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Petrolio Val d’Agri, lo studio epidemiologico scomparso. La Regione che fa: “aspetta che moriamo tutti?”

12 febbraio 2021 | 18:01
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Petrolio Val d’Agri, lo studio epidemiologico scomparso. La Regione che fa: “aspetta che moriamo tutti?”
Giambattista Mele

Il dottor Giambattista Mele chiede che fine abbia fatto lo studio di impatto sulla salute della popolazione durato 10 anni a cui lui stesso ha collaborato insieme ad altri medici dell’area di estrazione petrolifera dell’Eni

“Con diversi siti da bonificare e due impianti petroliferi attivi, cosa aspetta la Regione per uno studio epidemiologico serio, che moriamo tutti? Già siamo pochi”. E’ pungente e mette a nudo tutti i ritardi, Giambattista Mele, medico di medicina generale di Viggiano, membro dell’Isde (Associazione Medici per l’Ambiente) e promotore di uno studio scientifico sulla Val d’Agri finito in “chissà quali cassetti”.

Quello studio chiamato Vis. Si chiamava Vis (Valutazione di Impatto Sanitario) lo studio scientifico elaborato da alcuni medici della Val d’Agri, area del più grande impianto petrolifero d’Europa dell’Eni su terraferma, in collaborazione con il Cnr di Pisa, e in particolare con il professor Bianchi. Lo studio, per oltre un milione di euro venne cofinanziato dai Comuni di Viggiano e Grumento Nova, con i fondi delle royalties petrolifere, e dallo stesso Centro di ricerca toscano. “Ho dedicato quasi dieci anni della mia vita a quella ricerca – confessa il dottor Mele – Siamo partiti dai dati raccolti dall’Istituto Superiore di Sanità dal 2000 al 2010”. Nel 2013 sono partiti i lavori sul campo. Nel 2017 la realizzazione. “Ciò che emerse era una maggiore incidenza delle malattie sentinella, e in particolare morti e ricoveri per patologie respiratorie e cardiache, nell’area più vicina al Centro Oli dell’Eni”. Quello studio, poi redatto dal Cnr e validato da studiosi ‘terzi’ “è stato pubblicato su riviste internazionali specializzate e ha fatto scuola nel Mezzogiorno”. Un’ottima base di partenza, insomma. E invece niente. Come vedremo sarà proprio Eni il primo a boicottarlo.

Il boicottaggio “a due giorni” dalla pubblicazione dei dati. Il dottor Mele ricorda le date a memoria. Era il 20 settembre 2017 e due giorni dopo, il 22, i dati della ricerca sarebbero stati resi noti in un’assemblea pubblica, a Viggiano, capitale petrolifera lucana. E cosa fa l’Eni? “Alla vigilia di quell’assemblea convoca un incontro con i giornalisti a Potenza per definire ‘carta straccia’ quello studio che ancora doveva essere presentato”. Eppure, ricorda Mele, “a coadiuvare il nostro studio c’erano dei rappresentanti del settore Igiene e lavoro della Multinazionale che mai avevano adombrato dubbi sul lavoro effettuato”. Nonostante tutto ci fu questa operazione di “denigrazione” preventiva, difficile da spiegare, visto che, oltretutto, parte dei fondi erano royalties concesse dagli stessi petrolieri ai Comuni.

Anche la Regione ha chiuso lo studio nei cassetti. E la multinazionale, “vabbe’, mettiamo pure che deve fare il suo mestiere”, osserva, caustico, Mele. Ma anche una Regione dovrebbe fare “il suo”, di mestiere. Cioè tutelare la salute dei cittadini. “Lo studio l’ho consegnato a fine 2017 con le mie mani alle massime istituzioni ragionali”. Ma di quel lavoro, evidentemente, anche la Regione fece carta straccia, se a distanza di qualche mese, inizi 2018, ne avviò un altro, diverso, di nome Epibas, per un milione di euro. Uno studio sul “genoma” sotto l’egida di un altro carrozzone pubblico, la FarBas, “che ha sostituito quello che un tempo era l’Osservatorio ambientale Val d’Agri”. Altri soldi spesi, carrozzoni tenuti in piedi, “ma anche dello studio Epibas – attacca Mele – nessuno ha saputo più niente”. E sono passati 3 anni. Come polverizzare studi già realizzati con la scusa del “nuovo” e poi del nulla.

Il registro tumori? Dati e tabelle incomprensibili” Ma ce ne sarebbe un altro, di strumento, utile a misurare l’aumento delle patologie, tra i lucani, le neoplasie, nello specifico. Si tratta del Registro regionale dei tumori. E’ affidato, in Basilicata, all’Irccs-Crob di Rionero. “Io che sono un medico – sottolinea Mele – ho difficoltà a dimenarmi tra centinaia di pagine di tabelle e dati senza sintesi, figuriamoci chi non è del mestiere”. Ed è così che “da diverso tempo ormai mi sono arreso, quello strumento non lo consulto proprio più”. Un’altra arma spuntata, quindi, nelle mani della Sanità pubblica. La conclusione del dottore di Viggiano lascia sbigottiti, increduli: “E sono questi – afferma – gli strumenti con cui la Regione intende tutelare i suoi cittadini, con tanti siti Sin già inquinati da bonificare, e due siti petroliferi, Val d’Agri e Tempa Rossa, che estraggono ed estrarranno greggio per altri decenni”? L’interrogativo pesa come un macigno. Ma apre, ci auguriamo, finalmente un dibattito sano.