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Attacco alla magistratura: l’avvocata Caramia si racconta senza veli

3 settembre 2021 | 14:44
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Attacco alla magistratura: l’avvocata Caramia si racconta senza veli
Anna Maria Caramia

Lunga intervista al difensore che sfida i Tribunali sul “sistema” delle aste giudiziarie

Avvocato Caramia, è passato del tempo dall’ultima intervista che ci ha concesso. Da allora lei ha lanciato una sfida con l’iniziativa “passo dopo passo”: 300 chilometri a piedi da Taranto a Napoli per accendere i riflettori sulla giustizia e sui suoi meccanismi “patologici”. È stata una sfacchinata inutile? Nel frattempo è uscito il libro intervista di Sallusti a Palamara che svela un sistema “malato” di gestione della giustizia e delle carriere dei magistrati. Lei che ne pensa?

Non è stata una sfacchinata inutile, ho avuto molto seguito e tanta solidarietà. Il problema è un altro. Ho letto il libro intervista di Sallusti a Palamara.  Non solo confermo l’esistenza di un Sistema dentro la magistratura, ma posso convintamente affermare che quel Sistema è così forte e chiuso, certo dell’impunità, da spingersi anche a strumentalizzare la funzione per realizzare le più disparate finalità, come quella di distruggere chi si oppone. Mi riferisco non solo ai soliti dinieghi di giustizia, in ogni sede, a cui ormai la gente è abbastanza abituata, ma ad azioni attive dirette ad arrecare danno e a realizzare, sotto la bandiera della legge, l’illegalità più vigliacca. Alcuni magistrati non rispettano la legge sotto la protezione e la copertura reciproche.

Illegalità più vigliacca? Magistrati che che non rispettano la legge? Si rende conto della gravità delle sue affermazioni? Per quale ragione un magistrato dovrebbe spingersi a tanto?

Certo che mi rendo conto. Confermo che alcuni magistrati non fanno il proprio dovere. Mi permetta di dettagliare il mio assunto, non prima di una doverosa precisazione che è quella per cui non faccio di tutta l’erba un fascio e sono certa dell’esistenza in magistratura di gente per bene; purtroppo però credo che resti un po’ ai margini perché ciò che prevale è giustappunto il sistema, e cioè la violazione della legge, le macchinazioni, gli abusi ad ogni livello, gli insabbiamenti da parte delle procure quando ad essere posta in discussione è la condotta di un magistrato. Per dirla facile, la magistratura non ammette di essere posta in dubbio e se lo fai, anche nelle sedi opportune, ovvero quelle giudiziarie, contestando i provvedimenti che a tuo parere professionale violano la legge, violazioni, anche sfacciate a volte, diventi vittima della loro ingiustizia.

Vale a dire?

Voglio dire che non solo non ottieni nulla per le persone che rappresenti, che anzi ricevono danno nelle forme di pesanti condanne, ma senza nemmeno rendertene conto entri in ambiti in cui sperimenti che da parte di quella ‘giustizia’ malata viene un ‘attacco’ alla tua persona che è tanto pericoloso, quanto miserabile. In men che non si dica ti ritrovi sotto procedimenti penali e disciplinari che ti piovono addosso come l’acqua in un temporale.

La cronaca è piena di magistrati arrestati, e anche condannati, da altri magistrati. Quindi faccio fatica a seguirla. Lei a che cosa si riferisce in particolare, di quale Sistema parla?  Per quanto ne sappiamo la sua esperienza riguarda le aste immobiliari e le esecuzioni fallimentari al Tribunale di Taranto, è esatto?

È esatto. Ma quell’esperienza mi porta continuamente a scontrarmi con un altro sistema che è quello delle coperture reciproche tra magistrati, dei tentativi di amministrare la giustizia con artifizi e raggiri. È proprio quello che accade nel Tribunale di Taranto, ma non solo di Taranto, da anni, a proposito delle vendite all’asta e delle esecuzioni fallimentari, che ha costretto me e i miei clienti a denunciare i magistrati per i loro abusi.

Ci vuole spiegare meglio?

