La transizione ecologica ed energetica in Basilicata non passa da qui

4 agosto 2021 | 17:20
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La transizione ecologica ed energetica in Basilicata non passa da qui

Le critiche di Legambiente alla legge regionale 30/2021 “Disposizioni in materia di produzione di energia da fonti rinnovabili”

“Con l’approvazione di questa legge viene portata a compimento un’operazione di sostanziale opposizione nella nostra Regione allo sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili, auspicato invece dalla legislazione europea e nazionale nell’ottica di quella transizione ecologica ed energetica necessaria a mitigare le drammatiche conseguenze della crisi climatica i cui effetti sono già sotto gli occhi di tutti”.

Questo il commento di Antonio Lanorte, Presidente di Legambiente Basilicata, all’approvazione della  legge regionale 30/2021 “Disposizioni in materia di produzione di energia da fonti rinnovabili”, pubblicata sul BUR della Regione Basilicata lo scorso 2 agosto.

“In particolare – secondo Lanorte – la limitazione di capacità installabile di 3MW per gli impianti fotovoltaici di grande generazione inserita nella proposta di legge costituirà un evidente freno, forse definitivo, all’installazione di fonti rinnovabili nel territorio e alla possibilità di attrarre investimenti preziosi per l’economia lucana”.

“Entrando nel merito- continua Lanorte – la nuova legge innanzitutto punta a modificare alcuni punti del Piano di indirizzo energetico ambientale regionale (Piear), strumento approvato quasi 12 anni fa e che oggi appare quanto mai invecchiato e necessiterebbe, piuttosto, di un aggiornamento complessivo in grado di cogliere gli aspetti legati alla transizione energetica oltre che recepire un approccio più orientato a valorizzare le filiere energetiche”.

“Per quanto riguarda il fotovoltaico di grande generazione- sostiene ancora Lanorte – la legge corregge fortunatamente il testo del primo disegno di legge dello scorso gennaio che limitava la capacità istallabile a 3MW per tutti gli impianti fotovoltaici indipendentemente da dove fossero collocati. Il testo approvato invece esclude da tale limite gli impianti previsti nei siti industriali, cave, discariche e siti contaminati. Tale rettifica va accolta con soddisfazione, (così come riteniamo condivisibile stabilire, come fa l’art. 3 della legge 30, modificando la legge 8/2012, che anche gli impianti da fonti rinnovabili di potenza nominale inferiore a 200 kW siano conteggiati, contrariamente a quanto succede fino ad ora, nel computo della  potenza complessiva  installabile)”.

“Tuttavia – sottolinea Lanorte – le note positive si fermano qui, poiché di fatto il limite dei 3MW si applica a tutto il resto del territorio. Porre dei limiti al fotovoltaico a terra può essere giusto ma seguendo altre strade, differenti dalla imposizione per legge di limiti che mortificano la possibilità di valutare caso per caso cosa si può sviluppare per esempio nel settore dell’agrivoltaico.  La Basilicata, così come le altre Regioni, necessita piuttosto di una definizione chiara e puntuale delle aree idonee e delle aree inidonee per le rinnovabili più che limiti di potenza individuali. Grazie alle innovazioni tecnologiche, mondo agricolo e mondo energetico oggi possono coesistere tutelando l’ambiente e valorizzando la biodiversità. In questo contesto deve essere evidenziato lo sviluppo di nuovi modelli di impianti fotovoltaici, capaci di dare supporto alla redditività del sistema agricolo attivo sugli stessi terreni senza consumo di suolo. Nuovi terreni ibridi, in cui agricoltura e produzione energetica si fondono, sono una soluzione vincente e vantaggiosa per tutti gli attori coinvolti.

Gli operatori energetici potrebbero realizzare importanti investimenti, acquisire diritti di superficie a costi contenuti, mitigare l’impatto sul territorio attraverso sistemi agricoli maggiormente produttivi ed efficienti, ridurre i costi di manutenzione degli impianti e stabilire un rapporto con le autorità locali che tenga conto della qualificazione di nuove figure professionali. Gli agricoltori, dal canto loro, potrebbero fruire di nuove risorse per rinnovare e ampliare le attività, moltiplicare di almeno sei volte il reddito agricolo, disporre di un partner solido per proteggersi da brusche mutazioni climatiche, sviluppare nuove competenze e garantire servizi fondamentali e remunerativi al partner energetico. Sulla base dei dati Istat, se si costruissero i circa 30/35 GW di fotovoltaico nuovo in Italia, come previsto dal PNIEC (Piano Nazionale Integrato Energia e Clima) al 2030, ipotizzando esclusivamente realizzazioni a terra (circostanza ovviamente non reale) occorrerebbero circa 50mila ha: ovvero meno della metà della quantità di terreni che vengono ogni anno abbandonati dall’agricoltura corrispondenti a circa lo 0,4% dell’intera superficie agricola nazionale”.

“Per quanto riguarda invece – continua Lanorte – le misure contenute nella legge 30 sugli impianti eolici di grande generazione, valutiamo come sostanzialmente prive di rilevanza sostanziale, ma probabilmente solo utili sul piano propagandistico, le modifiche apportate ai requisiti tecnici minimi e quelli anemologici contenuti nel Piear.  Un’azienda seria non presenta un progetto se non ci sono le opportune condizioni di ventosità, perchè se non c’è vento non prenderebbe incentivi e non venderebbe l’energia. Il problema qui sta nel definire piuttosto un sistema di regole in grado di garantire la piena trasparenza rispetto agli incentivi, alle autorizzazioni e ai soggetti titolati ad accedervi, rafforzando e rendendo così quanto più impermeabile possibile il settore dell’eolico e delle rinnovabili in genere ai fenomeni d’infiltrazione e di condizionamento illegale e mafioso”.