Eolico selvaggio in Basilicata: magistratura assente non giustificata

18 gennaio 2021 | 16:51
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Eolico selvaggio in Basilicata: magistratura assente non giustificata

La Basilicata sta per abdicare definitivamente all’arroganza dei signori del vento, ma siamo ancora in tempo per impedire il disastro totale. Che fine ha fatto la Commissione regionale d’inchiesta?

La nostra inchiesta giornalistica sull’eolico selvaggio dura ormai da 3 anni. Decine di articoli e testimonianze raccontano il disastro economico, ambientale, paesaggistico causato dall’affare del vento in Basilicata. Abbiamo fornito dettagli, anche tecnici, e prove inconfutabili di abusi, violazioni di legge, strane connivenze tra esponenti delle istituzioni, politica e imprese. Anomalie palesi, operazioni finanziarie degne di approfondimenti. Capriole normative, omissioni, forzature regolamentari e sospette infiltrazioni criminali.

Persino il presidente della Commissione Parlamentare Antimafia ha chiesto, nel dicembre 2019, di visionare la documentazione relativa alle nostre inchieste. Documentazione puntualmente inviata. A proposito, il vice presidente della Commissione, il leghista Pasquale Pepe, non ha mai chiarito le vicende legate all’eolico nel Comune di cui è sindaco, Tolve. Pepe non ha mai speso una parola sull’aggressione subita da noi e dai nostri accompagnatori in un cantiere eolico a Tolve.

L’aggressione, nel marzo 2018, è poi diventata una strana vicenda giudiziaria, ancora in corso. Gli aggressori sono stati rinviati a giudizio e a nostra volta siamo stati rinviati a giudizio per aver scritto di essere stati aggrediti (diffamazione). Misteri della macchina giudiziaria.

Nel corso del nostro lavoro giornalistico sull’argomento siamo stati anche destinatari di “preavvisi alla cautela” da parte di qualche “messaggero” e “ambasciatore che non porta pena”. Non citiamo le solite querele intimidatorie.

È vero, qualcosa si è mosso e abbiamo preso fiato quando la Guardia di finanza, nel settembre scorso ha perquisito alcuni uffici della sovrintendenza archeologica a Potenza, due anni dopo la pubblicazione dei nostri articoli su un parco eolico tra Tolve e San Chirico Nuovo. Troppo poco.

Perché non si indaga sugli impianti a Oppido Lucano, a Tolve, a Balvano, a Grottole, Ruoti, Brienza, nel Vulture e Alto Bradano? O almeno su tutti quelli di cui con dovizia di particolari ci siamo occupati nel nostro lavoro di inchiesta? Magari qualcuno sta indagando, lo speriamo, ma in tal caso i cittadini si aspettano qualche esito, uno qualunque.

In caso contrario, l’opinione pubblica si chiede quali ragioni superiori impedirebbero approfondimenti e indagini? Capiamo, ma non condividiamo, che quando si tratta di Terna spa e di tutte le sue violazioni da noi denunciate, la questione si complica: Terna è lo Stato. Ma sul resto? Sulle violazioni a Balvano? Sul disastro di Oppido Lucano? Sulle autorizzazioni scadute e resuscitate? Le denunce dei comitati locali che fine hanno fatto?

Certo, si tratta di un mare di roba complicata, che richiede tempo e approfondimenti di tecnici competenti. E non è facile se mancano uomini e mezzi, se c’è già tanto da fare e non si riesce a stare dietro a tutto. Tuttavia, chiediamo uno sforzo, un intervento esemplare che aiuti questa regione a fermare lo scempio. Si dia uno sguardo al meccanismo delle varianti ai progetti eolici e alle autorizzazioni dubbie. Si guardi meglio alle “giostre” societarie milionarie e si approfondisca il rapporto tra proprietari di impianti e funzioni pubbliche ricoperte. Alla Regione Basilicata, ai suoi consiglieri regionali torniamo a chiedere: che fine ha fatto la Commissione d’inchiesta sull’eolico selvaggio?

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