Eni dimentica che al Cova di Viggiano si è già verificato un incidente rilevante
Associazioni: Sul deposito temporaneo di rifiuti la compagnia petrolifera non chiarisce
Di seguito la nota di alcune associazioni ambientaliste sull’impianto di trattamento di rifiuti pericolosi e non pericolosi dell’Eni in Val d’Agri.
“Con articolo pubblicato sulla Gazzetta del Mezzogiorno edizione del 13.1.2021 Eni Spa dichiara di voler realizzare solo un deposito temporaneo dei rifiuti e non un impianto di trattamento.
Alle rilevanti perplessità espresse dalle associazioni ambientaliste Eni però non risponde nel dettaglio glissando anche sulla richiesta di coinvolgere concretamente la popolazione con la modalità prevista dal Codice dell’Ambiente ossia l’Inchiesta Pubblica e neppure con un tavolo della trasparenza.
Come mai tanta ritrosia a consentire la partecipazione dei lucani?
Si parla quindi della bontà dell’operazione da realizzare ma senza, nei fatti, rendere ancora una volta concreta apertura ai lucani anzi, nella nota di Eni si legge che, dopo aver incassato il diniego della competenza del Ministero dell’Ambiente la società petrolifera non deve neppure chiedere alcuna autorizzazione sostenendo che “il progetto, in realtà, non ha la necessità di un’autorizzazione, basta una dichiarazione nell’ambito dell’Aia regionale”
Eppure Eni nella sua risposta alle associazioni nulla dice rispetto al fatto che il deposito che intende realizzare è adiacente al Cova che è industria soggetta alla Seveso III e dove si è già verificato, per diretta classificazione del Ministero dell’Ambiente un “incidente rilevante”. Si fa riferimento all’evento di dispersione di tonnellate di petrolio proprio daI Cova.
Come sia possibile quindi stoccare in deposito temporaneo quello che Eni prima dichiara essere “rifiuti pericolosi” nel suo progetto e come presentato al Ministero dell’Ambiente per poi parlare, nel comunicato stampa di rifiuti come anche i “bicchieri di carta di caffè” , non è dato sapere e capire.
Si ricorda comunque a Eni e soprattutto alle Istituzioni che per legge il deposito temporaneo costituisce una fase preventiva autonoma rispetto alla “gestione dei rifiuti” e per essere consentita ed ammessa deve costituire attività strettamente chiusa all’interno del ciclo aziendale.
Eppure, prendendo visione del progetto e della cartina della zona si evince chiaramente che il deposito Eni intende realizzarlo all’esterno.
Al riguardo, l’art. 183, comma 1, lett. i), D.L.vo n. 152/2006, definisce luogo di produzione dei rifiuti e per il deposito temporaneo « uno o più edifici o stabilimenti o siti infrastrutturali collegati tra loro all’interno di un’area delimitata in cui si svolgono le attività di produzione dalle quali sono originati i rifiuti».
Il deposito temporaneo presuppone, perciò, che il rifiuto non sia mai uscito dall’area delimitata entro la quale è svolta l’attività produttiva.
E’ indubbio che dalla documentazione fotografica e documentale prodotta da Eni emerge che l’ubicazione del deposito dei rifiuti è, ripetiamo, all’esterno dell’area ove si svolge l’attività del centro Cova e a nulla serve dichiarare che, successivamente sarà annessa al centro.
Il Deposito Temporaneo dei Rifiuti, tanto più se pericolosi, è quindi consentito solo nel rispetto di precise disposizioni di legge.
Inoltre, il Deposito Temporaneo ha anche un tassativo limite temporale che deve essere osservato prima dello smaltimento ma Eni non specifica né la durata dello stoccaggio e tanto meno i quantitativi dei rifiuti.
Non dimentichiamo che nel mese di agosto dell’anno 2016 Mediterraneo no triv fu costretta a dover segnalare il fatto che Eni aveva realizzato, in circa 10 giorni, un parcheggio asfaltato all’esterno del suo impianto di produzione con lo scopo di adibirlo a “ deposito temporaneo dei rifiuti “.
Mediterraneo no triv segnalò alle autorità competenti, anche diverse fotografie, che nel piazzale erano state parcheggiate circa 60 rimorchi di autocisterna, molte prive di trattrice, riportanti il cartello “ Deposito Temporaneo di Rifiuti.
Le autocisterne contenevano sia rifiuti pericolosi perché su alcune di esse era indicato come contenuto rifiuto 13.05.08*, sia rifiuti non meglio identificati in quanto riportano il cartello “Rifiuto CER 16.10.XX Diverso da 16.10.01, rifiuto in attesa di caratterizzazione” .
Infine in ciascuna autobotte si riportava la copia del Documento su cui era indicato che si trattava di acque di strato ed il peso del contenuto di circa 27 tonnellate.
A seguito di quella segnalazione la sosta di tali autobotti fu rapidamente rimossa.
Siamo sicuramente certi che il progetto che Eni ha presentato al Ministero è cosa diversa dall’episodio accaduto nel 2016, prontamente rimosso solo grazie all’attenta vigilanza delle associazioni ambientaliste, ma la preoccupazione e il timore per la salute e la sicurezza rimane data al tipologia dei rifiuti che Eni intende stoccare.
A questo punto si rende opportuno anche sapere ,in attesa che Bardi e Patuanelli rendano pubblico l’accordo sul rinnovo della concessione val d’agri:
Cosa prevede questo accordo pubblico al di là delle misere royalties ridotte all’osso dal prezzo del barile?
Quanti barili e mc di gas si intende estrarre?
Quanti pozzi intende trivellare in Val d’Agri la compagnia petrolifera, di tipo verticale o orizzontale anche sulle piattaforme dei pozzi esistenti?
Qual’ è lo stato della bonifica dell’area dopo lo sversamento di 400 ton di greggio vicino il centro Oli?
Quanti rifiuti in quantità e qualità produrrà questo rinnovo?
Con quali codici CER ?
Come e dove saranno smaltiti i rifiuti solidi, liquidi (reflui ) e gassosi prodotti ?
Esiste un piano di bonifiche sui pozzi e condotte dismesse /funzionanti ?
Esistono dei fondi già stanziati per le bonifiche ?
Se si di quale importo ?
Quali controlli ambientali saranno attivati al fine di garantire la tutela dell’ambiente e delle salute delle popolazioni locali ?
Ricordiamo inoltre al presidente Bardi che ogni decisione sul futuro del territorio deve essere partecipata nelle conferenze di servizio da parte delle comunità.
MEDITERRANEO NO TRIV, COVA CONTRO, MEDICI PER L’AMBIENTE, MAMME LIBERE, OSSERVATORIO POPOLARE DELLA VAL D’AGRI, LIBERA BASILICATA, PRESIDIO VAL D’AGRI