Legambiente presenta il Rapporto Cave 2021

11 maggio 2021 | 12:16
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Legambiente presenta il Rapporto Cave 2021

In Basilicata 54 cave autorizzate e 9 dismesse o abbandonate, quasi 2 milioni di metri cubi di materiali estratti all’anno, un volume di affari di 2.5 milioni di euro ma senza alcun canone di concessione richiesto dalla Regione e Piano cave assente

Sono 4.168 le cave autorizzate in Italia e 14.141 le cave dismesse o abbandonate secondo i dati contenuti nel Rapporto Cave 2021 di Legambiente. Vengono estratti annualmente 29,2 i milioni di metri cubi di sabbia e ghiaia per le costruzioni, 26,8 milioni di metri cubi di calcare e oltre 6,2 milioni di metri cubi di pietre ornamentali. Con canoni irrisori e in base a un quadro normativo inadeguato, una pianificazione incompleta e una gestione delle attività estrattive senza controlli pubblici trasparenti. Il tema è di piena attualità visto il rilancio dei cantieri previsto con il Recovery plan, in particolare di alta velocità ferroviaria, ma anche in edilizia con il superbonus di cui si sta discutendo la proroga.

Questa situazione oggi può essere cambiata, come racconta il Rapporto di Legambiente, con esempi italiani e europei, e proprio la chiave del recupero e riciclo può contribuire non solo a ridurre progressivamente le cave ma a rilanciare il settore delle costruzioni. Inoltre, anche le attività estrattive possono essere gestite correttamente, ponendo attenzione a ridurre l’impatto sul paesaggio e delle attività. Sono diversi gli esempi in questo senso di cave attive e recuperate a vantaggio delle comunità coinvolte. Ma ora è il momento di accelerare nella transizione verso l’economia circolare, rafforzando trasparenza e legalità nel settore. Non è accettabile che il recupero di rifiuti provenienti da demolizione e ricostruzione veda numeri ancora così bassi e che si continui a devastare il territorio con l’estrazione di materiali che possono essere sostituiti da altri provenienti dal recupero e riciclo, e aprire cave senza garantire il recupero progressivo delle aree. La strada è quella segnata dalle direttive europee e dalle leggi nazionali, eliminando tutte le barriere al recupero e riciclo dei materiali per il loro utilizzo nelle opere pubbliche e nei cantieri privati. Purtroppo, larga parte dei rifiuti da demolizione e ricostruzione oggi finisce in discarica e siamo ben lontani dall’obiettivo del 70% di recupero fissato al 2020 dall’UE. Eppure, gli studi evidenziano come la filiera del riciclo in edilizia garantisca il 30% di occupati in più a parità di produzione.

“Oggi – dichiara Antonio Lanorte, Presidente di Legambiente Basilicata – anche in Basilicata abbiamo la possibilità di passare da un modello lineare, di grande impatto, a uno circolare dove l’obiettivo è puntare su recupero, riciclo, riqualificazione urbana e territoriale. È una trasformazione sicuramente nell’interesse generale ma anche del settore, perché in questa prospettiva si aprono opportunità di innovazione di impresa e di creazione di nuovi posti di lavoro”.

La normativa di riferimento

Il settore, così delicato per gli impatti e gli interessi, è governato a livello nazionale da un Regio Decreto del 1927. Da allora non vi è più stato un intervento normativo che determinasse criteri unici per tutto il Paese, mancano persino un monitoraggio nazionale della situazione o indirizzi comuni per la gestione e il recupero. Con il DPR 616/1977 le funzioni amministrative relative alle attività di cava sono state trasferite alle Regioni, e gradualmente sono state approvate normative regionali a regolare il settore. Purtroppo, ancora in molte Regioni si verificano situazioni di grave arretratezza e i limiti all’attività estrattiva sono fissati in maniera non uniforme. La Basilicata è una delle Regioni (insieme ad Abruzzo, Molise, Sardegna, Calabria, Friuli-Venezia Giulia e provincia di Bolzano) in cui è assente un Piano Cave.

L’assenza dei piani è particolarmente preoccupante perché si lascia tutto il potere decisionale in mano a chi concede l’autorizzazione. Sull’impatto ambientale delle cave è intervenuta l’Ue a imporci regole più attente; con la Direttiva europea 85/337 si è stabilito che l’apertura di nuove cave deve essere condizionata alla procedura di Valutazione di Impatto Ambientale. Ma in Italia l’obbligo vale solo per cave con superficie maggiore di 20 ettari, per cui la norma è il più delle volte aggirata.

I canoni

La Basilicata è una delle tre Regioni italiane, insieme a Val d’Aosta e Sardegna, che permette il prelievo di qualsiasi tipo di roccia senza incassare un centesimo. In generale le entrate percepite dagli enti pubblici con l’applicazione dei canoni sono estremamente basse in confronto ai guadagni del settore. Il totale nazionale di tutte le concessioni pagate nelle Regioni, per sabbia e ghiaia, è di 17,4 milioni di euro, cifre bassissime rispetto ai 467 milioni di euro all’anno ricavati dalla vendita.

Se venisse applicato un canone, come avviene in Gran Bretagna, pari al 20% dei prezzi di vendita, gli introiti delle Regioni per l’estrazione di sabbia e ghiaia salirebbero a 93,5 milioni circa. Ad esempio in Basilicata 486mila euro ogni anno. In totale, si possono stimare in almeno 333 milioni di euro  in Italia le mancate entrate per canoni inadeguati, ogni anno tra inerti e materiali di pregio,dove i guadagni sono assai rilevanti grazie alle esportazioni. Se un canone di questo tipo si fosse introdotto negli ultimi dieci anni si sarebbe potuti generare quasi 4 miliardi di euro di entrate per le casse pubbliche.

Gli obiettivi secondo Legambiente

La sfida dei prossimi anni è la rigenerazione delle città, la riqualificazione energetica e anti sismica del patrimonio edilizio; in questa prospettiva si può rilanciare il settore delle costruzioni puntando su qualità, sostenibilità, recupero e riciclo dei materiali. Per Legambiente sono tre gli obiettivi principali da raggiungere.

  1. Rafforzare la tutela del territorio, perché il quadro delle regole di tutela del territorio dalle attività estrattive è inadeguato soprattutto per quelle Regioni, come la Basilicata, che non hanno un Piano Cave, anche se è giusto sottolineare che la nostra Regione ha fissato regole per il recupero delle aree abbandonate e sanzioni per la coltivazione illegale
  2. Stabilire un canone minimo nazionale per le concessioni di cava, come nel Regno Unito pari al 20% del valore di mercato, perché la strada dell’economia circolare passa per una revisione della fiscalità e in tutti i Paesi europei l’aumento dei canoni per le attività estrattive e per il conferimento a discarica degli inerti è stato il volano per la riorganizzazione e modernizzazione del settore verso il riciclo.
  3. 3.Ridurre il prelievo da cava attraverso il recupero degli inerti provenienti dall’edilizia e dal riciclo di rifiuti da utilizzare in tutti i cantieri, perché è vantaggioso per il paese e le imprese; per questo serve ridurre il conferimento a discarica, rendere economicamente vantaggioso l’utilizzo di materiali provenienti da recupero e riciclo a fronte di quelli provenienti da cava, facilitare il recupero, riciclo e riutilizzo in edilizia di rifiuti provenienti da tutti i settori e garantire sbocchi di mercato a questi materiali.