Propendere per il proprio territorio d’origine, fu questa la colpa di Petruccelli della Gattina?
Antonio Rubino, archivista e sindaco di Moliterno replica all’articolo di Pietro De Sarlo
Gentile Direttore,
il 6 Gennaio scorso è apparso, su Basilicata24.it un articolo, a firma di Pietro De Sarlo, dal titolo I parlamentari dell’Italia Unita eletti in Basilicata: fatti, risvolti e misfatti. L’ottima scelta giornalistica delle parole del titolo ha stuzzicato la mia curiosità, ma ha messo in guardia la mia propensione ad analizzare fatti, risvolti e misfatti seguendo la mia indole professionale di archivista (non riesco a definirmi anche uno storico).
La lettura di alcuni passaggi dell’articolo ha stuzzicato anche il mio “patriottismo” (in tutti i sensi). È forse quest’ultimo elemento che spinge l’archivista a voler rispondere a quello scritto apparso su Basilicata24. A scanso di equivoci, considerato che in questo momento ricopro la carica di Sindaco del mio paese, Moliterno (Pz), ammetto volentieri che i giudizi contenuti nell’articolo sull’operato di Ferdinando Petruccelli della Gattina hanno rappresentato lo sprone principale per scrivere queste righe, ma non si confonda l’amore per lo studio con il campanilismo. Né, tantomeno, si confonda l’amore per Moliterno con un pregiudizio.
La lettura dei documenti d’archivio sono operazione complessa. Pietro De Sarlo in calce al suo articolo scrive: L’archivio Storico della Camera dei Deputati fornisce un materiale immenso in cui spesso è difficile orientarsi. Chiedo quindi scusa per imprecisioni o omissioni, sempre possibili ma mai volute.
Conoscendo la “fatica della storia”, comprendo benissimo e apprezzo questa onesta precisazione dell’autore, che mi permette di scansare anche altri equivoci: non vi è intento polemico in queste mio articolo, ma una esigenza di chiarezza. Bisogna ricordare che quando si scrive di fatti e di storia, si corre il rischio di finire nelle sabbie mobili delle affermazioni fatte senza tener conto che in quel materiale immenso bisogna nuotare a lungo prima di trovare un appiglio sicuro.
Una delle tesi sostenute dall’autore dell’articolo (tra l’altro apprezzato romanziere) è che l’operato del parlamentare Ferdinando Petruccelli della Gattina da Moliterno causò (…) danni irreparabili, alla Basilicata e a tutto il meridione: i danni fatti da lui al Sud furono invece enormi. Nella tornata del 13 luglio 1861 venne messo in discussione il suo emendamento in merito al tracciato della linea ferroviaria Salerno – Reggio Calabria. La proposta della commissione lavori pubblici era di passare dalla Basilicata interna e costeggiare lo Ionio fino a Reggio Calabria. Petruccelli sostenne invece un tracciato alternativo, proposto dal governo, che avrebbe costeggiato il Tirreno. In sostanza il tracciato attuale.
Quindi, secondo l’autore dell’articolo, i danni irreparabili cagionati al Sud da Petruccelli della Gattina sono da ricondurre a un emendamento presentato alla Camera il giorno 13 Luglio 1861. Il danno così grave perpetrato a danno della sua terra di origine, sarebbe da collegare all’aver fatto modificare il tracciato della rete ferroviaria per il Sud, privilegiando la traiettoria del Tirreno rispetto a quella per lo Ionio.
Mi permetto di dissentire rispetto a queste tesi, provando a confutarle con una serie di fatti. In realtà ci sarebbe da chiedersi perchè lo stesso De Sarlo non abbia rivisto questa tesi del suo articolo, allorquando scrive:
La discussione sul tracciato della linea ferroviaria continuò per anni e anni, tanto da far esclamare al povero Pietro Lacava nella seduta del 31 maggio 1879: “Io desidero che sia finita, e sia finita per legge, affinché ciascuno di noi, una volta approvata la legge, possa dire: definitivamente la linea Eboli-Reggio passerà per il tale o tale altro punto.”
Tutta colpa di Petruccelli e di un emendamento del 13 Luglio 1861?
Andiamo con ordine.
Definiamo 4 punti che chiariscono il contesto:
I documenti a cui si fa riferimento tra quelli del materiale immenso dell’Archivio della Camera dei Deputati sono i resoconti della Tornata del 13 luglio 1861, sessione antimeridiana e sessione pomeridiana.
Quel 13 Luglio si discute alla Camera, tra le altre, la proposta di legge relativa alla convenzione con la società Adami e compagnia per la costruzione di strade ferrate nelle Provincie napoletane e siciliane.
