Potenza, un canestro rotto scatena discutibili istinti
L’esternazione aggressiva del sindaco Guarente, contro presunti vandali, ci invita a riflettere
Capita che in un parco, di fresca inaugurazione, qualcuno nota che il braccio del canestro del campetto di basket è danneggiato. “I soliti vandali, ragazzacci senza educazione né valori”. Apriti cielo! Il sindaco della città urla allo scandalo sui social. Se la prende con quei ragazzi dalle sembianze animalesche che meritano punizioni esemplari. “Il vero problema è che in questa città c’è gente che non merita un cazzo! Vi darò la caccia come se foste i peggiori delinquenti del mondo…” Qui sotto l’esternazione integrale del sindaco Guarente.
Passa qualche ora e la faccenda appare diversa da come è stata raccontata. Forse si è allentato un bullone al braccio del canestro, niente di che. Forse non si è trattato di vandali ma semplicemente di un appoggio maldestro di qualcuno che è andato a segno con la palla. Niente di grave, capita. Magari basta stringere un bullone.
Tuttavia, la questione è un’altra. Episodi di vandalismo si verificano, come in tutte le città e in misura diversa, anche a Potenza. Non siamo in grado di stabilire se, nella città Capoluogo, si tratta di un fenomeno o di azioni estemporanee. Leggendo lo sfogo del sindaco sembra, invece, che la città sia invasa da giovani delinquenti o aspiranti tali. E veniamo alla questione. Se è vero quello che Guarente pensa e dunque scrive, sembra che la soluzione sia dare la caccia a quei delinquenti, incastrarli con le telecamere e con la recinzione degli spazi pubblici. Questa sarebbe la risposta dell’istituzione a chi “non conosce il valore del bene pubblico, del vivere civile, del rispetto degli altri.”. Al contrario Guarente anziché avventurarsi in risposte per contrastare ignoti e ipotetici “animali”, dovrebbe farsi delle domande: perché qualcuno non conosce il valore del bene pubblico e del vivere civile? E come fare in modo che i ragazzi conoscano e rispettino quei valori? Il sindaco non si fa queste domande, il sindaco indica “autorevolmente”, e coerentemente con i suoi riferimenti culturali, le soluzioni: punizione, persecuzione. Tanto facile quanto inutile.
Una città che pone scarsa attenzione al decoro urbano, che valorizza l’apparenza in tutti i contesti comunitari, che sprigiona presunzione e grottesche manie di grandezza, non è in grado di riconoscere il valore del bene pubblico. Non è credibile. Certo è sbagliato generalizzare e non vogliamo generalizzare. Tuttavia, nel profilo sociale della città prevalgono atteggiamenti diseducativi a diversi livelli. La competizione sul consumo (automobile costosa, vestiti firmati, ristoranti alla moda, vacanze esclusive, ecc.) sono un cattivo esempio per i ragazzi ai quali viene imposta la soddisfazione di qualunque desiderio, anche il più banale. Una città dove prevale la materia sulla poesia, sogni di ricchezza su ideali di bellezza, non è educante. Una città che conta due automobili per abitante, con servizi di trasporto pubblico discutibili, non è un buon esempio. Una città che parla ad alta voce di gioielli, barche e mari esotici, ma che non ascolta il disagio delle ragazze e dei ragazzi è inaffidabile. Una città dove “mio figlio è sempre un genio più genio degli altri”, è fatua. E ci fermiamo qui.
Lo dica, caro sindaco, anche a quei cittadini segnalatori di professione: appena cresce un po’ d’erba sotto il marciapiede di casa loro invocano interventi del Comune anziché prendere la zappetta e far da sé. Lo dica ai commercianti lagnosi per natura: quando nevica non muovono un dito per levare il ghiaccio o la neve dall’uscio del loro negozio, aspettano il Municipio. Sono gli stessi cittadini o commercianti che non hanno mai partecipato a una battaglia civile, figli del sistema delle convenienze individuali e della tutela degli egoismi familiari.
Che dire? La violenta esternazione del sindaco, su un episodio tutto da verificare, potrebbe nascondere un sentimento di impotenza verso ben altri problemi gravi che caratterizzano la città. Se una strada è rotta la si ripara: il divieto di transito non risolve il problema, lo rinvia.