Presidente Draghi, ascolti: la scuola on line è un’agonia

20 marzo 2021 | 15:56
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Presidente Draghi, ascolti: la scuola on line è un’agonia

Noi adolescenti stiamo naufragando nel mare nero della nostra psiche

Un anno fa mia madre mi ricordava sempre di non stare davanti al telefono come uno zombie, per evitare di perdere materia cerebrale. Ora con l’arrivo inaspettato nella mia vita del covid-19, ogni oggetto che sappia ricevere il Wi-Fi è diventato vitale. Tutto, a partire dal telefono per finire con il computer, è diventato strumento per ascoltare i miei professori, comunicare con i miei pari, tentare relazioni amorose.

Dall’inizio dei tempi l’uomo utilizzava armi e armature per plasmare il mondo intorno a lui. Ora il mio strumento è il computer, non è affilato, non è robusto. È uno strumento passivo, come la spada, il suo utilizzo varia a seconda di chi lo usa. Il computer è un mondo di tentazioni: in 5 secondi puoi iniziare a vedere un video su Youtube, o magari ti vai a scaricare una canzone, leggere un manga, o vedere la carne macellata di un porno.

Prima se non ero troppo occupato potevo rilassarmi ed usare il computer per dissanguare la mia ignoranza, ora no. Se avessi le competenze di un hacker, potrei entrare nei computer dei miei professori e dei miei compagni, nei loro preziosi telefoni quindi nelle loro vite, e segreti. Potrebbe essere piacevole ma non lo so fare. E nonostante il desiderio di usufruire meglio della mia spada che è il computer, la Dad non mi lascia tempo per niente. I professori credono che stando noi a casa non abbiamo nulla da fare, quindi per quale motivo non asfaltarci di compiti? Le professoresse ci assegnano molti esercizi su Word e Power Point perché ormai hanno capito che sforzarsi a leggere la nostra scrittura è una perdita di tempo. Faccio molti file Word, questi spesso non saranno letti, non perché non sono capace nello scrivere ma perché le professoresse ne hanno troppi da correggere.

E anche quando ho del genuino tempo libero, non riesco ad amministrarlo, mi sento perso. Anche comunicare con i miei pari, che è un passo essenziale per lo sviluppo delle mie capacità sociali, sta diventando complicato. Questa quarantena mi impone uno schermo come mediatore. I miei occhi, così come il mio corpo, possono solo essere immaginati, ciò mi crea una tempesta di problemi. Proprio nel momento più importante della mia vita in cui ho bisogno di stabilire nuove relazioni sociali, il covid-19 ostacola la mia comunicazione. Conosco davvero pochi compagni nella mia classe, ma così è la quarantena: un’infernale solitudine. Onestamente credo che le mie professoresse riderebbero di me. Non ho amici a cui parlare e confidare le cose nefaste che solo un adolescente può fare. Quindi cosa mi tocca fare se non studiare fino a svenire?

E mentre noi adolescenti naufraghiamo, in modalità Wi-Fi, nel mare nero della nostra psiche, i professori si comportano in modo peculiare. Io voglio studiare, voglio divorare la conoscenza come la vita. La vita è il tempo che vivrai. Il lockdown molto spesso mi fa perdere la cognizione del passare del tempo. Ci sono momenti, quando giro tra i muri di casa, in cui perdo la memoria. Dimentico l’ora, il giorno e il bisogno di cibo. Ogni istante devo tenere stretta la mia memoria o la perdo. I professori non vogliono aiutarci, amarci, difenderci. Alcuni vedono vantaggio nelle nostre debolezze. Il voto, nella mia classe, è la gratificazione di molti, il dolce che li fa sentire soddisfatti. Un nove in geostoria non ti renderà il signore del mondo, nessuno se ne fregerà del tuo eccelso voto quando andrai alla ricerca del lavoro che ami. Delle volte mi sento un cane, se mi comporto bene per un compito la mia professoressa padrona mi darà un bel dolcetto, un bel voto. La pandemia ha acuito la gerarchia scolastica e il modus operandi della carota e del bastone. La mia psiche ed io delle volte ci parliamo, ci sussurriamo all’orecchio. Entrambi percepiamo il meccanismo che alcune professoresse vogliono mettere in atto; questa gerarchia scolastica usa il pretesto del voto come una catena per imprigionarci. Il potere che hanno su di noi non lo trovo giusto; è futile. Tenerci sotto scacco con la fobia di essere interrogati. Spesso tutte queste minacce creano ribrezzo verso lo studio. Insegnare nasce dal latino ‘insĭgnare’, «imprimere segni nella mente». Avete un potere immenso nelle vostre mani sulle generazioni future, la vostra competenza o incompetenza influenzerà il nostro destino da adulti, e il futuro dell’Italia.