Il deputato Lanza pone una questione pregiudiziale, chiedendo di stralciare dalla discussione gli emendamenti che riguardano le diramazioni della ferrovia che si andrà a costruire: il sistema di addentrarsi nell’esame delle linee secondarie, si sarebbe aperto l’adito a tante proposte, che forse non si sarebbe più votata questa legge. Invero, o signori, quando si vuol dare soddisfazione agli interessi di una provincia, tutte le singole provincie hanno il diritto di sorgere e di proporre una linea a loro favore speciale.
Non esistono evidenze circa il fatto che la linea della Jonio favorisca la Basilicata interna, rispetto alla linea del Tirreno.
Si decide di prendere in esame solo gli emendamenti che riguardano la direzione della linea. Tra questi, oltre a quello di Petruccelli della Gattina, ve n’è uno a prima firma Lovito (un altro Moliternese).
Il testo dell’emendamento di Petruccelli della Gattina, non riportato da De Sarlo nel suo articolo ma solo citato come foriero di danni irreparabili e a sostegno di un tracciato alternativo che avrebbe costeggiato il Tirreno, è il seguente:
Il Governo del Re è autorizzato a stipulare col signor Adami e compagnia una convenzione per la costruzione di una ferrovia da Taranto a Reggio, ovvero da Eboli a Reggio, per la Basilicata e le Calabrie, lungo le sponde del Ionio e lungo il Tirreno.
Il ministro dei lavori pubblici farà intraprendere immediatamente lo studio di queste due linee lucano-calabre, a fine di determinare quale delle due meriti la preferenza sotto il rapporto dell’economia, della strategia, della brevità e del prodotto, prima di dar mano ai lavori, secondo l’articolo 4.Il Governo del Re è inoltre autorizzato a stipulare col detto Adami e compagnia una convenzione per la costruzione di una ferrovia da Messina a Siracusa.
Basterebbe la lettura del testo dell’emendamento per chiarire la vicenda, dovendo valutare che, obiettivamente, l’accusa di aver prodotto danni irreparabili rivolta al Petruccelli è quanto meno affrettata.
Orbene, onde evitare di congetturare sulle interpretazioni del dibattito della Camera del 13 Luglio 1861, mi limito a presentare i testi degli interventi. È lo stesso Petruccelli, dunque che si difende dai suoi detrattori di ieri e di oggi (non ho l’ardire di annoverare tra questi De Sarlo), lasciando ben capire come non era verificabile che la linea dello Jonio (Taranto-Reggio) privilegiava la Lucania interna, mentre quella del Tirreno (Salerno\Eboli – Reggio) sarebbe stata invece a detrimento della Basilicata.
Petruccelli, con la sua proverbiale irriverenza, non si tira indietro nel dire la sua sulle due opzioni, lo fa (forse) da Moliternese (ma è questa una colpa?), propendendo per il suo territorio di origine:
La Basilicata, cui faceva tanto prevalere il signor relatore, è interessata egualmente nella linea del Jonio che in quella del Tirreno, anzi di più nella linea del Tirreno, perchè, come io diceva testé, essa attraversa un distretto popolato da gente intenta al commercio, mentre che, attraversando la sponda del Jonio, nella Basilicata, quivi, l’antica Magna Grecia, non si attraversa che maremme, petrai, lande popolate di rettili e feconde solo di febbri.
Ma, la sua chiosa è ancora cristallina:
Non parliamo, ripeto, delle difficoltà del suolo, esse saranno verificate, perchè io non domando che si prenda una linea piuttosto che l’altra, domando che il ministro abbia uno o due mesi onde studiare la cosa e scegliere di queste linee quella che crederà la più vantaggiosa e la più idonea economicamente.
L’esigenza di contestualizzare la vicenda anche alla luce del dibattito politico dell’Italia appena unita è fondamentale, per non giungere a tesi frettolose sulla posizione del Petruccelli:
C’è poi un’altra considerazione che per me è suprema. Che cosa, o signori, c’è in faccia del Jonio? L’Africa, a una distanza immensa. Che cosa c’è rimpetto al Tirreno? C’è la Sicilia. Ebbene, o signori, ricordatevi questo. Quando si è sur un naviglio, fosse anche a vapore, e la tempesta vi sobbalza, ed il naufragio vi minaccia, e non si vede che un cielo scurissimo e dei flutti in rivolta; e voi venite sia da Reggio, sia da Sicilia, e v’indirizzate per andare, dove? Alla capitale del vostro Stato; a tanta distanza, fra tanti pericoli, in mezzo a tanta agonia materiale e morale, oh no, per Dio ! no, voi non credete allora nell’Italia una, voi vi sclamate : questa Italia, un’Italia così fatta andare non puote ! Ora ricordatevi che la linea del Tirreno a Reggio, avendo là, ad un’ora di distanza, la Sicilia, Messina, ove mettono capo le ferrovie sicule, la linea del Tirreno che congiunga la Sicilia al continente, ne accorcia lo spazio di 80 chilometri. Voi volete l’unità immediata, intera, benedetta ; ebbene, questi sono i principali modi per far la unità italiana, e nella più sollecita maniera.
