Radici lucane, il secondo romanzo di Patrizia Bianco

1 dicembre 2020 | 10:52
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Radici lucane, il secondo romanzo di Patrizia Bianco
L'autrice Patrizia Bianco

La scrittrice potentina ripercorre il viaggio della giovane Teodora in Lucania e le vicende di una famiglia patriarcale nell’arco di tre generazioni a partire dagli anni ’30

La storia ripercorre il viaggio della giovane Teodora in Lucania e le vicende di una famiglia patriarcale nell’arco di tre generazioni a partire dagli anni ’30. È un ritorno “necessario” per svelare il mistero che avvolge l’infanzia dell’anziana madre nel tentativo di contrapporlo all’oblio verso cui la malattia la sta trascinando. Alla distanza nello spazio si sovrappone un salto temporale e il viaggio si fa “esperienza”. E’ così che il lettore ripercorre attraverso i ricordi la quotidianità degli anni della guerra e la difficile ripartenza. Alle soglie degli anni ’60 la famiglia si affaccia impreparata, la civiltà contadina ha le ore contate. La calamita del boom industriale porta a compimento l’epocale esodo di massa e più niente sarà com’era.

L’intreccio narrativo capta l’attenzione del lettore sulla vitalità dei personaggi e lascia sullo sfondo l’immobilità dell’ambiente rupestre selvaggio e inospitale. La città di Matera immersa nella sua storia è l’immagine speculare del suo passato remoto, sempre uguale a se stessa, indifferente al trascorrere del tempo. Rivivono in tale contesto gli elementi con i quali la civiltà contadina è stata da sempre descritta e sui quali la stessa questione meridionale è stata codificata. Eppure nella narrazione non c’è traccia dell’assiomatico rapporto fra l’ineluttabilità del destino degli uomini e quello della loro terra. Lo sfondo cristallizzato delle vicende resta una struggente quinta teatrale su cui ciascun personaggio vive la propria vicenda.

Il libero arbitrio resta anche in questa terra universale e insopprimibile protagonista della natura umana rafforzato a tratti da un atavico spirito ribelle.

Lottare non è una scelta è un imperativo, unico antidoto contro le avversità. Scardinare l’ordine sociale, gli equilibri familiari, la quotidianità è la via obbligata per seguire, nel bene e nel male, le aspirazioni di ciascuno, la sola via possibile per l’affermazione della propria identità.

E’ innegabile che con il susseguirsi delle generazioni, sull’onda dell’inarrestabile contaminazione culturale degli anni sessanta, tale affannosa lotta diventi sempre più efficace.

E’ questo un lavoro corale in cui niente è come appare, ogni personaggio mostra una crepa, una fragilità da cui traspare l’indole che l’ha precipitato alla rovina o, viceversa, la forza d’animo a cui deve il suo trionfo.

E’ di certo l’amore declinato in molteplici forme che tiene le fila di questa storia: l’amore che va oltre i legami di sangue, l’amore fraterno distrutto dall’odio e poi ricostruito, quello che sfida gli anni e si fa cura, l’amore che affranca discriminazione e malattia.

Trama

Zio Compare vive ancora negli antichi rioni e l’accoglie guidandola nelle vicende della famiglia. Sull’onda dei ricordi il flash back riporta l’azione all’epoca in cui, suo padre, Cosimino, si trova di fronte la piccola Fortunata nascosta nel suo ovile, una perfetta sconosciuta, capelli bruciacchiati e pelle nera di fuliggine come se fosse appena fuggita dall’inferno. E’ questo l’evento costituisce lo spartiacque dell’esistenza della protagonista, da quel momento il passato lascia il passo a un doloroso vuoto che la segnerà per sempre.

Cosimino conduce la bambina a casa fiducioso che in tempi brevi la sua famiglia si farà viva ma i mesi passano e nemmeno ai Carabinieri arriva alcuna segnalazione di scomparsa. Il mistero resta fitto.

L’ingresso in famiglia non è indolore Dorina, moglie di Cosimino, alza una cortina di diffidenza temendo di suscitare la gelosia della figlia disabile e i due gemelli, in continuo contrasto fra loro, vedono in lei un ulteriore elemento di attrito.

Con il trascorrere del tempo, tuttavia, la presenza della ragazza viene accettata anzi proprio lei riesce a costruire attorno a sé un solido rapporto affettivo.

