Total, Tempa Rossa e l’appalto “sospetto”: c’è un ricorso al Tar, udienza l’8 settembre
Quella gara è un trionfo di ambiguità e lascia spazio a legittimi sospetti di accordi “sottobanco” tra dirigenti della multinazionale ed esponenti del sistema di potere locale
Ricordate la gara d’appalto, da 5 milioni, della Total per l’affidamento del servizio di movimentazione, sollevamento e trasporto al Centro Olio di Tempa Rossa? Ce ne siamo occupati abbondantemente. Per primi abbiamo denunciato le anomalie e l’assoluta mancanza di trasparenza nelle procedure. Avevamo anche ipotizzato, anzitempo, chi sarebbe stato l’aggiudicatario di quell’appalto: ipotesi poi confermata dai fatti. La vicenda è simbolica di quanto accade da anni in quel territorio, è l’emblema di un sistema di potere, politico e imprenditoriale, che ruota intorno alle risorse della multinazionale francese. Un sistema “arraffa tutto” che fa da sponda a interessi politici, soddisfa appetiti economici e si appoggia su un reticolo di amicizie inopportune tra controllori e controllati, e magari anche su intrecci societari insospettabili.
Il 2 agosto scorso una delle aziende che ha concorso alla gara, ha depositato ricorso al Tar di Basilicata, ex articolo 120 del codice del processo amministrativo. Si tratta evidentemente di contestazioni giuridiche in relazione alla regolarità delle procedure. La questione di fondo riguarda la natura dell’appalto: privata o pubblica. In base agli accordi sottoscritti con la Regione e con le parti sociali, per garantire la massima trasparenza, la multinazionale si sarebbe impegnata a seguire, in tutte le gare, le procedure degli appalti pubblici. Bisogna capire quale peso e valore giuridico hanno quegli accordi. Ad ogni modo se il Tar dovesse accogliere la tesi del ricorrente, l’aggiudicazione all’Ati Donnoli-Dandrea-Carone, dovrebbe essere annullata o almeno sospesa.
Tuttavia, anche se il Tar dovesse respingere il ricorso la Total non potrà sottrarsi al giudizio dell’opinione pubblica: quella gara è uno schiaffo alla trasparenza, è un trionfo di ambiguità e lascia spazio a legittimi sospetti di accordi “sottobanco” tra dirigenti della multinazionale ed esponenti del sistema di potere locale.