La provocazione tutt’altro che banale, nello stile graffiante di Ferdinando, chiarisce i suoi intenti politici sottolineando l’esigenza di unire più facilmente la Sicilia all’Italia. Ma non è solo idealismo, Petruccelli ha anche parole pratiche e concrete che lo liberano ancor più chiaramente dall’accusa di De Sarlo:
Quanto a Potenza, il capoluogo della Basilicata di cui si preoccupa la Commissione, ho l’onore di far osservare che per la linea del Tirreno essa si trova, ad Auletta, lontana dalla ferrovia di circa trenta chilometri; per quella del Jonio poi forse meglio di 120 a 130 chilometri. Ci si dice: si farà poi una diramazione. Eh ! si possono fare tante cose ! Ma queste cose sono nell’avvenire, mentre per il presente si ha questo, che la Basilicata avrà fin da principio un tronco di ferrovia per un cantone abitato, attivo, voglioso; mentrechè, se la linea percorre il Jonio, attraverserà una solitudine squallidissima.
A me pare dunque che la domanda che io fo alla Commissione ed al Ministero di meglio studiare il corso della linea, onde vedere quale sia la più conveniente, quale servirebbe al maggior numero di popolazione, quale sia la più facile, e quale infine sia quella che unisca più presto la Sicilia al resto d’Italia, a me pare, dico, che, ciò domandando, io stia nei limiti della giustizia senza alcuna idea preconcetta di municipalismo o di campanile. Quindi io mantengo il mio emendamento, che cioè, prima di sancire la linea del Jonio, si compiano gli studi sulla linea del Tirreno, la quale io credo assai più utile per le popolazioni e di minore dispendio per il pubblico tesoro.
Quali sarebbero, di grazia, le sciagure provocate da questo lucidissimo discorso?
Analizzando nella loro completezza le 40 pagine di discussione parlamentare, emerge che la propensione a favore della linea jonica è sostenuta a vantaggio delle città calabresi. L’emendamento di Della Gattina è volto a chiedere una scelta ponderata, basata sullo studio preliminare delle due potenziali linee. Quando Petruccelli viene accusato di non conoscere i territori (sempre le stesse accuse), in poche parole fornisce una lezione sul principio di sussidiarietà ante – litteram:
Infine, io dico, poiché i Consigli provinciali sono per riunirsi al 1° settembre, perchè non si attende fino a quell’epoca onde domandare altresì a quei Consigli provinciali quale è la strada che preferiscono ? Mi pare che questi sono non meno del Ministero e della Commissione interessati a studiare la linea; si aspetti il loro parere. Quindi io mantengo la mia proposizione che il Ministero, cioè, studii prima le due linee, e scelga poi quella che sarà la più economica e la più conveniente al benessere delle popolazioni napolitane, alla più sollecita congiunzione delle calabro-sicule colle altre linee italiane.
Scrive De Sarlo: Uno dei dilemmi dell’Unità d’Italia, che ricorrono nei dibattiti storici, è se il processo di unificazione fu o meno, nella realtà, una guerra di conquista piuttosto che guerra di indipendenza e liberazione.
L’autore si dice sostenitore della prima tesi, propendendo per asserire che l’Unificazione fu una guerra di conquista dei Piemontesi. Porta a sostegno di questa tesi una serie di argomentazioni simboliche e parallelismi con il presente.
Non reputando di dover entrare in questo dibattito, sia consentita, però, questa domanda, magari per aprirlo un dibattito: è forse questa congettura alla base dell’accusa al Petruccelli?
Infine, non sia secondario leggere fino in fondo i documenti, l’emendamento di Petruccelli non fu approvato. La convenzione con la compagnia Adami fu messa ai voti e approvata in quella stessa tornata. Ma, allora, quale fu la colpa e quali i danni irreparabili alla Basilicata fatti da Petruccelli della Gattina?
In attesa di risposta, grazie per aver ospitato queste riflessioni, con la speranza di non avervi tediato.
Antonio Rubino
Gentile sindaco Rubino, sono io che ringrazio lei per aver voluto condividere con i nostri lettori questa sua riflessione che certamente aprirà un dibattito a cui Pietro De Sarlo non si sottrarrà e che non potrà che far bene alla nostra Basilicata.
Giusi Cavallo