Certo, con notevole piacere. Mi spiego con un esempio. È notorio che io sia un sassolino nella scarpa di alcuni magistrati e di conseguenza devo essere fermata con ogni mezzo. Come? Attraverso processi e procedimenti artificiosi. E fin quando è così mi va anche bene. Loro se la cantano e se la suonano come vogliono, hanno sempre ragione e tu sei quella che, con le tue azioni, ostacoli il loro esercizio della funzione giurisdizionale, che nelle loro teste gode di una legittimità a prescindere, cioè a prescindere dalla legge. Altrettanto notorio è che se in qualche modo metti in discussione qualcuno di loro, anche con eventuale denuncia penale,  i colleghi hanno il ‘dovere’ di tutelare il ‘malcapitato’ e in ciò la legalità va a farsi friggere. Mi soffermo su un episodio che secondo me può offrire un quadro piuttosto chiaro di quello che affermo.

Dopo tutte quelle accuse, qualche episodio a riscontro ha il dovere di fornirlo

Certo. È opportuno che io faccia un accenno all’antefatto per consentire di capire anche a chi nulla conosce. Dopo circa 11 anni di sopportazione degli attacchi che mi sono stati riservati da pezzi della magistratura – sia nella professione (con rigetti di cause fondate e revoche di gratuiti patrocini) che a causa di essa (con situazioni che ho ritenuto vere e proprie trappole) – ho sporto la mia denuncia nei confronti di alcuni magistrati di Taranto (Paiano e Federici, per iniziare). Gli stessi si erano resi responsabili di vari reati che, nel complesso, realizzavano in mio danno un vero e proprio stalking giudiziario…

Faccia un esempio dei reati che avrebbero commesso questi magistrati

Un esempio semplice. Due persone anziane miei clienti, sottoposte a esecuzione immobiliare, praticamente buttate in mezzo alla strada a 80anni.   Emerge che l’avvocato della banca creditrice aveva già incassato la somma di circa 300 mila euro, a pagamento del debito, somma mai dichiarata e poi chiesta nuovamente, anche con gli interessi. Per cui siamo passati dal ‘non mi spetta altro’ iniziale, al ‘mi dovete ancora 600 mila euro’. Questo fatto grave di omessa dichiarazione di denaro ricevuto io l’ho dovuto scoprire da sola perché, fatta la domanda in udienza, (avete preso i soldi?) la risposta è stata uno scambio di sguardi tra l’avvocato della banca e il giudice Paiano, entrambi rimasti in silenzio.

Successivamente, dopo diversi mesi, nel corso di un’udienza con la stessa controparte e davanti allo stesso giudice Paiano attacco verbalmente l’avvocato della banca che, rispetto ai miei clienti (due anziani buttati per strada come stracci vecchi), si era spinto ad accusarli di malafede. Qual è stata la risposta? La controparte rimane in silenzio, mentre il giudice Paiano davanti al mio cliente fa cadere su di me la responsabilità di quella situazione paradossale e mi rinfaccia di non aver fatto opposizione all’esecuzione immobiliare.  Il giorno dopo presento l’opposizione. E sa che succede? Il giudice rigetta l’opposizione. E allora impugno il provvedimento di rigetto. Sa che cosa ottengo? Una condanna per il mio cliente a pagare le spese in favore di chi aveva nascosto l’incasso di 300mila euro e un doppio deferimento alla Procura e all’Ordine degli avvocati, contro di me. Motivo? Azione temeraria. Dunque noi, io e il cliente, veniamo bastonati e il signore che prende 300mila euro e non lo dichiara, commettendo verosimilmente anche un reato, non ha subito alcun provvedimento.

Questa situazione con tutto il pregresso di accanimenti e accadimenti vari, sempre sui procedimenti relativi alle aste fallimentari, io l’ho denunciata alla Procura di Potenza, competente per i procedimenti nei confronti di giudici del Tribunale di Taranto, il 19 settembre 2018. Una denuncia contro due giudici del Collegio giudicante che mi ha deferito alla Procura di Taranto, Federici e Casarano, e contro lo stesso giudice Paiano. È questo l’antefatto.

