Mafia, la Dia: in Basilicata crescono gruppi autoctoni e stranieri
Sintesi della relazione del ministro dell’Interno al Parlamento sull’attività svolta e i risultati conseguiti dalla Direzione investigativa antimafia: “qualche tolleranza, se non un attecchimento dei principi mafiosi in certi ambienti socio-politico-economici locali”
Pubblichiamo una sintesi della relazione della Dia, relativa al primo semestre 2020, sul fenomeno della criminalità organizzata in Basilicata.
Gli esiti info-investigativi confermano il radicamento in Basilicata di organizzazioni criminali anche di tipo mafioso connotate sia da una tradizionale impostazione gerarchica, con gruppi armati pronti a usare la violenza per mantenere il controllo del territorio, sia dall’inclinazione, tipica delle mafie imprenditorialmente più evolute, all’infiltrazione nell’economia legale ed al riciclaggio in grado di interagire con quella parte compiacente dell’imprenditoria e della politica locale.
I dati relativi all’aumento dei procedimenti penali connessi ai fenomeni di criminalità organizzata erano già stati divulgati in occasione della inaugurazione dell’anno giudiziario 2020 il 1 febbraio 2020 dal Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Potenza, il quale aveva osservato che “…nonostante le numerose condanne, anche definitive, emesse per 416 bis c.p., si registra la crescita del numero di indagati ed imputati per tale delitto. Il fenomeno mafioso e, quindi, le fattispecie delittuose ad esso riconducibili, sono diffuse e radicate nel distretto di Potenza in modo preoccupante ed in ogni circondario…”.
L’analisi delle dinamiche criminali relative all’intera Regione, in linea generale, conferma scenari che, seppure sostanzialmente stabili, risultano particolarmente complessi e caratterizzati dalla peculiare capacità di rigenerazione che contraddistingue la criminalità lucana pronta a una costante revisione degli assetti anche attraverso l’impiego di giovani leve. Nel territorio, infatti, con gli esponenti di storici gruppi criminali di tipo clanico e a connotazione familistica convivono nuove aggregazioni le quali hanno avuto la possibilità di crescere e ritagliarsi autonomi spazi di operatività, forti sia dei consolidati legami con i sodalizi più antichi e strutturati sia dei rapporti con referenti criminali di altra estrazione regionale.
Seppure sporadici, alcuni episodi “di scontro” risultano comunque indicativi delle tensioni in atto, consequenziali alla frammentarietà delle organizzazioni e soprattutto all’assenza di un vertice condiviso218. Il più grave riguarda il tentato omicidio, avvenuto a Venosa (PZ) la notte del 16 maggio 2020 ai danni di un pregiudicato bulgaro, figliastro del capoclan MARTUCCI. Per tale delitto è stato ritenuto responsabile il figlio di un altro pluripregiudicato219. Nel materano, il danneggiamento dell’autovettura di proprietà del nipote del boss dei MITIDIERI, commesso a Policoro la sera del 9 gennaio 2020, potrebbe invece ricondursi a un sintomatico atto di forza da parte di gruppi avversi ridimensionati da recenti attività antimafia e intenzionati a riconquistare il controllo sulle attività criminali locali.
La contiguità territoriale con Calabria, Puglia e Campania, fanno della Regione lucana un importante punto d’incontro con organizzazioni criminali extraregionali, nazionali ed estere, specie per gli interessi legati al narcotraffico ma anche per il contrabbando di tabacchi lavorati esteri e di merci con marchi contraffatti. Le cosche calabresi, i clan campani e le mafie pugliesi, nonché i gruppi della criminalità albanese stanziati nella Regione, continuano a rappresentare per le autoctone organizzazioni criminali i maggiori mercati di riferimento per l’approvvigionamento degli stupefacenti da destinare allo spaccio.
Tuttavia il ruolo sempre più centrale assunto dai sodalizi lucani nel traffico della droga trova riscontro nei continui, consistenti, sequestri e nei contestuali arresti in flagranza di reato per la detenzione e lo spaccio di stupefacenti in alcune importanti indagini concluse nel semestre. Si fa riferimento, in particolare, alle operazioni “Narcos” del 24 febbraio 2020, “Idra” del 4 marzo 2020, “Rewind” del 24 giugno 2020 e “Paride” del 1° luglio 2020, le quali, soprattutto con riferimento ad alcuni gruppi operanti nella provincia di Matera e nel litorale metapontino, mettono in evidenza una aspirazione all’espansione e al potenziamento avendo instaurato anche collaborazioni dirette con i gruppi albanesi e avendo assunto il monopolio nella distribuzione degli stupefacenti nelle aree di riferimento, proponendosi, infine, anche come “agenzia di servizi” per gli altri clan presenti nel territorio.
