I parlamentari dell’Italia Unita eletti in Basilicata: fatti, risvolti e misfatti

6 gennaio 2021 | 10:29
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I parlamentari dell’Italia Unita eletti in Basilicata: fatti, risvolti e misfatti

Il 2021 sarà il 160° anno dalla proclamazione, il 17 marzo, del Regno d’Italia. Un regno incompleto perché mancava ancora il Nord Est e lo Stato Pontificio

Il primo evento significativo del 1861 fu indubbiamente l’elezione per il nuovo parlamento. La legge elettorale era maggioritaria e prevedeva il doppio turno. Il primo si tenne il 27 gennaio e il secondo il 3 febbraio. Entrambe le date cadevano di domenica, suscitando ulteriori malumori nei già tesi rapporti del neo stato unitario con la Chiesa.

Le elezioni in Basilicata

Si votò anche l Basilicata. I collegi elettorali italiani erano 443, alla Basilicata ne toccarono 10. In nessun collegio ci fu la vittoria al primo turno. Su dieci cinque furono affidati a lucani. Gli altri ad un campano, un ligure, un toscano un emiliano e un veneto. L’abitudine di risolvere in Basilicata candidature incerte altrove è quindi nata già con la prima legislatura.

Dei cinque lucani eletti solo Lovito, eletto nel collegio di Chiaromonte, partecipò attivamente ai lavori parlamentari. Petruccelli, eletto in quello di Brienza, causò, come vedremo, danni irreparabili. Anche qui l’inizio di una lunga tradizione.

Negli anni del brigantaggio una terra povera e con enormi problemi sociali, legati anche alla questione degli usi civici e delle terre usurpate, rimase nei fatti priva di rappresentanza.

Nel seguito il dettaglio su come andò. Prima però alcuni aspetti generali.

Liberazione o conquista?

Uno dei dilemmi dell’Unità d’Italia, che ricorrono nei dibattiti storici, è se il processo di unificazione fu o meno, nella realtà, una guerra di conquista piuttosto che guerra di indipendenza e liberazione.

A dare forza alla prima tesi ci furono due aspetti di forma, che, come noto, spesso evidenzia questioni di sostanza.

Il primo fu il rifiuto di Vittorio Emanuele Secondo, re di Sardegna, di modificare l’ordinale in Primo per sottolineare la novazione dinastica. Primo quindi per rafforzare la discontinuità con il precedente Regno di Sardegna e sottolineare così la nascita di una nuova Nazione in discontinuità con tutti gli stati precedenti.

Ma Vittorio Emanuele non ci pensò proprio. D’altronde tutta la revisione storica mostra come a guidare il processo unitario fu la politica di potenza del Piemonte e dei Savoia. Vittorio Emanuele era un re guerriero che preferiva i campi di battaglia e mal si adagiava alle sottigliezze diplomatiche. Non era forse sceso in battaglia per conquistare il Sud alla guida di un esercito?

Il secondo aspetto, non meno rilevante, fu che il primo parlamento eletto del Regno d’Italia fu considerato non come quello della prima legislatura ma l’ottava. Questo perché vi erano state altre sette legislature elettive con il Regno di Sardegna. Anche qui sembra una scelta più coerente con la logica di annessione che di novazione unificatrice. Ma tant’è! Rispetto per il coraggio di dire le cose come stanno, anche negli aspetti simbolici, e alla faccia di tanti sepolcri imbiancati che, allora come ora, fanno sempre finta di nulla dinanzi ai potenti e prepotenti di turno, che siano di Torino o di Berlino.

Chi vinse?

Le elezioni le stravinse la destra cavouriana. Ma non bisogna pensare che il processo elettorale dell’epoca fosse simile a quello di oggi.

Solo la Camera dei deputati era elettiva. Il Senato era di nomina regia. La carica di deputato, oltre a quella di senatore, non era retribuita e i deputati dovevano provvedere al proprio mantenimento a Torino per partecipare alle tornate, noi oggi le chiamiamo sedute, parlamentari.

