Basilicata. Amazon, i tappeti rossi e la “grazia ricevuta”

17 settembre 2021 | 14:28
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Basilicata. Amazon, i tappeti rossi e la “grazia ricevuta”
Uno stabilimento Amazon

La classe politica e dirigente lucana ha storicamente fallito: non è capace di pensare, ma solo di obbedire

“La notizia che il colosso mondiale dell’e-commerce Amazon vorrebbe aprire il Polo Logistico per il Sud Italia in Basilicata è una gran bella novità per la nostra regione. (…) assicurare al management Amazon la massima collaborazione affinché l’implementazione dell’insediamento produttivo non si perda in inutili pastoie burocratiche. Facciamo sì che la Basilicata con l’ultimazione dell’investimento trasmetta all’esterno l’immagine di un territorio inclusivo, conveniente e attrattivo per chiunque voglia creare lavoro e crescita territoriale. Amazon è un gigante commerciale conosciuto in tutto il mondo e, come è già successo per altre regioni italiane, può diventare un ulteriore testimonial di quanto sia laboriosa e accogliente la nostra terra.” È quanto dichiara il capogruppo regionale del Partito Democratico Roberto Cifarelli. Dichiarazione che non si discosta molto dagli entusiasmi del forzista assessore dimissionario Cupparo, dal presidente Bardi e da tutti gli altri esponenti politici, i quali in questi giorni stanno ingaggiando una specie di querelle per accreditarsi una fetta di merito sul grande ipotetico risultato di 1000 posti di lavoro.

Va tutto bene. Nessuno avrebbe il coraggio di dire che 1000 “posti di lavoro” in Amazon sono da buttare via. E infatti non sono da buttare via, ma a certe condizioni che assomigliano molto ai desideri dei bambini. Tuttavia bisognerebbe avere il coraggio di dire che l’ipotetica “offerta Amazon” è l’ennesima prova di due “disgrazie storiche” di questa regione.

La prima è che dagli anni 60 la Basilicata è vittima di eventi esogeni sui quali la politica ha fatto solo disastri. La petrol-chimica con Emilio Colombo in val Basento: ha creato posti di lavoro, ma ha anche provocato oltre 150 morti, e chissà quanti indiretti,  e un disastro ambientale che ancora ci portiamo addosso. Le aziende del post terremoto sono appunto effetto di un tragico evento. La Fiat arrivò per motivi che nulla hanno a che fare con le politiche di sviluppo della classe dirigente lucana. Le multinazionali Eni, Total e altre arrivarono per causa del fatto che nel sottosuolo c’era petrolio e gas, non certo grazie alle politiche di sviluppo della classe dirigente locale. Classe dirigente sostanzialmente immobile, inadeguata, brava a rincorrere le opportunità fornite dagli eventi esogeni in cambio di una certa sottomissione ai “civilizzatori forestieri”.

Per spiegarci meglio. Tutto quanto è accaduto dal dopo guerra in poi, in termini di “sviluppo”, questa terra lo deve non all’intuizione strategica dei suoi politici, non alla sua capacità di mettere a valore economico le proprie risorse, no. La storia ci racconta di eventi esogeni, spesso subiti dalle popolazioni, ma sfruttati dai politici e dai pescecani del business. La chimica, l’auto, il petrolio, non sono “opera buona” dei nostri rappresentanti eletti, delle nostre classi dirigenti, sono l’esito d’interventi dall’esterno. Sono esiti di convenienze e d’interessi altrui, su cui hanno spolpato mediocri personaggi locali. Fino ad oggi ci hanno guadagnato solo loro. Il fumo negli occhi della chimica, della petrolchimica, della bio- chimica o come la volete chiamare non era aria di terra nostra.

La seconda è che le condizioni materiali di sottosviluppo costituiscono le basi di debolezza sociale ed economica per soccombere a qualsiasi “proposta di speranza” arrivi, ancora una volta, dall’esterno: fame di lavoro soprattutto. Tuttavia quella fame, come accade ormai in molti settori , costringe disoccupati e occupati ad accettare condizioni di lavoro e contrattuali al limite della schiavitù.

I tappeti rossi per chi?

