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Acquedotto lucano: soldi pubblici e gestione privata

2 marzo 2021 | 16:43
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Acquedotto lucano: soldi pubblici e gestione privata

Il nichilismo e il cinismo della burocrazia aziendale giustificano ingiustizia nei confronti dei lavoratori e disprezzo per l’interesse generale

Dopo l’articolo pubblicato dal nostro giornale le segreterie territoriali CGIL CISL e UIL e L’Egrib, ente controllore per conto della Regione, hanno chiesto spiegazioni ad Acquedotto Lucano S.p.A. circa la vicenda delle ferie monetizzate. Abbiamo letto la risposta dell’azienda alle organizzazioni sindacali e non nascondiamo l’imbarazzo per la fatica che abbiamo dovuto fare nell’interpretare il linguaggio burocratese.

Quello che abbiamo capito è che Vito Marsico, già direttore generale della Giunta Pittella e attualmente direttore del personale di AL S.p.A., spiega che Acquedotto Lucano S.p.A. non è una pubblica amministrazione e perciò non sottoposta al decreto legge 6 luglio 2012 n. 95, art. 5, comma 8 che recita:

“Le ferie, i riposi ed i permessi spettanti al personale, anche di qualifica dirigenziale, delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall’istituto nazionale di statistica (Istat)… nonché le autorità Indipendenti ivi inclusa la Commissione nazionale per le società e la borsa (Consob), sono obbligatoriamente fruite secondo quanto previsto dai rispettivi ordinamenti e non danno luogo in nessun caso alla corresponsione di trattamenti economici sostitutivi….”

Legalità e ingiustizia

La legge potrebbe anche sostenere la tesi di Marsico, ma il buon senso, la giustizia e l’etica, la respingono senza mezzi termini.

La società Acquedotto Lucano è una società per azioni, vero, ma pubblica in quanto partecipata totalmente dai Comuni e dalla Regione Basilicata, gestisce il servizio idrico integrato che è un servizio pubblico, opera in regime di monopolio in quanto non ha partecipato a nessuna gara per l’acquisizione del servizio idrico integrato da parte dell’ente gestore delle acque, Egrib. È infatti definita nello statuto “una società in house” e nel contratto di gestione del servizio firmato tra AL ed Egrib è richiamato il concetto di “società in house”.

Le società in house (letteralmente, dall’ inglese “in casa”) sono aziende pubbliche costituite in forma di società per azioni, il cui capitale è detenuto in toto o in parte, direttamente o indirettamente, da un ente pubblico che affida loro attività strumentali o di produzione. Esattamente il caso di Acquedotto Lucano S.p.A

Infine ricordiamo che AL è controllato dalla Regione Basilicata attraverso l’Egrib, l’Ente di governo per i rifiuti e le risorse idriche e che riceve un contributo regionale di 20 milioni all’anno sotto la voce “ristori energetici”. Quei famosi ristori energetici a carico dei cittadini che, tra l’altro, continuano a ricevere in cambio un pessimo, oltre che costoso, servizio.

Possiamo allora concludere che Acquedotto Lucano assume la veste formale di ente di diritto privato societario ma di fatto non è una società privata. Questo, al di là della legge e della personale interpretazione, lo sanno anche loro.

Da un punto di vista definitorio, è un ente, dotato di personalità giuridica che è stato istituito per soddisfare specifiche esigenze di interesse generale aventi carattere non industriale e commerciale e che, a tal fine, viene sottoposto a forme di influenza pubblica (Egrib) e di finanziamento pubblico (ristoro costi).

Allora ancora una volta ribadiamo che i soldi di acquedotto Lucano sono pubblici e che la gestione deve essere trasparente. Invece qualcuno fa il dirigente privato con i soldi pubblici. Comodo, vero?

Diciamo a Marsico e ai dirigenti messi lì senza concorso che la legge sarà pure dalla loro parte e che probabilmente riusciranno anche a prendersi i soldi delle ferie pregresse, agevolazione che purtroppo i dirigenti di altri enti pubblici non avranno mai, ma rimangono comunque dei cattivi gestori. Perché? Perché impongono ai propri dipendenti le ferie forzate in nome dei sacrifici e del risparmio, ma loro di nascosto chiedono soldi a compensazione. Una cosa che dal punto di vista morale, considerata anche la situazione finanziaria dell’azienda, è disprezzabile. Questi dirigenti se avessero il senso del dovere e del servizio verso la collettività, dovrebbero rinunciare al rimborso monetario delle ferie pregresse non godute, come hanno imposto agli altri lavoratori dell’azienda, immaginando se stessi come dipendenti pubblici, perché nei fatti tali sono: pagati dai cittadini, non dagli azionisti. Qualche volta usatela la frase “senso di responsabilità”.