Per votare occorreva essere iscritti alle liste elettorali e per farlo occorreva avere un censo adeguato e saper leggere e scrivere. Se eri molto ricco potevi però anche essere analfabeta. Dimenticavo: solo gli uomini e di età superiore ai 25 anni avevano diritto al voto. Non tutti potevano essere eletti. Le donne no e neanche i dipendenti pubblici ad eccezione di magistrati, alti gradi militari e professori universitari. In definitiva meno del 2% dei 22 milioni di italiani potevano farlo e meno della metà lo fecero effettivamente.

Le votazioni passarono del tutto inosservate alla maggioranza della popolazione. Un rito per pochi consumato senza grandi strombazzi se non tra i diretti interessati. Un rito per le élite e non per il popolo. Ma già allora il carattere polemico e litigioso di queste élite si manifestò. In tutta Italia ci furono molte contestazioni e la Basilicata non fu da meno.

In alcuni collegi tutto si svolse tranquillamente.

A Lagonegro l’elezione di Francesco Maria Gallo fu convalidata nella tornata parlamentare del 22 maggio 1861. Dai resoconti della Camera risulta quasi inesistente la sua attività di parlamentare.

A Chiaromonte fu eletto Francesco Lovito, ratifica il 18 maggio 1861, che fu in parlamento dall’ottava fino alla ventunesima legislatura chiusa nel 1904.  Morì due anni dopo. Numerose le testimonianze della sua attività nei resoconti parlamentari.

A Potenza fu eletto il conte Saverio Rendina di Campomaggiore. Aveva già 63 anni, età avanzata per l’epoca. Nei resoconti della Camera non risulta nessun intervento salvo un suo dispaccio che fu letto nella tornata del 5 marzo 1861 in cui comunicava al presidente della camera decano d’età avvocato Zanolini, due giorni dopo verrà eletto Urbano Rattazzi, che rinunciava alla nomina a senatore, ricevuta dal Re Vittorio Emanuele, a favore della elezione a deputato fornendo le sue scuse al sovrano. Il 25 aprile 1863 gli successe uno dei più apprezzati intellettuali e “patrioti” lucani: Giuseppe D’Errico eletto al ballottaggio.

Nel collegio di Brienza vinse quello che forse fu il più noto dei deputati “dell’ottavo parlamento del Regno di Sardegna”: Ferdinando Petruccelli della Gattina. Nato a Moliterno il 28 agosto 1815 visse, con ogni probabilità, più all’estero, Londra e Parigi, che in Italia … in Lucania poi quasi per niente. Liberale, anticonformista, anticlericale ci consegnò un ritratto al veleno dei rappresentanti dell’ottava legislatura nel libro “I moribondi di Palazzo Carignano”. I danni fatti da lui al Sud furono invece enormi. Nella tornata del 13 luglio 1861 venne messo in discussione il suo emendamento in merito al tracciato della linea ferroviaria Salerno – Reggio Calabria. La proposta della commissione lavori pubblici era di passare dalla Basilicata interna e costeggiare lo Ionio fino a Reggio Calabria. Petruccelli sostenne invece un tracciato alternativo, proposto dal governo, che avrebbe costeggiato il Tirreno. In sostanza il tracciato attuale.

Il relatore della commissione, il deputato milanese Antonio Allievi, sostenne con acume e intelligenza la scelta della linea interna dicendo: “Oltre a ciò noi raggiungiamo un altro vantaggio in questa strada, ed è di congiungere la Basilicata alle altre reti ferroviarie italiane. Ora, signori, la Basilicata non solo è già a quest’ora una provincia molto importante, ma è una delle Provincie che interessano di più dal punto di vista dell’avvenire, perché è una delle provincie che può ancora fare i più grandi progressi economici.” Sempre a detta di Allievi, allora banchiere e che poi dal 1871 al 1882 diresse la Banca Generale di Roma, la scelta del tracciato sul Tirreno oltre a maggiori difficoltà tecniche dovrebbe “… attraversare appunto la provincia di Basilicata in una piccola parte di essa che è la più montuosa”.

