Vite all’asta. Usura, banche e procedure fallimentari travolgono la vita di un artigiano
Delegata alla vendita è indagata, ma per la legge non conta. Felice Basile chiede la sospensione dello sgombero della sua abitazione a annuncia sciopero della fame
L’ultimo appello, prima che sia sgomberato, Felice Basile lo indirizza alla sindaca di Altamura, Rosa Melodia, al Prefetto di Bari Antonia Bellomo, al Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Bari, Anna Maria Tosto, al Procuratore f.f. Roberto Rossi presso la Procura di Bari e infine al Luogotenente del Comando Carabinieri di Altamura, Massimo Giurlando. Per rendere edotte le Autorità in indirizzo che lo sgombero programmato il 5 luglio 2021 alle ore 09,30 in suo danno, dell’immobile sito in Altamura in Piazza Don Minzoni 22. Perciò sollecita le Autorità in indirizzo a sospendere l’intervento dei presidi medici, dei servizi sociali e della forza pubblica per l’esecuzione di sgombero che, in questo particolare momento, “mi vedrebbe con la mia famiglia messo fuori di casa ingiustamente, senza alcuna tutela abitativa, ancor più in mancanza di pronuncia della misura cautelare, pendente sia in sede civile che penale”.
Ed ecco in dettaglio tutti gli aspetti che a suo dire violerebbero le leggi
Innanzitutto il fatto che più volte sarebbe stata stabilita prima la data dell’accesso forzoso e successivamente l’udienza per la discussione della definitività del Decreto di Trasferimento Opposto; che dopo diversi mesi dagli esposti da lui inviati non vi sarebbe stata alcuna pronuncia del Collegio del Tribunale di Bari in merito alle illegittimità reclamate, in relazione alle modalità della vendita che ha visto il funzionario di banca come unico offerente, aggiudicarsi la sua abitazione; che la dott.ssa Manuela Monica Danila Massari in data 21 maggio 2021 ha informato, il G.E. (Giudice delle Esecuzioni) dott.ssa Chiara Cutolo, che risulta “indagata” in un procedimento penale, relativo all’esecuzione e abbia avvertito il G.E. che il G.I.P. ha fissato l’Udienza in Camera di Consiglio in data 11 gennaio 2022; che in relazione a fatti e circostanze denunciate per l’esecuzione egli risulta parte offesa e in riferimento alla legge 108/96 abbia inviato l’istanza al Ministero dell’Interno il quale ha trasmesso la pratica alla Prefettura di Bari; che in riferimento all’art.20 della Legge 44/99 è stata chiesta al P.M. la sospensione dei termini pregiudizievoli, in quanto la legge 108/96 prevede che “dall’iscrizione nel registro delle notizie di reato”, imprenditori e professionisti che denunciano all’ A.G. l’usura (anche bancaria) hanno accesso ai benefici previsti per legge e la sospensione/proroga dei termini pregiudizievoli, indipendentemente dall’accertamento degli autori materiali del reato; che i due titoli dell’azione esecutiva non sarebbero stati accertati da alcuna C.T.U. contabile del giudice e che in riferimento alle disposizioni della Corte di Giustizia Europea è stata chiesta al G.E. dott.ssa Chiara Cutolo la sospensione dell’esecuzione per l’accertamento del credito, rigettata; che la Corte di Giustizia UE ha sancito “il diritto all’abitazione come fondamentale garanzia della Carta” e che per quanto riguarda le conseguenze della espulsione del consumatore e della famiglia dall’abitazione, che costituisce residenza principale, essa ha già sottolineato la necessità per il giudice competente di emanare provvedimenti di sospensione del procedimento di esecuzione ipotecaria o a bloccarlo.
L’urgenza della richiesta di Basile è motivata dalla situazione di particolare gravità e pericolo in cui versa la sua famiglia in conseguenza dei continui abusi “finalizzati solo ed esclusivamente per farci uscire fuori di casa”. Un accesso forzoso in assenza di abitazione alternativa dignitosa è condannato esplicitamente dalle leggi in vigore, che impongono a tutte le Istituzioni, incluse le autorità locali, l’obbligo di proteggere tale diritto con azioni di tutela adeguate. Le stesse autorità di forza pubblica, prima di effettuare l’esecuzione, hanno l’obbligo – secondo Basile – di verificare le istanze dell’esecutato e non possono intervenire se tali obbligazioni legali non sono state rispettate. Queste circostanze – dichiara Basile – sono state rilevate e denunciate da un cittadino coinvolto in un procedimento lesivo che si muove “in ossequio alla verità e credente ancora nella legge”, per rendere edotte le Autorità destinatarie e competenti a non disporre della forza pubblica, nel caso si siano verificati e dimostrati abusi su abusi in suo danno. Nel contempo egli auspica che chi debba eseguire l’ordine debba disattendere la richiesta di intervento della forza pubblica, affinché non si utilizzino le Forze dell’Ordine. Una sentenza della Cassazione penale è esplicita in tal senso, laddove recita che “L’ordine incontra il limite invalicabile della legalità e la sua eventuale non conformità a tale principio fondamentale lo rende assolutamente discutibile e disattendibile, da parte del destinatario, senza che necessariamente l’ordine stesso debba – a fortiori – esprimere una condotta configurante un reato”. In attesa degli eventi Felice Basile non si dispera e si attende l’intervento risolutivo degli uomini e delle donne delle Istituzioni, chiamati per assicurare la Giustizia.
