Quello del regalo alla mafia sarà l’alibi eterno per non fare nulla al Sud?
Nel 1860 la discussione sul tracciato ferroviario per collegare la Sicilia a Napoli durò trenta anni, in quei trenta anni il resto del Paese e del mondo andò avanti. Il Nord si riempì di vie ferrate e il Meridione rimase alla diligenza per trenta anni e quella discussione bloccò ogni altro sviluppo nel Mezzogiorno
Era il lontano maggio del 1980, quando da giovane ingegnere iniziai a lavorare all’Ufficio Studi Economici e di Fattibilità della Snamprogetti, il pensatoio fiore all’occhiello del gruppo ENI dove bazzicavano gli ultimi “discendenti” del Presidente Enrico Mattei. Uomini che avevano formato la chimica italiana e che probabilmente ai più non dicono nulla. Parlo di Marcello Colitti, Mario Parmegiani, Francesco Cima, Pio Pigorini e tanti altri.
Il pensatoio, dove ho mosso i primi passi e ho conosciuto i primi bocconiani all’epoca considerati quasi degli infiltrati in un ambiente di nobiltà ingegneristica di industrial economist, veniva utilizzato anche dai governi, non solo quello nazionale, per la valutazione di iniziative di grande impatto sulla economia nazionale.
In quell’ambiente si passava dal piano energetico per lo Zimbabwe, alle ferrovie messicane, allo sfruttamento minerario del Sulcis e all’ufficio fu richiesta anche la valutazione tecnico economica del Ponte sullo Stretto di Messina.
Sono passati più di quaranta anni e da allora e ciclicamente si torna a parlare del Ponte e anche con poca fantasia e originalità. Uffa, che noia che barba che noia!
Sempre le stesse cose: prima si devono fare le ferrovie siciliane, poi la Salerno Reggio, poi e poi e poi.
In ogni cosa ci sono pro e contro, aspetti tecnici, aspetti economici e di impatto ambientale e il peso dei singoli elementi decisionali non è mai completamente oggettivo ma onestamente tra tutte le motivazioni che ho sempre sentito contro la realizzazione del ponte quella che mi irrita e mi ha sempre irritato di più è quella che ‘così facciamo un regalo alla mafia’!
Motivazione che viene utilizzata per non fare nulla e nessun investimento al Sud perché tutto finisce per essere nulla altro che soldi gettati nelle fauci voraci della mafia.
Pare che questi maître à penser non si rendano conto di quanto sia poco etico, immorale e ingiusta questo modo di ragionare. Equivale a dire: la Stato si arrende, mai nulla al Sud e che questo sia abbandonato proprio nelle braccia della mafia poiché l’unico modo per combatterla è quello di impoverire sempre più il Mezzogiorno in modo da impoverire così anche la mafia.
Un poco come se per guarire dal verme solitario si prescrivesse il digiuno fino alla morte di una persona con conseguente vittoria sul verme. Queste sì che sono soddisfazioni!
Lo dico con affetto e afflizione a tutti i meridionali che ripetono la tesi del regalo ai mafiosi: questo serve solo per giustificare il fatto che al Sud non si facciano le infrastrutture utili allo sviluppo del Mezzogiorno e tutto si concentri al Nord, dove, come risulta da varie inchieste giudiziarie, ha finito per trasferirsi anche la mafia.
Sviluppo sociale e economico sono invece il vero e unico antidoto contro le mafie, un popolo in miseria è sempre ricattabile da politici, mafiosi e poco di buono.
Non credo di essermi mai espresso pubblicamente sul mio favore o meno al Ponte, semplicemente perché ho sempre pensato che dopo un poco di discussione tutto finisse in un fuoco di paglia, l’ennesimo e che implicitamente insieme al Ponte si abbandonasse ogni idea di infrastruttura al Sud. Insomma ho sempre ritenuto inutile parlarne perché alla fine tutto sarebbe caduto nel nulla.
Questa volta però la questione è diversa. Ci sono valanghe di quattrini da spendere e l’idea di un progetto simbolo per la rinascita del Sud e che serva anche a ristabilire la centralità del Mediterraneo forse è utile e il Ponte è un candidato ideale. Forse può valere la pena : invertiamo le logiche, prima il Ponte e poi a seguire, visto che il Ponte è stato fatto, potenziamo tutte le altre infrastrutture a Sud.
Nel 1860 la discussione sul tracciato ferroviario per collegare la Sicilia a Napoli durò trenta anni, in quei trenta anni il resto del Paese e del mondo andò avanti. Il Nord si riempì di vie ferrate e il Sud rimase alla diligenza per trenta anni e quella discussione bloccò ogni altro sviluppo al Sud.
Oggi è la stessa questione sul Ponte. Se ne discute da quaranta anni, solo a mia memoria, e si è fatto nel mentre il tunnel sotto la Manica e il Mare del Nord è pieno di ponti arditi che collegano tutto il collegabile e il Mezzogiorno continua a rimanere fermo a discutere.
Quello del regalo alla mafia sarà l’alibi eterno per non fare nulla al Sud?
Pietro De Sarlo
www.pietrodesarlo.it