Nel colosso multinazionale di Jeff Bezos “si lavora anche più di 80 orea settimana, le pause sono ridotte al minimo, bisogna correre tra i corridoi per raggiungere un certo numero di pacchi in minor tempo possibile, con tutto il portato di rischi di infortunio, non a caso fuori da alcuni magazzini sostano le ambulanze per chi dovesse sentirsi male, soprattutto quando le temperature sono più alte. Uno sfruttamento tanto selvaggio e deregolamentato porta ovviamente allo stremo anche psicologicamente ed ex lavoratori della catena sostengono di aver visto piangere almeno una volta tutti i propri colleghi, costantemente controllati attraverso l’apparecchiatura per riconoscere e marcare i pacchi da spedire -che è legata al nome del lavoratore che la utilizza, in maniera che i capi possano controllare singolarmente quanto lavoro ha svolto e in quali tempi-, con un allarme sonoro che scatta ogni volta che ci si mette “troppo” a raggiungere uno scaffale. E i contratti? Si parla di contratti interinali rinnovabili solo se si seguono le regole ferree, non si fiata e si accetta a testa bassa lo sfruttamento. E le paghe? Cifre ridicole, se si pensa allo stress fisico e mentale ai quali sono sottoposti i lavoratori e alla continua minaccia di non veder “prorogata” la propria assunzione.”

” I bagni sono sempre puliti, perché nessuno li usa. La pressione è talmente tanta, che per non perdere tempo evitiamo di fare la pipì”. Perdere tempo è un peccato capitale. «Andare in bagno si può, ma alla fine nessuno ci va», racconta chi ci lavora.

Ma tutto questo in Basilicata non accadrà

Amazon assume attraverso agenzie di lavoro interinale. E qui, come accade negli altri settori in Basilicata, specie nelle assunzioni nell’indotto Total e Eni, c’è ciccia per i politici che segnalano alle agenzie le persone da assumere.

In Basilicata, sarà tutto rosa e fiori, perché – dice Cifarelli – “nelle ultime ore il Ministro del Lavoro Andrea Orlando ha fortemente voluto e sottoscritto un protocollo nazionale di relazioni industriali tra Amazon Italia Logistica Srl, assistita da Conftrasporto, e le rappresentanze sindacali di categoria, Filt Cgil, Fit-Cisl Nazionale, Uil-trasporti Nazionale. Con questo accordo Amazon si impegna su un metodo di confronto con il sindacato che altri Paesi hanno scelto di non percorrere. Si tratta di una scelta importante per ciò che rappresenta Amazon nel settore della logistica e per quello che il settore rappresenta oggi nella dinamica economica del nostro Paese.”

È formidabile il livello di fiducia delle nostre istituzioni e dei sindacati nei confronti di multinazionali che hanno già dimostrato di usare gli accordi come carta straccia alla prova dei fatti. Ilva non ha insegnato nulla? Pomigliano, Fiat e poi Fca e tutte le altre aziende governate da fondi di investimento e oligarchie finanziarie, la GKN, ci hanno insegnato nulla?

Ora, non vogliamo smorzare l’entusiasmo di tutti coloro che provano ad accreditarsi quali promotori dell’iniziativa Amazon e non vogliamo biasimare tutti coloro che rivendicano “l’affare” sul proprio territorio in una guerra tra disperati. La qual cosa mette tristezza. La politica di Bezos è eliminare il lavoro umano dalla produzione e ci sta riuscendo. Lo si tenga bene in mente.

Vogliamo solo dire che se siamo costretti a stendere tappeti rossi per Jeff  Bezos e quelli come lui, (per capirci quelli del turbo capitalismo neoliberista e del surveillance capitalism), da decenni, è solo per colpa nostra. Potremmo dire per responsabilità di una classe dirigente e politica locale che ha saputo portare benefici esclusivamente a se stessa. Ed è per questa ragione che nonostante la Basilicata di oggi rappresenti il loro fallimento storico, essi guardino a se stessi come a un esempio di successo.

Perché qui si esulta per l’ipotesi Amazon allo stesso modo di come si è esultato per Eni e Total, per Terna spa e per l’eolico selvaggio? Semplice: non siamo capaci di pensare, ma solo di obbedire. Se avessimo avuto la capacità di pensare e di elaborare strategie di sviluppo compatibili con le vocazioni territoriali finalizzate a mettere a valore economico il capitale naturale, storico, antropologico, paesaggistico, che ancora ci rimane, non saremmo una delle regioni più povere d’Europa. Nel frattempo che i 1000 di Amazon a Tito o a Melfi diventeranno 500 e poi 200 e poi 10, sempre che i padroni non decideranno ancor prima di smontare baracca e burattini lasciando sul terreno nuovi disoccupati e cassintegrati, qualcosa la possiamo ancora fare per salvarci. Ma non con questa classe politica e dirigente che senza soluzione di continuità, attraverso meccanismi perversi di successione al potere, ha usato questa regione per costruire carriere e ricchezze personali. Con tutte le eccezioni che vogliamo, ma in gran parte è così anche se non vi pare.

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