La discussione sul tracciato della linea ferroviaria continuò per anni e anni, tanto da far esclamare al povero Pietro Lacava nella seduta del 31 maggio 1879: “Io desidero che sia finita, e sia finita per legge, affinché ciascuno di noi, una volta approvata la legge, possa dire: definitivamente la linea Eboli-Reggio passerà per il tale o tale altro punto.”

Purtroppo l’errore di visione di Petruccelli non è stato più rimediato, anzi continua persino nei piani dell’attuale governo e del ministro Provenzano e il Sud, centro del Mediterraneo, rimane a tutt’oggi privo di un centro logistico limitandone le potenzialità di sviluppo.

In altri ci fu qualche problema

A Muro Lucano fu eletto, non senza qualche contestazioni, Pasquale Magaldi. Il 18 dicembre 1862 chiese congedo per malattia e non risultano altri interventi in parlamento.

Nella tornata del 15 marzo 1861 fu annullata l’elezione di Filippo De Biasio a Matera, rieletto l’anno successivo in uno dei collegi di Napoli, a favore di Pasquale Serra che si dimetterà per motivi di salute 22 aprile 1862.

Ma alcuni furono particolarmente tormentati

A Corleto Perticara fu invece eletto il pugliese Colonnello Camillo Boldoni. Persona nota in Basilicata perché inviato dai cavouriani del Comitato insurrezionale di Napoli per affidargli il comando militare dell’insurrezione lucana promossa da Giacinto Albini e dal garibaldino Nicola Mignogna. Più che del comando militare forse si occupò di controllare che non ci fossero derive repubblicane, come la proclamazione della repubblica a Tramutola, o federaliste.  Presto però gli fu affidato l’incarico di organizzare la Guardia Nazionale delle province meridionali e il 22 giugno 1862 fu eletto in sua vece il ligure marchese Federico Campanella che il 22 dicembre 1863 si dimise e nella tornata del 20 gennaio 1864 fu convalidata l’elezione al ballottaggio del generalissimo Giuseppe Garibaldi. Più volte diede le dimissioni da parlamentare per poi farsi rieleggere.

Nella tornata del 15 marzo 1861 l’elezione al secondo turno di Giacinto Albini a Melfi fu annullata perché

copriva l’incarico di capo di dipartimento, ossia capo di divisione, nella segreteria generale di Napoli. Essendo dipendente pubblico non poteva quindi essere eletto. Colpisce la storia di Albini, la mente e l’artefice massimo della insurrezione lucana che fu prodittatore della Basilicata insieme a Mignogna. Difficile comprendere la sua esclusione, dopo aver regalato la Basilicata all’Italia praticamente senza un tiro di schioppo, dalla cosa pubblica. In sua vece fu eletto il toscano Francesco Domenico Guerrazzi che nella tornata parlamentare del 21 maggio 1861 rinunciò perché nel frattempo già eletto a Casalmaggiore. Il 22 novembre dello stesso anno diventò deputato Argentino Achille di Avellino che entrò a far parte della commissione brigantaggio che contribuì alla stesura della famigerata legge Pica.

Nel collegio di Acerenza le cose furono molto più complicate. Nella seduta dell’11 marzo, aperta dal decano Avv. Zanolini che cedette subito la presidenza al neoeletto presidente della camera Urbano Rattazzi, fu contestata l’elezione del pugliese Carlo De Cesari.  La contestazione riguardava il calcolo dei voti del collegio, alcuni dei quali per qualche cavillo furono definiti illegittimi, che aveva visto protagonisti Pentassuglia, Saffi e il De Cesari stesso. Per la cronaca al primo turno Giambattista Pentassuglia ebbe 321 voti, Aurelio Saffi 261 e Carlo De Cesari 163. Al ballottaggio fu escluso curiosamente Aurelio Saffi. I voti furono per Pentassuglia 351 e per De Cesari 151. Le elezioni furono annullate e ripetute. Pentassuglia non si ripresentò essendo stato nel frattempo nominato Ispettore Generale delle Poste Rege e aver ricevuto il titolo nobiliare di conte. Al secondo turno del 5 maggio vinse Saffi, che fu proclamato nella seduta del 12 giugno.