Ora ci dica il fatto

Quella mia denuncia viene assegnata alla pm Veronica Calcagno, allora in servizio a Potenza. Ebbene, nonostante la specificità e gravità dei fatti denunciati, circostanziati e riscontrati, Calcagno tratta il procedimento a modello 45 (registro dei fatti non costituenti reato). Che c’entra il modello 45? Cioè una denuncia di quel tipo va iscritta e trattata a modello 21, ossia dei fatti costituenti reato. Ritengo che la pm abbia commesso quanto meno un abuso d’ufficio poiché in quel modo evita di esercitare l’azione penale nei confronti dei giudici da me denunciati: in pratica li tutela. Non mi resta che denunciare la Calcagno alla Procura di Catanzaro, competente per le vicende giudiziarie che riguardano i giudici di Potenza. E così la storia è andata avanti; ad ora sono finita a Napoli con un procedimento nelle mani del dott. Henry Jonh Woodcock , e mi fermo qui altrimenti mi indagano di nuovo.

No, deve spiegarci Napoli, e dirci che cosa è accaduto ancora. Qual era l’esempio che voleva farci?

Faccio un passo indietro. Nell’anno 2019 sono stata convocata dalla Procura di Potenza per rendere sommarie informazioni testimoniali. Chiedo di sapere per quale pratica, di quale cliente, e mi viene detto che è per tutto, tutto ciò che riguarda le aste immobiliari. C’era qualcosa che non mi convinceva e così è stato. Infatti mi viene presentata una pila di fascicoli e, con condotta dubbia, la pm Santoro, cerca di convincermi che il procedimento su mia denuncia dell’anno 2018, nei confronti dei giudici tarantini (Paiano, Federici e Casarano), aveva un numero, e un registro, diverso da quello che io sapevo essere stato iscritto e trattato dalla pm Calcagno. Lo so che è complicato, ma provo a spiegarmi. Lei sa che quando si apre un procedimento o fascicolo gli si attribuisce un numero e un modello di trattamento (45, 46, 21 ecc.).  Ebbene la pm Santoro insiste, in quella circostanza, sul fatto che la mia denuncia nei confronti dei giudici di Taranto abbia generato un procedimento con altro numero e a modello 46 (notizie anonime di reato) trattato da altri pm. Capisco che l’artifizio serve a coprire la pm Calcagno e magari a colpirmi con un procedimento per calunnia. Procedimento per calunnia nei miei confronti che avevo previsto già da mesi. E mi spiego.  Se il procedimento che è stato generato dalla mia denuncia contro i giudici tarantini non è quello trattato dalla Calcagno, la mia denuncia contro la Calcagno ha un presupposto falso. La pm Santoro vuole convincermi di questa circostanza, e verbalizzarne la mia approvazione, con la convinzione che io non avessi intuito la trappola. Io mi oppongo in tutti i modi: il procedimento generato dalla mia denuncia contro i giudici di Taranto, esiste, è lì davanti a noi, con il numero 2301/2018 a modello 45 trattato dalla pm Calcagno. Tutto il resto è un fascicolo creato ad hoc con i documenti relativi alla mia denuncia contro i giudici tarantini a cui è stato assegnato un numero, 554/18, a modello 46.

E arriviamo all’aspetto più inquietante. Preciso che le mie sit (sommarie informazioni testimoniali) sono state fonoregistrate dalla Procura e, come sempre si fa quando c’è la registrazione, accompagnate da un verbale sintetico scritto, dove io appongo la mia firma. Ebbene, allorché ho avuto tempo di leggere il verbale scritto delle mie sit mi è venuto un colpo al cuore perché ci ho letto l’esatto contrario di quello che io avevo dichiarato alla pm in sede di escussione: lei cerca di convincermi di una cosa, io dico un no netto e poi loro ci scrivono ciò che volevano che io dicessi e che io non ho mai detto; ve lo dimostro con uno stralcio dell’audio delle mie sit.

Ma lei lo ha firmato quel verbale?