L’antefatto
A fine 2012, come accaduto a moltissimi altri imprenditori, si è improvvisamente visto revocare il fido di conto corrente e di lì a poco la sua posizione è stata portata addirittura in sofferenza. “Un credito in sofferenza presuppone che l’azienda sia decotta e versi in uno stato di insolvenza o in uno stato persistente di instabilità patrimoniale e finanziaria, ma non era certo questo il mio caso – dice Basile – La banca ha revocato il credito alla mia azienda e non si è limitata a quello: ha anche rifiutato, nonostante le reiterate richieste, di presentarmi un piano di rientro comprensivo di interessi e quant’altro. Volevano farmi fallire”.
Invece già a fine marzo 2013 (cioè dopo solo tre mesi dalla revoca dei fidi e dalla chiusura del conto) il credito viene portato in sofferenza e la banca si rivolge al tribunale di Bari chiedendo il fallimento della ditta. Una richiesta respinta dal tribunale in quanto, come si legge nella sentenza, “dagli atti depositati era risultato che, oltre all’inadempimento del credito vantato dalla ricorrente (la Banca) non vi fossero altri fatti concretamente significativi ai fini della prova dell’insolvenza, quali la chiusura delle linee di credito da parte delle banche, la cessazione dei pagamenti, l’effettuazione di pagamenti con mezzi anomali, la pluralità di inadempimenti, gravi e ripetuti, protesti, atti ingiuntivi, procedure esecutive e altri fatti idonei a dimostrare l’esistenza di un patrimonio in dissesto”. Con queste motivazioni il tribunale ha respinto la richiesta della Banca la quale, non soddisfatta, ha poi fatto ricorso in appello e ha nuovamente perso.
“È una cosa davvero incredibile – dice Basile – volevano farmi fallire a ogni costo, probabilmente per aggredire il mio patrimonio dato che gli unici creditori erano appunto la Banca di Santeramo e la Banca popolare di Puglia e Basilicata con cui avevo un rapporto più che trentennale e con la quale avevo anche contratto diversi mutui per la casa di proprietà e per i locali in centro ad Altamura che stavo ristrutturando e che utilizzo per le mie attività”. Il patrimonio di Basile era di gran lunga superiore ai 53.400 euro per i quali la banca avrebbe voluto il fallimento. “Sono riuscito a resistere e a evitare il fallimento – dice Basile – grazie anche alla solidarietà e all’aiuto della mia famiglia, ho pagato al centesimo i fornitori, gli stipendi dei miei collaboratori e il loro Tfr, ma alla fine ho dovuto mettere in liquidazione la mia ditta dopo più di 30 anni di lavoro. Nei miei confronti sono state messe in atto azioni sproporzionate e ingiustificate che ho denunciato alla Banca d’Italia e anche in sede penale. In particolare alla Banca d’Italia chiedevo di verificare la legittimità dei comportamenti della Banca di Santeramo, che a mio avviso si qualificano come azioni estorsive del credito ai danni di una ditta individuale che in trent’anni di attività si è sempre comportata correttamente”.
La Banca d’Italia si sarebbe letteralmente “chiamata fuori” rispondendo a Basile che l’organo di vigilanza “non può interferire nelle decisioni in materia di erogazione del credito, rimesse alle valutazioni e alla responsabilità dei competenti organi aziendali” e che “per la soluzione delle controversie inerenti a rapporti di natura privatistica tra intermediari e clientela, prima di adire l’Autorità Giudiziaria, è possibile ricorrere in via stragiudiziale all’Arbitro Bancario Finanziario”. Poi, in calce alla risposta, il vicedirettore reggente della sede di Bari di Bankitalia informava Basile “che la citata banca è stata comunque invitata a fornire a questa Sede ragguagli su quanto segnalato e ad indirizzare alla S.V. un adeguato riscontro in merito alla questione segnalata, facendone tenere qui copia”. Era il dicembre 2014. Da allora nulla.
Quanto alle azioni in sede penale, Basile ha presentato due esposti-querela nei confronti delle banche, esposti per i quali i pubblici ministeri della procura di Bari hanno chiesto l’archiviazione, nonostante il consulente tecnico della procura abbia accertato che nei confronti di Basile le banche abbiano anche praticato tassi superiori alla soglia d’usura. “Io continuo a battermi per ottenere giustizia, ma sembra di lottare contro i mulini a vento. A parole sono tutti per la legalità, scrivono libri, fanno dibattiti, ma poi nella pratica è tutta un’altra cosa”, conclude con amarezza l’imprenditore che in questi ultimi due anni ha dovuto davvero difendersi con le unghie e con i denti mentre era impegnato a riconvertire la sua attività dal settore elettrotecnico a quello più promettente delle energie alternative.
Oggi
“Malgrado la gravità dei fatti accaduti e il silenzio delle Istituzioni, mi dichiaro ancora un cittadino che ha fiducia nella Giustizia”, afferma Basile. “Dato che non mi sono mai sottratto alle mie responsabilità, – aggiunge – non mi arrendo di fronte alle misere prevaricazioni subìte e rivendico con forza il mio sacrosanto diritto di chiedere giustizia a chi ha il dovere di garantirla e di continuare, nonostante tutto, ad avere fiducia in essa. Perciò da oggi ho deciso di astenermi dal cibo, iniziando uno sciopero della fame per avere Giustizia. “L’esecuzione dello sgombero, nonostante tutto è previsto per oggi 5 luglio 2021.
Nella foto, Felice Basile