Le confessioni di un adolescente a un anno dall’inizio della pandemia
Oggi è l’11 Marzo 2021, compleanno del primo “lockdown”. Tutto è iniziato l’11 marzo 2020, numero palindromo, non c’è via di scampo, da destra a sinistra, da sinistra a destra. Un numero fermo come due colonne greche. Come non ricordare questi 365 giorni in cui tutto si è capovolto. Abbiamo fatto un giro di 360 gradi, siamo tornati al punto di partenza, nelle nostre case, chiusi nelle nostre maschere. Da un anno, siamo in gabbia nelle nostre maschere e case.
Più il tempo passa ed il mio torpore si allieva e più mi rendo conto che questo lockdown è un momento storico, una guerra dove non cadono le bombe e non si muore di fame.
Per me il lockdown è iniziato verso la fine della terza media, avevo tredici anni, inizialmente sentii la notizia dalla mia professoressa di Italiano, era l’ultima ora. Ora non credo di essere l’unico a vivere sempre un brivido di gioia, anche nei miei giorni più bui, quando si arriva all’ultima ora. Per me era quel momento, ero felice, motivo per cui non me ne è fregato niente. I giornali non li leggevo ancora, se volevo avere un’informazione la chiedevo a mia madre o lei me le riferiva. Non me ne parlò, quindi il problema per me non c’era. E quando il lockdown iniziò ero euforico, niente scuola, ma vi immaginate? Niente compiti, niente interrogazioni e… che altro c’era di più euforico in quel momento? Niente.
Se riguardo a come amministrai il mio tempo, la mia mente, e il mio corpo vedo solo errori. Tutto iniziò dalla mia prima azione ovvero ascoltare musica a palla. Andai su Spotify e la prima cosa che feci fu andare in una di quelle playlist ufficiali, una di quelle che l’algoritmo ti propone all’inizio quando non ha abbastanza dati su di te e quindi sta tentando di capire cosa ti piace ascoltare. Collegai la mia cassetta bluetooth audio e misi la musica a palla. Ballai come un barbaro fino allo sfinimento dei miei polmoni, del mio cuore e della mia adrenalina. Finito questo momento di felicità mi infilai nel letto, ormai era sera.
Non mi sentivo ancora un adolescente, piuttosto mi sentivo un preadolescente.
Ma la cosa che ricordo di più è la mia fitta felicità che poi si sarebbe trasformata in un purgatorio, nel luogo che mi avrebbe dovuto proteggere da ogni pericolo, ogni sofferenza, ogni cuore spezzato. Invece lui mi aveva imprigionato.
Sfortunatamente mi trovai in una scuola che per iniziare a fare lezioni online ci mise tre mesi. Non do la colpa alla mia scuola, per quanto incompetente è stata la mia infantile ingenuità che mi ha fatto perdere tre mesi della mia vita.
I giorni passarono ma la mia ottimistica felicità durò forse meno di un mese. Dopo la mia fasulla felicità si estinse, ormai tutto questo mi aveva introdotto al piacevole torpore. Parlo di piacevole torpore perché nonostante avrei voluto uscire, correre e respirare aerea fresca, il letto mi chiamava, mi avrebbe sempre accolto. Per quale motivo non soccombere alle continue informazioni sul coronavirus dei media? Perché smettere di rompere e lasciarsi cadere tra le braccia del letto e chiudersi dentro se stessi come una chiocciola? Nella mia ignoranza del mondo mi sono lasciato conquistare dalla tentazione.
Cari DADisti di tutt’Italia, è ormai passato un anno dall’inizio di questa situazione, abbiamo tutti qualcosa da confessare. Io vi ho narrato una parte della mia vicenda, che purtroppo va ancora avanti. Vi chiedo di condividere con me le vostre esperienze, così che anche coloro che vogliono avere un’esclusiva su ciò che è davvero la Dad siano informati e illuminati.
Vi invito a scrivermi a:dadistablog@gmail.com
Un abbraccio ‘mascherato’ il DADista