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La storia di Domenico: “Costretto a non curarmi a causa della pandemia”

30 marzo 2021 | 19:17
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La storia di Domenico: “Costretto a non curarmi a causa della pandemia”

Prigioniero in casa: dovrebbe andare in clinica ma non può farlo perché debilitato e troppo a rischio, qualora prendesse il virus

“Nelle cliniche riabilitative non posso accedere senza essere vaccinato, sarebbe troppo rischioso viste le mie condizioni, così da un anno e mezzo vivo imprigionato in casa”. Domenico, 73 anni, potentino trapiantato in Germania (Marburgo) ormai da tanti anni, racconta cosa ha passato dopo un coma di 2 mesi, nel 2019, e una riabilitazione resa quasi impossibile a causa delle regole anticovid che non gli hanno più consentito di curarsi in cliniche specializzate. “Spero passi subito la pandemia”.

L’infarto e il coma “E’ ormai un anno e mezzo che vivo quasi barricato in casa, meno male che scrivo poesie a amo la musica, altrimenti non credo che ce l’avrei fatta”. Domenico vive la sua seconda vita da quando, a causa di un infarto, nel luglio del 2019, è andato in coma e ci è rimasto per due mesi. “Non credevano che mi sarei svegliato – spiega in una lunga video chiacchierata – avevo l’aorta distrutta, il miocardio danneggiato per due terzi, un tubo in gola per poter respirare”. E invece Domenico, contro ogni pronostico dei medici che l’avevano rianimato per ben quindici volte in quei due mesi bui, dal come si è svegliato.

“Al risveglio pensavo di essere a Potenza” Ricorda con commozione il risveglio. “Avevo forti allucinazioni, pensavo di essere nella mia Potenza e parlavo solo italiano”. Invece si trovava in una clinica tedesca e prima di ricordare tutto, di ricominciare a parlare anche il tedesco, ci ha messo un po’. Ci ha messo un po’ anche per ritornare alla vita, a riprendere parte di quei 27 chili persi durante la lunga fase di coma. E poi il cuore letteralmente a pezzi. Ci sono voluti alcuni mesi in un’altra clinica specialistica per poter ritornare a vivere.

La ripartenza, poi le regole anticovid hanno complicato tutto L’ultima parte del 2019 l’ha vissuta quasi tutta in clinica. Riprendere a camminare, a respirare. Le funzioni cardiache altamente compromesse. Poi un breve rientro a casa e lo scorso anno, a gennaio, doveva tornare in ospedale. “Nel frattempo dalla Cina iniziavano ad arrivare brutte notizie su un virus che attaccava i più deboli”, spiega. Così per paura e su consiglio dei medici in clinica non c’è più tornato. “Era troppo rischioso – sottolinea – così ho iniziato a curarmi a casa con farmaci molto costosi che servono per rinforzare il miocardio”. Ma Domenico pensava che nel giro di qualche mese sarebbe potuto tornare in clinica per proseguire quella riabilitazione che era solo all’inizio. Invece è passato tutto il 2020. “Mi è stato consigliato di evitare contatti sociali, se prendessi il virus non avrei scampo”. E così la lunga prigionia in casa “senza covid ma a causa del covid”, tiene a precisare. Siamo a fine marzo e il tempo per lui si è come cristallizzato.

“Spero che la pandemia passi in fretta. Così è dura” In tutti questi interminabili mesi Domenico ha cercato di vivere al meglio la mesta condizione di “prigioniero in casa” anche grazie alla moglie che lo assiste. “Sì, è dura. Giornate tutte uguali. Meno male che ho le mie passioni. Scrivo poesie, poi c’è la musica che mi ha sempre aiutato”. La sua è una sorta di quarantena senza tempo. “Spero il virus ci lasci presto. Ho bisogno di muovermi, di uscire”, confessa. Ma soprattutto ha bisogno di ritornare nell’ospedale specializzato dove è tornato a vivere, camminare, respirare. E infatti conclude: “Ho bisogno di proseguire le cure interrotte bruscamente dall’avvento del Covid, che come un flagello ha messo da parte tutte le altre patologie”. Lunga vita a Domenico. Lo merita, dopo tanta sofferenza. Le sue parole, inoltre, mettono al centro un problema molto serio, e cioè l’impossibilità di prevenire e curare “le altre patologie gravi” in tempi di pandemia.