Saffi in data 2 gennaio 1864, diede le dimissioni adducendo questi motivi: “Primo. Il convincimento che l’opposizione non possa oramai nelle presenti condizioni proseguire l’opera sua con quella forza morale, che è il solo presidio dell’azione politica della minoranza. Secondo. La coscienza di potere, come privato cittadino, meglio che in una difficile situazione parlamentare, di adempiere al debito suo verso la patria.” La camera nella tornata del 7 gennaio 1864 le accetta tranquillamente. Ma curiosamente i gravi motivi cessarono perché il 10 marzo la camera si occupò nuovamente delle elezioni di Acerenza. Al ballottaggio La Gava Francesco e ancora Saffi, che, come Garibaldi, si era ripresentato. Vinse Francesco La Gala, ma l’elezione venne annullata poiché i cittadini di Forenza non avevano potuto partecipare al voto. Nella sessione del 19 maggio la camera si trovò di nuovo a valutare i risultati delle elezioni di Acerenza. Al ballottaggio questa volta il pugliese cavaliere Luigi Libertini e Saverio de Boni. Vinse Libertini ma la Camera promosse una inchiesta giudiziaria sulle elezioni. Il 14 luglio 1864 l’elezione non fu convalidata. Il 3 novembre del 1864 la camera esaminò nuovamente la nuova elezione dove il cavaliere Luigi Libertini venne eletto e questa volta, pur con la segnalazione di un paio di irregolarità, l’elezione fu convalidata. Libertini nacque a Lecce nell’aprile 1823, Saffi a Forlì il 13 ottobre 1819.

Qualche parola di merito vale la pena spendere per Giovanni Battista Pentassuglia, unico lucano a partecipare alla spedizione dei mille partendo da Genova, gli altri si trovavano già sul posto. Nato a Matera il 3 novembre 1821 in esilio si laureò in fisica a Torino. Si conquistò poi sul campo i gradi di colonnello. Come ispettore generale dei telegrafi ideò e pose in opera un cavo sottomarino per il telegrafo tra Messina e Reggio e tra la Sicilia e la Sardegna.

Altra storia infinita quella delle elezioni nel collegio di Tricarico. L’elezione di Giacomo Racioppi fu annullata perché dipendente pubblico in quanto segretario generale dell’intendenza di Basilicata. A giugno venne eletto Filippo De Boni. La sua elezione pose due problemi. Il primo fu che ci furono denunce di gravi irregolarità, il secondo che il De Boni era nativo di Feltre, provincia di Belluno. All’epoca il Veneto non faceva ancora parte del regno d’Italia e si riteneva che non potesse essere eleggibile non essendo un “regnicolo”.

Ma la questione della eleggibilità passò in secondo piano a causa di alcuni precedenti che avevano consentito l’elezione di persone non appartenenti, ancora, al Regno. I brogli furono però accertati e l’elezione annullata. De Boni si ripresentò nello stesso collegio dove fu eletto nuovamente il 9 febbraio 1862, con convalida il 10 marzo, al ballottaggio contro Giuseppe D’Errico. Fa specie che i lucani preferissero De Boni a D’Errico, che l’anno successivo fu però eletto a Potenza.  De Boni si dimise, poi si ricandidò, Garibaldi fece scuola, la sua nuova elezione del 27 gennaio 1864 venne però annullata il 27 febbraio con una nuova inchiesta giudiziaria. Alle successive elezioni venne di nuovo eletto De Boni e l’elezione fu convalidata nella seduta del 19 maggio 1864.

unità d'Italia

Fonti

L’archivio Storico della Camera dei Deputati fornisce un materiale immenso in cui spesso è difficile orientarsi. Chiedo quindi scusa per imprecisioni o omissioni, sempre possibili ma mai volute.

Pietro De Sarlo