Monete rosse contro il tempo: Il Leonardo del Novecento
Per un lucano il tempo è un’entità astratta, non una dimensione reale nella quale si misura il trascorrere degli eventi. In occasione delle celebrazioni di Leonardo Sinisgalli a 40 anni dalla sua morte
Per un lucano il tempo è un’entità astratta, non una dimensione reale nella quale si misura il trascorrere degli eventi. Con il tempo si dialoga in Basilicata, non si misura nulla. Non scandisce nulla. La nascita, la vita e la morte prendono forma non seguendo le leggi inesorabili del tempo ma negli arcaismi che scandiscono il susseguirsi di fatti, vicende, episodi.
La meccanica quantistica con la relatività genera la dilatazione quantistica del tempo. La dimensione temporale è relativa, come quella spaziale. Lo scorrere del tempo non è assoluto ma dipende dallo stato dell’osservatore. Sono ormai decenni che i fisici cercano di conciliare la natura dinamica e relativa del tempo con le leggi della meccanica quantistica.
Come Helgoland, l’isola del mare del nord della quale scrive Rovelli, anche la Basilicata somiglia ad un luogo adatto alle idee estreme e barricadiere dove comprendere il mondo ed il tempo è difficile. Il luogo dove è possibile realizzare una mise en abyme vera e propria, una storia nella storia.
Poi però, al tempo, succede di squarciarsi e di caderti in testa. Una caduta che genera reazioni estreme come l’Agri che esonda o i pascoli che si sparpagliano.
Sono passati quarant’anni dalla morte di Leonardo Sinisgalli, dalle sue muse, dalla sua meccanica dell’anima, dalla sua Civiltà delle Macchine. Quarant’anni che la dilatazione quantistica del tempo ha reso, per il paradosso dei gemelli, allo stesso tempo velocissimi ed estremamente lenti. Un paradosso perfettamente lucano.
Non è facile scrivere di Sinisgalli perché nessuno conosce il futuro. Esattamente, il Leonardo del Novecento italiano, quello che ha fatto la resistenza ed il carcere fascista, quello che ha unito ingegneria e poesia con il suo Furor, quello che ha rivoluzionato il mondo della pubblicità in Olivetti, Pirelli, Agip, Alfa Romeo; ecco tutto questo rappresenta un passato che equivale al futuro. Quel futuro del quale era ghiotto.
Chissà cosa avrebbe scritto del nostro mondo digitale, degli algoritmi, della vita paesana nel secondo millennio. Lui che era un mondano di città ed un paesano da piazza contemporaneamente. Seppe circondarsi delle migliori menti del suo secolo e mantenere un legame saldo con la semplicità contadina; come quando a Garaguso (MT) scrisse un tributo a Luigi Schirone e lo commemorò pubblicamente, un contadino padre di otto figli. Una persona qualsiasi che aveva passato la vita piegato sui campi e che, per la sua dedizione verso questi e verso la famiglia, andava semplicemente ricordato. Gli verrà intestata anche la scuola elementare a Luigi Schirone, ad un bracciante. Che rivoluzionario Leonardo Sinisgalli.
Si dannò per la miseria che lo portò lontano dalla sua stanza di Montemurro ma, quando ci tornava, sentiva la mancanza della grande città. Diceva che sarebbe stato più felice vivendo da paesano ma dovette fare i conti con il suo genio.
Gli sembrava di avere due teste e due cervelli “come certi granchi che si nascondono sotto le pietre”. Un conflitto interiore fra il suo io matematico contro quello poetico che lo portò ad abbandonare via Panisperna ed il gruppo di Enrico Fermi. La poesia prese il sopravvento, ma la matematica fu sempre la linea guida ed un approdo sicuro. Il paradosso dei gemelli è il paradosso di Sinisgalli.
È stato capace di descrivere ogni cosa grazie alle sue molteplici Muse. Di vigne e di architettura, del canto di uccelli e di geometrie variabili. Formulava ipotesi sperando che qualcuna diventasse verità. Ha saputo descrivere, meglio di chiunque altro, il poplo lucano.
Leonardo Sinisgalli ci ha insegnato a comprendere che esistono infinite proiezioni di anime, che gli eventi non si possono misurare se non con la poesia. Noi lucani lo sappiamo, per questo ci proponiamo di restare fanciulli e di continuare a battere le monete rosse, non contro il muro ma contro il tempo.
Raffaele La Regina