Quando seguo le lezioni online, mi capita di pensare a quello che mia madre ripeteva: “diventerai uno zombie davanti al computer”. Ora veramente comprendo quello che voleva dire, sto perdendo la mia capacità cognitiva. La scuola online mi logora nell’anima e nel corpo. Mi ferisce ogni giorno fino a quando mi ucciderà. Esiste chi come me ha le parole per esprimere ciò che accade, chi soffre e non sa neanche cosa lo sta colpendo e chi è perso nell’abisso della mente. La scuola è come un agorà, è il centro del nostro mondo, dei nostri amori. La scuola online nullifica queste fasi, questi momenti sacri. Per quale motivo devo impegnarmi in una scuola in cui il mio livello di attenzione è determinato dalla qualità della mia connessione Wi-Fi? Le professoresse molte volte sono volatili, frettolose e alle volte bipolari. Noi alunni del primo liceo siamo all’ultimo gradino della catena del sapere. Dobbiamo subire ogni loro cambiamento psicologico che molto spesso non dipende da noi.

Pochi confessano perché soffrono, chi lo fa è per trovare conforto. Esistono alcuni che confessano anche sulla chat della classe perché soffrono. Io li trovo stupidi, così facendo si dichiarano deboli e quindi manipolabili. Ma alla fine quando ti concentri sulla maggioranza davvero pochi ammettono i loro problemi, io tra questi. E così si forma quello che io amo chiamare il silenzio dei morti. Se mia madre da piccolo mi portava in un cimitero, soffrivo, perché il silenzio per me parlava, strepitava per essere liberato, ascoltato. Ti metti a urlare quando senti quel silenzio? No! Il silenzio del cimitero ti avvolge e ti sotterra. Come il silenzio del dolore della mia classe.

Molti dei miei compagni per resistere bevono bevande ultra energetiche: Redbull e Monster. Io invece bevo acqua fredda. Probabilmente, i loro sbalzi d’umore sono dovuti a questa pratica dissennata, sono proprio rimbecilliti, quasi mostruosi alcune volte. La mia classe è caratterizzato da una maggioranza di ragazze e una stretta minoranza di ragazzi. Uno di questi è Giorgio (non è il suo vero nome) finite le lezioni passa il pomeriggio a ‘studiare’ e poi naviga tra Porn Hub e la PlayStation. Giorgio è affascinato da Hitler. Davanti a tutta la classe ha esclamato “Heil Fuhrer!” con il braccio alzato in fronte a tutti. Altri alunni nel tentativo di farsi amici sul gruppo condividevano ogni genere di messaggio, tra cui stickers che deridevano gli ebrei, “pizzeria forno a legna”, “Anna Franck in un portacenere”. Il giorno della festa delle donne, il primo a parlare è proprio stato questo nazistello, e con che foga parlava. Un principe azzurro dell’ipocrisia, tutti sembravano aver dimenticato le sue parole orribili. A un certo punto tu credi di aver perso il senno: è possibile che una cosa del genere accada in modo così spudorato ? E nessuno mette a posto questo sbruffone? Credi di diventare pazzo.

Tutto diventa cosi bestiale, cosi ipocrita, così falso. Non ce la faccio più. Alla fine devo dire qualcosa che confuti la loro verità “io supporto le donne, sono sempre dalla vostra parte” e dopo vederli fare una maratona di Pornhub. I prigionieri nei penitenziari si masturbano per abbassare il livello di stress, ironicamente noi siamo prigionieri domiciliari. Con aggiunta la paura di uscire, di essere contagiati e vedere il mondo costellato di fobie come mai prima in vita nostra. Ormai l’unico momento in cui posso prendere una tregua è quando prendo in mano il mio telefono e assaporo cos’era socializzare.