Con il passare degli anni ognuno prenderà la sua strada e Fortunata sceglie di seguire Cesare in fuga dal confino verso il nord dove costruiranno una vita nuova.

L’azione torna in tempi recenti e quando Teodora torna a Genova ha con sé le risposte che cercava, ora sa della tragedia vissuta dalla madre e che l’ha spinta inconsciamente a rimuoverle. Decide di affidarsi alla forza salvifica della verità, unica in grado mandare all’aria i nefasti progetti della malattia.

Il terremoto emotivo che si abbatte su Fortunata la porta a far emergere brandelli di ricordi e ad attenuare quel senso di colpa che non l’aveva mai abbandonata per esser stata, a suo tempo, l’unica sopravvissuta alla strage della sua famiglia.

I personaggi, con la loro personalità complessa e reattiva mettono in luce sofferenza e riscatto, amore e rimorso, sacrificio e fierezza. Si muovono in un tessuto sociale palpitante in cui le donne, i vicini, gli amici mostrano una sfaccettatura dell’animo umano componendo, nel loro insieme, un affresco corale e struggente testimonianza dell’eutanasia di una civiltà che ha le ore contate e che, nell’arco di poche generazioni, finirà per scomparire.

Fortunata per certi versi è un personaggio complesso in quanto il suo agire resta resta confinato sul ciglio della frattura con la quale l’inconscio l’ha messa al sicuro dal suo traumatico passato. Coglie da subito l’imperdibile opportunità di entrare in una famiglia dove poter ricostruire un rapporto affettivo: essere di nuovo qualcosa per qualcuno accettando la sfida di ritornare ad amare ed essere amati. Lotterà tutta la vita contro il trauma che la porta all’incapacità di esternare il suo amore, all’anaffettività nei confronti della figlia tanto desiderata.

Diletta ha un carattere reattivo che le ha permesso di disfarsi dell’olezzo dolciastro della rassegnazione al quale si stava lasciando andare. Tutti credono sia una pazzia ma Diletta è determinata, pretende di lavorare esattamente come tutti, pur conscia dello sforzo che le sarebbe costato. Si mette in testa di distogliere l’attenzione degli altri dal suo aspetto fisico dando fondo all’energia che sente di avere, unico modo per ridare dignità alla sua quotidianità.  Solo a sera, sola con se stessa, avrebbe fatto pace con il suo corpo. Una scelta che ne tempera il carattere permettendole di cogliere al volo la disponibilità di Paolo il maestro. Leggere e scrivere sono solo il punto di partenza, lo studio entra sempre più prepotentemente nella sua vita finché, con grandi sacrifici, riesce a diplomarsi. Purtroppo la tenera amicizia costruita negli anni con il suo insegnante verrà spazzata via dai pregiudizi e dalle discriminazioni dell’epoca, la sua indiscussa superiorità intellettuale viene temuta al pari di una bomba ad orologeria programmata per esplodere all’indomani del matrimonio.

Onofrio e Beniamino, i gemelli adolescenti, fin dalla nascita mostrano un’indole assai diversa, l’uno quieto e accondiscendente, l’altro ribelle e perdigiorno. L’educazione patriarcale negando le differenze caratteriali dei due ha finito per esasperare l’acredine che li porterà alle soglie di una sorda brutalità. Nessuno aveva colto l’urlo straziante di due esseri nati con il sacrosanto diritto di essere se stessi. I sensi di colpa costituiranno il pesante fardello con cui ognuno dovrà convivere. Onofrio molti anni dopo interrogandosi sull’origine dell’odio verso il fratello si rende conto che rendere orgoglioso il padre aveva un prezzo assai alto ma c’era di mezzo anche il rifiuto di avere un fratello gemello, di sentirsi defraudato per metà dell’amore di cui ogni bambino ha diritto di godere appieno.  Solo dopo aver riesumato i sentimenti più reconditi del suo animo sente risorgere l’affetto per fratello, la loro storia è comunque legata da un doppio filo, impossibile parlare dell’uno senza dire dell’altro. Beniamino, da canto suo ha sempre sofferto per il pugno di ferro che il padre ha sempre usato nei suoi confronti finché la contrapposizione esasperata e la smania di evadere da un mondo nel quale non si è mai riconosciuto lo spingono a lasciare casa. Solo quando avrà compiuto le sue scelte e pagato per i suoi sbagli ritornerà a casa, ha bisogno di riconciliarsi con il padre, l’origine delle sue sofferenze. Non trova le risposte che per anni ha cercato nella sua mente, solo la conferma: il suo posto non è lì, la verità è che non c’è mai stato posto anche per lui.

