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Mafie forti e agricoltori deboli. La storia di Peppe da Scanzano Jonico: “truffato e mazziato”

1 giugno 2021 | 16:50
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Mafie forti e agricoltori deboli. La storia di Peppe da Scanzano Jonico: “truffato e mazziato”
Peppe Stigliani

Un’odissea durata 20 anni, tra processi kafkiani e mancata giustizia

“Le mie susine, che mi vennero pagate da quel Consorzio *** a 17 centesimi al chilo, i carabinieri le trovarono vendute a 3 euro nei supermercati. Una truffa che mi segnò, una giustizia che non mi ha protetto. Oggi però sono tornato a sorridere, aiuto mio figlio a produrre fagioli e peperoni”.

Peppe Stigliani, 67 anni, di Scanzano Jonico, ripercorre la sua odissea durata 20 anni. Dagli anni bui della truffa e dei processi “farsa”, al presente, più ottimistico. “Non è mai troppo tardi per chiedere giustizia”

Lavoro e susine a 17 centesimi, che truffa” Correva l’anno 2001 e Peppe, insieme ad altri 43 soci, conferiva frutta e verdura, ad un grande Consorzio, fatto di tante cooperative satellite, tutte riconducibili ad un unico grande gruppo di esportatori, con la testa a Ferrara, in Emilia Romagna. “Le susine che quell’anno raccolsi a giugno, il Consorzio *** me le pagò 17 centesimi al chilo. Dopo una denuncia ai carabinieri, verificammo che quelle di dimensioni medie le vendettero a 3 euro il chilo, mentre quelle più grandi, le più belle, non riuscimmo neanche a capire a quanto le vendettero”. Una truffa in perfetto stile, giustificata col fatto “che erano deteriorate”, spiega Peppe. “Ma non erano deteriorate quando le vennero a ritirare coi camion, allora erano perfette, solo a settembre che mi dovevano pagare lo erano diventate”. Un po’ come la scusa del cattivo pagatore, in sintesi.

Ho perso 70mila euro, la denuncia e la giustizia assente” Ciò che accadde in seguito a quella ‘campagnata’ orribile ci descrive un po’ lo Stato in cui viviamo, le velocità inique della macchina giudiziaria, vicina ai potenti, distante dai più bisognosi. “Facemmo subito una denuncia – racconta Peppe – ed emerse che quella società era in mezzo ad un contenzioso per truffa alla Comunità europea”. Fondi presi e servizi mai realizzati o realizzati solo in parte. “Ci unimmo come soggetti truffati nel processo penale – aggiunge – tutti assolti in primo grado gli imputati e in appello i documenti non arrivarono. O meglio arrivarono tardi, quando era già scattata la prescrizione”. Andò ancora peggio la causa civile. “Non riuscimmo a trovare avvocati che difendessero davvero la nostra causa. Chissà perché, mi chiedo”.

Processi kafkiani. “Truffato e mazziato” Peppe ha centinaia di carte da mostrare. Denunce, passaggi processuali poco chiari che hanno un sapore kafkiano. Giudici e avvocati arrivavano ora tardi, ora troppo presto, ma sempre in modo da ledere lui, parte già lesa. Spesso si è vociferato, nelle udienze, di possibili “mazzette” che sarebbero state corrisposte. Solo voci. Nessuna verifica per smentirle, quelle voci. “Alla fine siamo rimasti solo in due a combattere per quella causa”, sottolinea. “Anche in paese ci dicevano che era troppo forte quel sistema che volevamo contrastare”. Ma Peppe non si è arreso. “Il danno che ho subito l’ho quantificato per 70mila euro, solo sul prezzo che non è stato corrisposto per le mie susine”.

Agricoltori deboli, poteri e “mafie” forti Storicamente non corrispondere al produttore agricolo il prezzo alla sua merce è il primo passo per togliergli potere su terra e magazzino. “I grandi consorzi si muovono così – precisa – aspettano che ti indebolisci, che fai debiti e poi sei costretto a svendere magazzino e averi. Poi a subentrare sono sempre i soliti latifondisti con denari discutibili, che si prendono tutto a 3 soldi”. E le sue parole, alla luce dell’ultima inchiesta dell’Antimafia proprio a Scanzano, gettano un’ombra su un mondo, quello delle agromafie, troppo a lungo sottovalutato in Basilicata.

Mi fido ancora della giustizia, nel frattempo produco fagioli” Mentre parliamo al telefono, Peppe si muove. E’ nei campi di fagioli e peperoni. “Ora aiuto mio figlio – afferma – frutta e susine non ne produciamo più, ci dedichiamo ai borlotti”. Resta, sotto forme differenti, l’amore per la terra da coltivare. “Provo a sorridere – conclude – mi sono lasciato il passato alle spalle ma confido ancora nella giustizia giusta. Con i procuratori Gratteri in Calabria e Curcio in Basilicata, non tutto è perso. Continuiamo a denunciare e speriamo che possa davvero cambiare qualcosa”.