Mi sento così solo. Mi fanno cosi schifo le emoji che i miei pari mandano però li leggo lo stesso. Sono intrappolato in rete. Tutto è alienante. Delle volte mi guardo allo specchio, e penso: non può essere questo il mio corpo. Devo bloccare l’afflusso dei pensieri nella mia mente per controllare la mia disintegrazione. Perché evaporo mentalmente dal mio corpo. Questo mi priva di energie, ma anche quando eventualmente le mie energie ritornano non so dove indirizzarle. Sembrano illusioni. Quando arriva la sera, dormo sfinito. I miei occhi si chiudono perché sono esausti dal bagliore che il computer emette. Non sogno più, il mio sonno è oscuro e termina al mattino in un contorcimento nel sudore. Ci sono delle volte in cui mi sveglio, e prima di andare nella mia pseudo-classe, forse sono le 7, tengo gli occhi semi chiusi in uno stato di limbo per 30 minuti, quel sonno sembra durare un’ora. Nel fine settimana mi sveglio alle 7, e penso di aver dormito fino alle 12. Ho totalmente perso la cognizione del ritmo solare, non vedo più il sole sorgere e tramontare. Le creature sulla terra si sono abituate alla vita diurna e notturna grazie al sole. Io non riesco più a percepirlo sulla mia pelle. Sono tutto pallido come un cadavere. Delle volte non mi rendo conto di come sia pallido. Mi sembra di mimetizzarmi con le parete della mia stanza. Sembra sia diventato un geco. Ho paura di avere le mani come quelle di una ragazza, candide, pallide, senza neanche una ferita sopra. Perché ormai io non gioco più. All’ultimo minuto, esco fuori dal letto come se uscissi dall’acqua bollente per affrontare un nuovo giorno di schermi. Divento nervoso, suscettibile, e perdo i miei freni inibitori. Voglio prendere un manico di scopa e fracassare questo computer. Ma non posso farlo perché è il mio unico legame fisico alla scuola. Non ho scelta. Maledizione. Ho così tanti ricordi di notti passate con un computer tra le gambe e le braccia nel letto, che mi sono domandato: ma tu, non dovresti avere una ragazza tra le tue braccia?

Il covid 19, ci ha rubato il 2020, ci ha tolto un anno di baci e abbracci. La scuola online ci toglie il lume della ragione. Siamo in lockdown da un anno, in questo anno abbiamo avuto dieci quarantene. Le professoresse osano dire che “lockdown e quarantena non sono come la guerra, dove si moriva e altro. È solo una quarantena, ci riprenderemo tutti, è un trauma superabile”. Vogliono minimizzare tutto, renderlo banale, tutto semplice come una propaganda. Per quanto tu provi a fare come dicono loro, minimizzare tutto, peggiori ancora di più la situazione. Siamo dei muli sfiniti che mentre scaliamo una montagna il nostro padrone ci bastona per sfogare su di noi la sua frustrazione e fatica. Hanno mandato una psicologa in classe. Sai come la chiamano? “contadina”. Un’altra l’ha denominata “la cafona”.

L’agonia che ora è diventata la scuola non può essere prolungata fino a giugno. La scuola si è come dilatata, 7 mesi sembrano 12, i mesi estivi devono essere la tregua nella guerra anti-covid. Tutti i miei compagni vogliono la libertà a giugno, non perché rifiutino di studiare ma perché sia professori sia gli alunni sono esausti.

Presidente Draghi ascolti: la scuola online ci ha reso stanchi, ci ha tolto il tempo di leggere libri, ci ha privato del prologo di un nuovo anno. Questa agonia non deve continuare e se continuerà il rinculo sulle future generazioni dell’Italia sarà feroce. Libertà!

Un abbraccio mascherato il DADista 

Se volete contattarmi potete scrivermi all’indirizzio dadistablog@gmail.com

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