Ho tradotto Machiavelli in arabo, ed è stato puro piacere intellettuale
Amal Bouchareb, scrittrice e giornalista algerina, ci racconta “l’incontro” con gli scrittori italiani
Amal Bouchareb è una scrittrice e giornalista algerina. Ha ricevuto premi e riconoscimenti nazionali e internazionali per i suoi racconti e romanzi. Ha curato la traduzione in arabo di diversi autori italiani, tra cui Niccolò Machiavelli e Pier Paolo Pasolini. Dirige la rivista Arabesque, nata quest’anno. Ne parliamo con lei, in questa breve intervista.
Come è scaturito il suo interesse per l’attività di traduzione, a cavallo tra la cultura araba e quella italiana?
Di formazione accademica io sono traduttrice. Mi sono laureata nel 2006 in interpretariato e traduzione all’Università di Algeri, dove fummo incoraggiati a padroneggiare altre lingue oltre alle lingue di specializzazione (arabo, francese, inglese), ed io scelsi allora l’italiano e il coreano. Il primo l’ho studiato all’Istituto Italiano di Cultura di Algeri, e il secondo all’Università nel quadro di un programma di formazione curato dall’ambasciata coreana ad Algeri. Dopodiché, il mio lavoro si è concentrato più sulle altre quattro lingue, e soprattutto sull’inglese perché dopo il Magistère sono diventata docente al dipartimento d’inglese all’Ecole Normale Supérieure d’Alger. Ma quando mi sono trasferita nel 2014 a Torino con mio marito, mi sono dedicata quasi esclusivamente alla traduzione dall’italiano, oltre a proseguire il mio proprio progetto narrativo in arabo.
Quali sono stati gli incontri più fertili, sinora?
Tradurre La vita di Castruccio Castracani da Lucca di Niccolò Machiavelli era senz’altro una delle soddisfazioni più grandi. Il lavoro implicava la translation assessment della traduzione inglese firmata William Kenaz Marriott, e dopo 15 anni mi inorgoglisce ancora quella traduzione fatta rigorosamente in arabo arcaico per rimanere fedele al registro linguistico del testo originale. Quella era una delle attività eseguita per il puro piacere intellettuale in un contesto meramente accademico. Attualmente con le traduzioni destinate a un pubblico più largo, il piacere di presentare l’Italia tramite voci contemporanee spesso tradotte per la prima volta in arabo, è altrettanto grande. Pertanto, tengo a ringraziare tutti i narratori e i poeti italiani che mi hanno affidato i loro testi, che in qualche modo sono diventati anche i miei testi.
Lei è direttrice della rivista Arabesque. Quali riscontri sta ricevendo, in Italia e in Algeria, il suo Paese?
La rivista che è appena uscita (numero 1 giugno 2021), è stata accolta con tanto entusiasmo nel mondo arabo non solo perché si tratta della prima rivista nel suo genere che si occupa della cultura araba in Italia, ma perché viene sotto una direzione araba. Ciò perché la nostra cultura è stata per secoli l’oggetto di un Orientalismo aggressivo che ha fatto sì che gli arabi si siano sfiduciati completamente nei riguardi dei loro “portavoci” occidentali (e di questo ho parlato in dettaglio nella mia introduzione di Arabesque). In Italia invece – che è anche il mio Paese – mi ha fatto molto piacere l’inclusione di Arabesque nelle collane di una casa editrice tanto selettiva come Puntoacapo editrice. D’altronde, da quando abbiamo iniziato a discutere il progetto assieme alla professoressa Jolanda Guardi (la curatrice del primo numero) con altri arabisti italiani, non siamo riusciti solo a coinvolgere i migliori traduttori e studiosi, ma anche a invogliare altri a lanciare iniziative simili e investire nella stessa idea. Questo mi ha fatto molto piacere, e spero di vedere nascere tante altre riviste e collane dedicate alla cultura araba in Italia.
La Poesia e la sua traduzione possono essere strumenti fondamentali di mutua conoscenza, di superamento degli stereotipi?
La poesia è come qualsiasi altra espressione umana, c’è quella sincera e quella subdola. Se viene tradotta l’ultima, cioè quella sollecitata e promossa per soddisfare i bisogni di un mercato in ricerca di affermare certe immagini, le mistificazioni non faranno altro che consolidarsi. La traduzione poetica diventa uno strumento di conoscenza reciproca solo quando viene celebrata la genuinità che si trova spesso lontano dal chiasso massmediale.
La copertina della rivista Arabesque