Ho visitato i Sud del mondo in un piccolo paese della Lucania

19 agosto 2021 | 18:02
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Ho visitato i Sud del mondo in un piccolo paese della Lucania
Alcuni momenti dello spettacolo
Ho visitato i Sud del mondo in un piccolo paese della Lucania
Ho visitato i Sud del mondo in un piccolo paese della Lucania
Ho visitato i Sud del mondo in un piccolo paese della Lucania
Ho visitato i Sud del mondo in un piccolo paese della Lucania
Ho visitato i Sud del mondo in un piccolo paese della Lucania

Di fronte a tanta struggente bellezza quasi ti vergogni per aver odiato la terra che ti ha generato. Quando si è giovani si ‘odiano’ i paesi come il mio

L’altra sera ho fatto un viaggio, con un trio musicale d’eccezione e la “mia gente”: quella che è rimasta e quella che è andata via. Ho camminato nei vicoli di una Napoli antica e generosa di suoni e poesia, nelle strade del tango di Buenos Aires, nei sobborghi del jazz; mi sono fermata a chiacchierare con i pescatori che tirano le reti piene di acciughe, quelle che “fanno il pallone”; ho sollevato una valigia di cartone salendo su un treno diretto altrove. Ho visitato i Sud del mondo rimanendo incollata alla mia sedia, nella corte interna di un castello, in un piccolo paese della Lucania.

Vurrìa

“Vurrìa-il canto di Napoli” è il titolo del recital, portato in scena il 18 agosto, a Savoia di Lucania, nel cortile del piccolo maniero che sovrasta il borgo, da Pierdomenico Di Benedetto (piano), Francesco Langone (chitarra) e Giuseppe Visconti (voce). I tre musicisti hanno aperto il grande cuore di Napoli a questo pezzo di Basilicata e a tutti i Sud del mondo a testimonianza che nessun confine potrà mai veramente fermare la bellezza generata dalla “mescolanza” di culture. Vurrìa è il canto di Napoli che diventa il canto di chi è partito e di chi è tornato, di chi arriva per la prima volta, di chi rimane e resiste, di chi è costretto a scappare.

Un tempo in quella corte si accendevano fuochi per preparare le pietanze dei banchetti nuziali che venivano festeggiati nelle stanze del Castello. Ancora prima in questo luogo risuonava il passo di chi dopo una giornata nei campi andava a imparare a leggere e scrivere alla scuola serale. Oggi si fa teatro. E così mentre le note si dipanano, vai con la mente a quelle immagini in bianco e nero di un matrimonio degli anni 60; senti il profumo del sugo che bolle in un’enorme pentola di rame rosso che servirà da condimento agli “ziti” la pasta spezzata; senti il suono di una fisarmonica che accompagna gli sposi nel loro primo ballo da marito e moglie. Chitarra e pianoforte fanno da sottofondo alla voce di una donna con il viso segnato dal sole che scandisce le lettere dell’alfabeto, al maestro che richiama il giovane contadino che ha ceduto alla stanchezza. La musica scandisce la tristezza di chi, indossato il vestito della festa, bussa alla porta dei compaesani per salutare prima di emigrare in cerca di fortuna.

E’ senza dubbio un messaggio di contaminazione fra culture diverse e di accoglienza quello raccontato in modo magistrale dal trio di musicisti che generosamente scompaiono dietro le note per lasciare a chi ascolta la possibilità di percorrere il proprio viaggio di emozioni e ricordi attraverso canti popolari antichi-in cui fanno capolino il tango, il jazz e la tarantella. E così una serata caldissima si trasforma in un dipinto di rara bellezza che presto diventerà nostalgia per chi rimane e voglia di tornare per chi riparte dopo le “ferie di agosto”.

Di fronte a tanta struggente bellezza quasi ti vergogni per aver odiato la terra che che ti ha generato. Quando si è giovani si ‘odiano’ i paesi come il mio. Accade quando le giornate si accorciano. E invece sono così intense, rumorose e piene di vita le sere d’agosto qui dove i vicoli tornano a brulicare di accenti diversi. Sono crogiuoli di culture e vite che si incontrano, si ritrovano, si raccontano e scontrano. Chi torna racconta fiero cosa ha imparato altrove senza dimenticare cosa ha portato con sé. Chi è rimasto ascolta e replica orgoglioso di non essere andato via. Chi arriva per la prima volta si sorprende. Da queste parti chi rimane accoglie, perché è questo che ha imparato sin da piccolo. L’accoglienza è un dovere e per assolverlo al meglio si compie ogni sforzo possibile, anche in un momento storico come questo e anche quando le luci di agosto si spengono.

La corte del castello e il pubblico

Gli organizzatori della serata, Unitre, Comune e Pro Loco di Savoia di Lucania, ci hanno messo impegno, semplicità e amore, qualità che a queste latitudini sono essenziali per la sopravvivenza e per guardare al futuro con ottimismo. I musicisti, non senza emozione, hanno regalato al pubblico un repertorio risalente nel tempo, poco noto (almeno a chi scrive) e per questo ancor più sorprendente e apprezzato.

Sono questi i paesini della Lucania, quelli in cui “non c’è niente” e da cui spesso vorresti fuggire. Sono piazze e vicoli che si riempiono all’improvviso di gente, teatri sotto le stelle, sono amicizie che nascono e restano eterne nonostante le distanze. Sono saluti commossi e arrivederci al prossimo anno. Voglia di resistere e coraggio di rimanere anche quando le giornate si accorciano.