Certo e la firma è mia e la riconosco ma, come ho già detto al capo della procura di Potenza, l’unica spiegazione possibile è che quella parte di verbale, infedele rispetto alle mie dichiarazioni, fosse stata aggiunta dopo che mi era stato dato per la lettura; non lo avevo assolutamente letto e mai e poi mai avrei potuto sottoscrivere ciò che, da subito, e con fermezza ho rigettato affermando che si trattava di un falso. Mi chiedo: se non ci fosse stata la registrazione, come avrei potuto provare il mio diniego? E mi chiedo: se al mio posto ci fosse stata un’altra persona, un semplice cittadino a digiuno di procedure e diritto, come sarebbe andata a finire?

Ora ci spieghi come e perché questa storia coinvolge anche Napoli

Devo prima aggiungere che, mentre la mia denuncia contro la pm Calcagno è a Catanzaro, la stessa pm viene assegnata alla sede di Catanzaro e quindi la competenza passa a Salerno, con tutte le carte. A Salerno che cosa succede? Succede che la pm salernitana Guglielmotti esclude la Calcagno da qualunque reato e apre un procedimento a mio carico per calunnia ai danni della Calcagno e dei tarantini da ella coperti, Federici, Paiano e Casarano. Tutto come previsto. Ma c’è di più. La pm di Salerno chiede l’archiviazione anche nei confronti dei giudici tarantini e nei confronti di quelli pure mi accusa di calunnia, ma al tempo stesso, rispetto alle responsabilità di questi ultimi, dice che lei non può occuparsene perché non ha la competenza territoriale, che è appunto di Potenza. Quindi nei confronti dei tarantini accusati lei non è competente ad accertare nulla, ma lo è competente se gli stessi sono parti offese ed io l’indagata: i classici due pesi e due misure. Tutto sistemato. A quel punto denuncio la pm Guglielmotti per abuso d’ufficio. E siccome la competenza per vicende giudiziarie che coinvolgono i magistrati di Salerno è della Procura presso il Tribunale di Napoli, eccoci arrivati a Napoli, dove ho trovato il pm Henry John Woodcok. E qui sono accadute altre storie che sarebbe lungo raccontarle. Sarà per un’altra volta, promesso.

Me lo lasci dire, questa storia è assurda, ma non giustifica l’esistenza di un sistema

Le assicuro che questo modo di amministrare la giustizia è più esteso di quanto si pensi. Certo, non si deve generalizzare e io non generalizzo, parlo per esperienza diretta e per riscontri inconfutabili. Basta guardare a quanto accade sulle aste fallimentari in genere. Lei stesso su questo giornale ha scritto numerosi articoli e inchieste sul funzionamento della giustizia nel Tribunale civile di Taranto e non solo in relazione alle aste: dunque sa bene di cosa parlo. Non è un caso eccezionale, è la regola. Mi lasci fare qualche altro esempio, brevemente.

Prego

Nella questione di un mio cliente a Bari, signor Caprio Alessandro, sono stata costretta a proporre poco meno di una decina di procedure perché poi una tira l’altra e tra queste c’era un’opposizione contro la revoca del gratuito patrocinio. L’ha trattenuta per sé il giudice Ruffino. Ora, questo giudice si è già pronunciato in una vicenda connessa, ma soprattutto è stato denunciato in sede penale per vari abusi, gli ho solo chiesto di astenersi dal trattare quel giudizio, quanto meno per opportunità. Lui che ha fatto? Una cosa straordinaria: ha fatto un processo alle intenzioni e ha voluto intendere la mia semplice istanza di astensione come se si trattasse di un ricorso per ricusazione, peccato che sono due cose totalmente differenti: l’istanza è una sollecitazione, un invito, mentre il ricorso sospende il processo in corso e dà seguito ad un altro processo, quello appunto sulla ricusazione.

A quel punto scrivo al Tribunale di Bari spiegando che non avevo proposto alcun ricorso per ricusazione e che non potevano suonarsela e cantarsela come volevano, anche perché l’eventuale rigetto comporta conseguenze per il ricorrente ricusante. E quindi d’accordo con il cliente non mi sono presentata all’udienza di un processo-farsa per ricusazione. E loro che fanno? Celebrano l’udienza di un ricorso mai proposto e condannano il mio cliente – da essi ritenuto ricusante temerario – all’ammenda per aver proposto un ricorso che non avrebbe dovuto proporre e che mai ha proposto. Studierò qui il da farsi e chiederò a Ruffino di accollarsi la sanzione, tanto più che ha fatto tutto lui.

