema è perché, nonostante l’urgenza di organizzare la raccolta e lo smaltimento dell’immondizia in quei Comuni, la centrale committente continui a tergiversare. Il motivo è semplice: il gruppo di potere locale ha deciso che quella gara deve essere aggiudicata alla Società Tizia, legata al politico Caio, alla quale manca un requisito per partecipare all’avviso e vincere l’appalto. E dunque, è tecnicamente possibile concedere il tempo necessario a quella Società Tizia fino a quando, con l’aiuto degli altri attori del sistema, risolva il problema del requisito. È anche tecnicamente possibile gestire le procedure di gara e valutare le offerte dei concorrenti nel pieno rispetto delle norme e tuttavia fare in modo che l’appalto venga aggiudicato alla Società Tizia. È legittimo farlo, perché è tecnicamente possibile.
È tecnicamente possibile costruire una carriera di primario piazzando il fortunato medico nei posti in cui accumula i requisiti fino a quando non sarà “tecnicamente possibile” bandire un concorso che quel medico vincerà grazie ai criteri di valutazione senza dubbio legittimi e tecnicamente possibili.
Potremmo fare diversi esempi, non solo negli appalti, ma nelle nomine pubbliche, nelle carriere universitarie all’Unibas e nel verminaio delle piccole carriere nel sottobosco del sistema egemonico: un mediocrificio a pieno regime produttivo.
La normalizzazione sociale e la neutralizzazione dei conflitti
I cittadini in generale, i giovani, i lavoratori, i disoccupati, i poveri non reagiscono a questo sistema egemonico in forme efficaci di “insorgenza” per diverse ragioni. Il peso del dominio e le sue ingiustizie non sono avvertiti nella misura sufficiente a suscitare forti reazioni popolari. La proposta egemonica, con le sue parole, con i suoi simboli e, se vogliamo, con i suoi “mitoidi”, è entrata nel linguaggio e nella cultura della società lucana e ha pervaso gran parte dell’opinione pubblica. La gente parla come loro e dunque pensa come loro. Se accetto un lavoro sotto pagato o che annulla i miei diritti sono portato a credere che questa decisione sia un investimento nel futuro, un futuro di privilegiato tra i mercenari degli egemoni: “prima o poi, se faccio come dicono loro, avrò una casa e un lavoro più dignitoso”. Spingono sulla fascinazione dell’individualismo, che diventa sempre più di massa. Tant’è che oggi molti cittadini non hanno altra aspirazione che conquistare uno spazio di subordinazione nei recinti rassicuranti dei dominatori. Ne deriva che la proposta egemonica ha creato una vera e propria notte delle coscienze: una lunga notte. Stiamo diventando perciò una regione, una società regionale, popolata da individui mossi solo dall’utile e in competizione l’uno contro l’altro. È quello che vogliono loro: una cultura della sottomissione in alternativa alla cultura.
Abbiamo già scritto che negli ultimi decenni c’è stata una evacuazione pianificata dei valoridai luoghi naturali di consumo e di produzione: le tradizioni, la cultura linguistica dei paesi, i “vincoli” antropologici resistenti a una certa modernità tossica. Ebbene, uno dei modi per costruire le basi di un conflitto contro l’egemonia dell’attuale potere politico-economico è la rivitalizzazione di linguaggi divergenti a pilastro di una cultura della ribellione fondata sulla saggezza popolare.
Lo straordinario lavoro del Centro Internazionale di Dialettologia in questo quadro assume un carattere rivoluzionario: diffondere la consapevolezza della lingua e dei linguaggi locali, (i dialetti), può contribuire a ricostruire il senso (significato e direzione) di valori che contraddicono la proposta egemonica. È una lettura politica che prescinde dall’interesse scientifico che sicuramente muove gli autori del progetto. È solo un esempio per dire che una delle basi fondamentali per costruire un’offensiva contro l’egemonia è l’efficientamento energetico del linguaggio che trasporta senso e valori.
Tuttavia, dobbiamo constatare che i cosiddetti intellettuali di questa regione preferiscono partecipare a dibattiti sul brodo di giuggiole o magari organizzare banali kermesse sulla sessualità delle mucche delle dolomiti lucane.