Petrolio e affari: l’economia del ricatto a Tempa Rossa
L’apparato di potere che arricchisce i signorotti e impoverisce il popolo
Se dovessi scrivere un altro capitolo del romanzo criminale su Tempa Rossa, scriverei che da quelle parti esiste un’economia fondata sul ricatto. Un apparato di potere che arricchisce pochi e impoverisce tutti gli altri. Scriverei che poche aziende hanno in mano quasi tutti i lavori esternalizzati dalla multinazionale francese: a loro la carne, tutti gli altri a spolparsi le ossa.
In questo nuovo capitolo, il protagonista si chiederebbe come mai ex amministratori comunali siano diventati una specie di manager non si sa di cosa, pagati non si sa da chi, per portare tra la popolazione il verbo della sottomissione al sistema di potere consolidato. Personaggi che fanno da “mediatori” nelle assunzioni decidendo chi deve lavorare e chi no. “Se durante le elezioni hai sostenuto gli avversari del gruppo dominante è chiaro che non lavori”, direbbe quell’uomo abbronzato seduto davanti al bar in una giornata assolata, silenziosa e deserta. E poi– aggiungerebbe- voi siete scrittore, lo sapete che qui le tangenti si chiamano regalìe?
Personaggi che decidono chi deve affittare un capannone, un piazzale e chi no. Un apparato fondato sulla saldatura di interessi economici e politici di imprenditori-amministratori-esponenti di partito a livello regionale e nazionale. Un sistema di scambio delle convenienze. Questo sarebbe lo scenario sullo sfondo della narrazione. Uno scenario in cui agiscono mezze calzette, ominicchi e codardi promossi a “Bravi di don Rodrigo”: improbabili, eppure peggiori di Griso, Grignapoco, Sfregiato e Squinternotto che urlano ad ogni pié sospinto che “certi giornalisti devono fare una brutta fine”.
Se dovessi scrivere un altro capitolo del romanzo farei uno sforzo di immaginazione ancora più intenso che mi permetterebbe di incontrare nuovi personaggi e nuove situazioni.
Quello che smaltisce illegalmente fanghi e liquido percolato nelle campagne isolate del territorio: una specie di camionista tutto fare al servizio di un signorotto locale.
Il “cuore ribelle”, che soffre per le ingiustizie inflitte al territorio parlerebbe con le lacrime agli occhi: “vengono qui a dire che non bisogna alzare la voce, che bisogna stare calmi, che tutto andrà bene e che bisogna mantenere la pace, il silenzio, niente casini e tutti prima o poi otterranno qualcosa. Te lo dicono con un approccio amichevole, ma in fondo è un ricatto.”
L’esponente delle forze dell’ordine che ha un tenore di vita molto alto per una ragione difficile da scoprire, ma che stuzzica la curiosità della gente e del protagonista del romanzo. L’altro esponente delle forze dell’ordine, che ha parenti assunti nelle imprese del sistema, chiede in giro qualche obolo in natura o magari in denaro, per non darti fastidio o per farti un favore. Una brutta copia impoverita e grottesca dello Sceriffo di Nottingham della valle del Sauro.
E poi l’altro personaggio, anche questo di fantasia, che gira intorno alla piazza con una vespa anni 60, barba lunga incolta, camicia sudata, le dita della mano destra ingiallite dal fumo delle sigarette, all’apparenza avrà 40 anni circa: “qui la cocaina la spacciano anche gli insospettabili”. Ma no! “Come no, forse spacciatori è una parola grossa, ma vi assicuro che si può parlare tranquillamente di fattorini”.
Incontrerei anche il professore in pensione, uno senza peli sulla lingua: “figli, fratelli, sorelle, parenti di esponenti o ex esponenti delle istituzioni tutti assunti dalle imprese del sistema, perciò qui non cambierà mai niente. Qui è tutto uno ‘iura regalia’, compensi, ricompense e corruzione, per capirci.
Spinto dal vento dell’immaginazione, volando sulle ali della fantasia, continueremo a tracciare le bozze per nuovi capitoli. Vedrete, alla fine sarà un romanzo interessante, almeno lo speriamo.