Potrei raccontarle di un anno e mezzo di discussione in tribunale, con la nomina di due consulenti (ingegnere e geometra) per valutare se i tavoli, le sedie, le affettatrici eccetera eccetera (cioè il complesso degli strumenti di lavoro di un macellaio) fossero fissi nell’immobile o rimovibili. Potrei raccontarle di procedimento penale per turbativa d’asta che resta così, nell’etere, oltre i termini di legge, forse perché l’aggiudicatario è un senatore dei Cinque stelle. Potrei dire della morte di un cliente la mattina di uno sgombero illegittimo. Potrei fare tanti altri esempi. Ma le ricordo che di queste vicende vi siete occupati ampiamente con questo giornale.

Sembrano episodi gravissimi

Lo ripeto, per quanto mi riguarda non sono episodi, sono la regola. La regola che prevale, non scritta ma cogente e applicata sempre, è quella per cui tu hai sempre torto e loro, di contro, sempre ragione. Io non so più dove denunciare e soprattutto non ci credo più nell’istituzione Giustizia, dai vertici agli ultimi anelli. Quando posso, evito di accettare mandati per non arrecare danno a chi vorrebbe farsi difendere da me. E sconsiglio vivamente di intraprendere le vie giudiziarie per evitare che la gente possa ottenere un danno maggiore di quello di cui chiede riparazione. Il classico mantra “noi confidiamo nella magistratura” è pura retorica. Diciamo che il mio livello di fiducia in questa giustizia, per ciò che vedo e vivo, è pari a zero.

E lei, nonostante tutto, con questo livello di fiducia nella magistratura continua ad esercitare la professione? Mi sembra contraddittorio

Guardi la situazione è peggiore di quella che ho cercato di raccontare. Mi sto contenendo per evitare il solito attacco e non perché temo quella gente, ma perché non ho tempo per scrivere e scrivere ancora. Ricordo che non molti mesi fa, a marzo 2021 se non sbaglio, ho avuto un colloquio con il Presidente del Tribunale di Lecce dove pendono alcune mie cause civili che io ritengo palesemente pilotate da Taranto. Nel corso del colloquio ho rappresentato al magistrato che a causa delle forzature di certi magistrati si costringe la gente a fare denunce che la gente nemmeno vuole fare, ma vi è costretta. Il Presidente, che comunque è stato molto garbato con me, mi ha detto parole di questo senso: “ma le denunce non servono a niente!”.

Ed è così. Mi creda. Solo le loro denunce contro la gente normale vanno avanti, ma quelle contro di loro muoiono sempre e miseramente in un nulla di fatto: e tutto dopo anni e anni di spese, lotte e speranze. Pensi lei che, alla Procura di Potenza, un funzionario al quale facevo domande per capire ed esprimevo dubbi sulla condotta del pm di turno mi ha risposto serafico: “lei lo sa che i PM hanno un potere assoluto”.

Io continuo ad esercitare solo perché so che, altrimenti, lascerei da soli tanti clienti vessati, massacrati, derubati, umiliati: sono loro che mi riacchiappano ogni volta che io lascio idealmente la professione, mi riacchiappano e mi dicono “ma dove vai… tu sei nata avvocato”!

Secondo lei che cosa bisognerebbe fare per superare questa situazione nel modo di amministrare la giustizia?

È sufficiente che magistrati applichino la legge, è così difficile? È sufficiente che i magistrati assumano la responsabilità dei propri errori fino in fondo. D’altronde hanno solo vinto un concorso pubblico, non li ha mica nominati Dio.

Ma dica la verità, un barlume di speranza, sia pure minimo, che le cose possano cambiare le è rimasto?

Le dico la verità, si: ho imparato a credere contro la ragione e a sperare contro la speranza e questo mi porta a continuare le mie lotte e le mie proteste.

Spero di incontrala per una storia bella di giustizia.