Nel dettaglio, si assiste a una rimodulazione interna dei più consolidati sodalizi potentini e materani, clan DI MURO-DELLI GATTI, SCHETTINO, SCARCIA, attraverso una gerarchizzazione dei ruoli cui corrisponde, in via generale nei contesti del narcotraffico lucano, una tendenza di capi e promotori, anche se detenuti, a condurre in prima persona i rapporti con i fornitori pugliesi, napoletani, calabresi o albanesi, lasciando ai loro subalterni la supervisione della distribuzione e spaccio a livello locale ma, curando in ogni fase, un controllo capillare su ciascuna attività connessa all’illecito mercato.
Di rilievo, sono stati anche i contestuali sequestri di armi ed esplosivi indicativi di una pericolosa capacità bellica dei gruppi criminali e di un ruolo altrettanto solido nel connesso mercato degli stupefacenti, come sembrerebbero, tra l’altro, confermare per i clan SCHETTINO e SCARCIA gli esiti della citata indagine “Paride”. Nell’ambito dell’operazione “Narcos” e nel seguito d’indagine che, il 14 settembre 2020 ha portato all’esecuzione di ulteriori provvedimenti cautelari, è stata identificata una “giovane” aggregazione criminale dedita oltre che al traffico di cocaina, eroina, hashish, marijuana e droghe sintetiche del tipo 6-monoacetilmorfina, anche alle estorsioni e al riciclaggio in diverse zone dell’entroterra potentino e materano a partire dal 2017. Il gruppo criminale, favorito dal numero cospicuo degli affiliati e dalla temporanea impasse del clan SCHETTINO, ridimensionato nel recente passato dalle operazioni “Vladimir” del 2018 e “Centouno” del 2019, sembrava aver avviato una politica di espansione finalizzata ad affermare la propria influenza anche nelle attività estorsive e di riciclaggio lungo la litoranea ionica. Tali riscontri confermerebbero nei gruppi criminali lucani quell’evoluzione delle strategie connesse con il riciclaggio anche attraverso una capitalizzazione delle risorse provenienti dagli affari illeciti della criminalità organizzata nell’imprenditoria locale
Il fenomeno va di pari passo con le molteplici forme di attentati e intimidazioni praticate dai gruppi criminali i quali ambiscono a un controllo monopolistico delle attività imprenditoriali. Sebbene non tutti i cd. “reati spia” – danneggiamenti, incendi e minacce – risultino ascrivibili a tattiche della criminalità organizzata, non può sottovalutarsi la circostanza che resta seriamente alto il numero di episodi compiuti ai danni di imprenditori e commercianti, operanti soprattutto nei comparti dell’agroalimentare, del turismo e delle attività edilizie, specialmente nelle zone dove è più concentrata la presenza mafiosa come nell’area del vulture-melfese, nel materano e lungo il litorale ionico.
Continuano, in particolare, le vessazioni ai danni degli operatori della filiera agricola, vittime di continui furti di mezzi, strumenti e carburante, verosimilmente finalizzati all’attuazione di attività estorsive (cd. “cavallo di ritorno”) anche questi, peraltro, concentrati prevalentemente nella provincia di Matera. Significativi sono inoltre gli atti intimidatori ai danni di rappresentanti delle Istituzioni e delle Amministrazioni pubbliche realizzati anche attraverso l’esplosione di ordigni artigianali. Peraltro, in territorio lucano, come già avvenuto nelle altre regioni a tradizionale insediamento mafioso, sembrerebbe avviato quel processo che attraverso la recrudescenza degli episodi delittuosi e il costante radicamento di una pregnante forza intimidatoria conduce al salto di qualità, ovvero a una influenza silente condizionante che non necessita più di forme di coartazione violenta ma induce a una “spontanea” adesione al disegno criminale.
Il livello di penetrazione delle cosche nell’economia locale trova elementi di riscontro nei provvedimenti ablativi (dettagliatamente descritti nei paragrafi dedicati alle province) eseguiti nei confronti di titolari di aziende o rientranti nelle compagini societarie di imprese operanti nel territorio regionale.
In tutti i casi, i destinatari delle misure, pregiudicati facenti parte di organizzazioni criminali mafiose operanti nel territorio, avevano posto in essere atti negoziali o societari fittizi finalizzati a occultare l’effettiva riconducibilità a loro delle attività e dei beni per eludere così la normativa antimafia. Ciò è quanto emerso, in particolare, nell’ambito dell’indagine che ha portato a Melfi al sequestro preventivo delle quattro imprese edilizie riconducibili a un pregiudicato elemento di vertice del clan DI MURO-DELLI GATTI, ritenendolo responsabile in concorso con i suoi più stretti congiunti del trasferimento fraudolento di valori, reato aggravato ai sensi dell’art. 416 bis 1 c.p
In qualche modo significativi di una qualche tolleranza, se non di un attecchimento, dei principi mafiosi in certi ambienti socio-politico-economici locali, sono gli esiti info-investigativi che hanno portato al sequestro preventivo, operato dai Carabinieri il 20 marzo 2020, dell’attività di ristorazione stagionale gestita dal fratello e dalla madre del capo del clan SCARCIA, attivo a Policoro (MT) e nei comuni limitrofi. I destinatari del provvedimento, responsabili di aver realizzato in assenza di titoli abilitativi opere edilizie in diverse aree demaniali marittime.