Eni, Total e Tempa Rossa: i sindaci continuano a chiedere l’elemosina, ma non si ribellano
I profitti di pochi valgono la sofferenza, le malattie, la povertà di migliaia di persone? Il tenore di vita di un politico di paese vale forse il rischio per la salute dei suoi concittadini? Il silenzio e la complicità della politica succube dei dominatori, valgono forse la svendita del futuro della Basilicata?
Le multinazionali prima creano il nulla, il vuoto e poi si appropriano delle risorse del territorio. E su quel vuoto costruiscono le loro rendite, i loro profitti. Un impianto petrolifero o un parco eolico, per esempio. È anche da questa prospettiva che possiamo leggere quanto accaduto in Basilicata con l’invasione del capitalismo predatorio. Una forma di colonizzazione fondata su strategie elementari, antichissime. Sono arrivati e hanno detto “qui c’è il vuoto, il nulla”. E quindi i boschi, l’acqua, le sorgenti, le terre coltivate, i pascoli, la flora e la fauna, la purezza dell’aria e le distese di meraviglie, erano il nulla, il vuoto. E qualcuno gli ha consentito di appropriarsi di quel vuoto che apparteneva a tutti, per riempirlo di profitti che appartengono a pochi. Abbiamo lasciato che trattassero il territorio come terra nullius, terra che non appartiene a nessuno. E così, come nelle prime colonizzazioni del XV secolo, si sono appropriati delle terre dei lucani per farle diventare proprietà dei colonizzatori.
A raccogliere i frutti di ciò che è stato sottratto sono loro, i petrolieri. E per meglio raccoglierli, senza intralci e senza conflitti, hanno usato l’arma seducente e ingannevole della benevolenza. Hanno comprato la complicità dei “capi villaggio”, attraverso il potere del denaro. L’esproprio abusivo di beni comuni si è potuto realizzare grazie anche all’inganno della “civilizzazione dell’economia e delle genti della Basilicata”. E così sono diventati padroni delle sorgenti, dell’aria, dei prati e dei pascoli, dominatori assoluti di quella terra nullius e degli abitanti nullius. Su quel nullius hanno costruito le loro cattedrali di acciaio e risucchiato tutta la linfa che potevano rapinare.
Si sono fatti paladini del lavoro, dell’occupazione, restituendo un briciolo della ricchezza che loro continuano ad accumulare affinché si perpetuino l’ingiustizia e la squilibrata redistribuzione delle risorse. Un “clero” di colonizzatori affiancato da decine di “prelati” di paese per diffondere il falso vangelo della prosperità. Il popolo “credente” è ridotto alla fame.
I profitti di pochi valgono la sofferenza, le malattie, la povertà di migliaia di persone? Il tenore di vita di un sindaco di paese vale forse il rischio per la salute dei suoi concittadini? Il silenzio e la complicità della politica succube dei dominatori, valgono forse la svendita del futuro della Basilicata?
La sintesi di quanto accaduto e ancora accadrà in Basilicata ce la suggerisce George Orwell in 1984: “Ti spremeremo fino a che tu non sia completamente svuotato e quindi ti riempiremo di noi stessi”. È questa la verità e non c’è via d’uscita che la ribellione. Al contrario, oggi i sindaci di Tempa Rossa hanno alzato la voce per chiedere, non per ribellarsi. Ognuno di loro ha manifestato per “supplicare” un tozzo di pane in più, che sia tolto all’altro non importa. Pane avvelenato. Qualcun altro dovrebbe ribellarsi la posto loro. Dovranno farlo i lucani prima che sia troppo tardi, almeno per salvare il salvabile.