Dorina, la madre dopo l’iniziale freddezza improvvisamente cede all’amore che prova verso la nuova arrivata, è un momento catartico, lei accoglie Fortunata come sua figlia, impossibile arginare le emozioni. Quell’inaspettata accettazione sigillata da un inestricabile nodo d’amore che legherà per sempre una madre a sua figlia viene percepita dalla ragazza con tutta la sua autenticità e per un secondo quella tenerezza le richiama in un déjà vu, una sensazione già provata. Ma è solo un attimo.

Cosimino, il capofamiglia, nonostante in gioventù si sia impegnato con gli altri diseredati per migliorare le condizioni di vita, la repressione politica riesce ad avere la meglio costringendolo a sottostare come e più di prima al potere dominante e a chiudersi in se stesso. I suoi figli – ciascuno con un diverso registro – continueranno a sfidare ancora più caparbiamente la mentalità, i sentimenti e persino l’inabilità per cambiare un destino già scritto.

Cesare un confinato politico spedito a Matera dal regime fascista si innamora di Fortunata ormai adolescente. Fra loro nasce un sentimento ostacolato dai problemi psicologici di lei a costruire un rapporto affettivo compiuto. Il pesante isolamento e la nostalgia per la sua terra fanno maturare nel giovane l’idea della fuga e l’occasione si presenta durante l’inverno, nel candore del paesaggio innevato quando si imbatte nel cadavere di un uomo sfigurato dai lupi. Decide di inscenare un inganno e ritornare in Liguria affrontando la clandestinità insieme a Fortunata. L’Italia viene liberata ma ci vorranno molti anni e la nascita di Teodora per costruire una nuova vita.

Teodora a cui è assegnato il compito di aprire e chiudere la narrazione mostra un carattere risoluto mettendo in campo una grande forza di volontà. Alla ricostruzione della verità assegna un doppio valore salvifico, il primo in grado di arginare il graduale oblio in cui la malattia sta trascinando la madre e il secondo capace di districare il nodo che l’ha fatta soffrire. Dare un nome al disagio che lei stessa ha vissuto per di esser cresciuta con una madre psichicamente fragile è rinascere.

Note biografiche di Patrizia Bianco

Dopo aver dedicato una vita ai numeri ha seguito la parte di sé che si emozionava nel ricercare l’aspetto nascosto delle cose. Ha iniziato a scrivere storie intrise di passato confidando nella forza evocativa delle parole.

La prima opera, un memoir autobiografico, “Controcanto, verso il vento” pubblicato da Kimerik Editore e presentato in Fiere nazionali e internazionali e in numerosi appuntamenti pubblici. Ha partecipato a:

  • Salone Internazionale del Libro di Torino, Salone del libro di Torino

OFF  – Regione Basilicata (Maggio 2018)

  • Napoli Città Libro – Complesso Monumentale di San Domenico Maggiore.
  • Fiera del libro Cubo Festival di Ronciglione (Viterbo) (31 Maggio – 3 Giugno 2018)
  • Salone della Cultura di Milano (19-20 Gennaio 2019)
  • Fiera internazionale del libro di Londra Aprile 2018p
  • Fiera del libro di Roma (4-8 Dicembre 2019)

ed è inoltre risultata:

  • “Meritevole di menzione e finalista nella top 10” nella sezione Prosa Edita Impavidarte: La biennale della cultura 2018-2019 Nicosia – Enna.
  • Finalista per la sezione Editi Premio Città di Battipaglia – 2018 (Sesta Selezione)

Il secondo romanzo “RADICI LUCANE” edito da Santelli Editore:

  • ha vinto lo Special PITCH KOBO WRITING LIFE 2018 al Women’s Fiction Festival di Matera come miglior progetto editoriale 2018.
  • 4° posto ex equo al concorso nazionale “Residenze Gregoriane” di Tivoli (Roma) 2020;
  • Premio Maria Cumani Quasimodo Aletti editore Menzione d’onore e proposta di pubblicazione2020;
  • IV Memorial “Antonietta Rangone” Grottole (Matera) 2020;
  • Premio nazionale “Carlo Piaggia” Lucca, finalista 2020.
Patrizia Bianco