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I numeri della crisi e l’agenda del rilancio

29 luglio 2020 | 15:27
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I numeri della crisi e l’agenda del rilancio

Presentato il settimo Rapporto che il Centro Studi Uil Basilicata dedica, come ogni anno, al mercato del lavoro

Non solo i numeri degli effetti della pandemia – la riduzione dell’occupazione al primo trimestre dell’anno è stata di 7mila unità in più rispetto al trimestre precedente; gli inattivi crescono in 3 mesi di 12mila unità – il settimo Rapporto che il Centro Studi Uil Basilicata dedica, come ogni anno, al mercato del lavoro, contiene anche quella che i ricercatori – Sofia Di Pierro, Gianpiero Tetta e Annalisa Percoco – coordinati dal presidente del Centro Giancarlo Vainieri definiscono l’Agenda del rilancio. Perché – come sostiene Giorgio De Rita, segretario generale del Censis – “la Basilicata ha tutte le caratteristiche per affrontare e superare i ritardi accumulati”. A moderare i lavori il caporedattore del Tg3 Basilicata Oreste Lopomo che nel presentare i relatori ha richiamato i valori di “comunità” e “prossimità” indispensabili per ogni sforzo verso il superamento dell’emergenza pandemia che è emergenza sociale. Intanto, è verosimile che si passi dal PIL regionale di 12,5mld del 2019 ad una previsione stimata di 11,7mld per il 2020 con un impatto totale della variabile Covid valutata al 6,8%.

Giancarlo Vainieri. “Si sa che dopo le crisi (es. 2007) la ripresa stabile, in Basilicata – sottolinea Giancarlo Vainieri – si manifesta mediamente con tre anni di ritardo. Stavolta sarà anche peggio. Rischiamo di non avere, nemmeno a dieci anni di distanza, una crescita cumulata. E allora occorre una proposta di rottura, avanzata anche dalle parti sociali, in particolare dalla UIL Basilicata. Gli strumenti anticrisi messi in campo a livello europeo ed italiano non saranno sufficienti a consentire una ripresa economica, in Basilicata, in tempi anche soltanto medi. Bisognerà pensare ed adottare, con immediatezza, strumenti straordinari”. Vainieri lo definisce “un piano road-map” nel quale stabilire profili e scenari produttivi ed occupazionali nei grandi quadri dell’economia e della società regionale post Covid-19: il manifatturiero, l’agricoltura attraverso l’agroalimentare e la ruralità sostenibile, l’accelerazione dei lavori pubblici e dei piani di rigenerazione urbana, la rete tra Università, Enti di ricerca e le imprese, l’innovazione verde e la transizione energetica. Progetti di investimento orientati alla digitalizzazione. Un Piano che, tuttavia, sia principalmente una grande manovra-ponte di sostegno di empowerment dei soggetti sociali e delle famiglie colpite dalla crisi che rinforzi la capacità reddituale, di consumo e bisogni essenziali delle famiglie e dei ceti in discesa sociale per i colpi della crisi. Un accompagnamento, un transito di formazioni sociali più deboli verso lo scenario della ripresa regionale.

Planimetria sociale di una regione oltre la perdita. Un eco-sistema di valori per il postCovid: l’agenda del rilancio. Per grandi schemi si può formulare un’agenda di nuove politiche e di campi di intervento da riportare in un’Azione di investimento sociale:  la prima consegna è l’urgenza di costruire un catalogo di nuove politiche formative e del lavoro.  Il secondo fenomeno da tradurre in un reticolo di politiche del lavoro attiene la sfera della inattività e della non occupazione. Qui la crisi comprime le energie nuove di giovani,di donne,di figure temporaneamente ritirate dal lavoro. È l’universo di figure da riportare allo scoperto di una nuova crescita, iniezioni di credito sociale e di investimenti (vedi Matera 2019) possono assorbire le sacche di inattività.  Il terzo fenomeno, da riportare sotto l’ombrello di più nuove e permanenti politiche sociali, è l’area delle persone e famiglie emarginate. Già nel 2019 cresce la propensione all’impoverimento socio-conomico e demografico della regione. In Basilicata nel 2008 erano circa 230mila le persone che vivevano in famiglie a rischio povertà ed esclusione. Le persone emigrate dalla Basilicata sono oltre 61 mila tra il 2002 e il 2018, di cui quasi 3.700 nel solo 2018. I giovani sono 31mila, 9mila circa i laureati. Il saldo, al netto dei rientri, è negativo per quasi 33mila unità (L. Bianchi). L’esclusione giovanile si sostanzia in 36 mila giovani (15-34 anni) risultano non occupati e non in istruzione e formazione (NEET). Si tratta di circa il 28% dei giovani lucani di cui 6mila sono laureati. Un comparto già oggetto di sostegno, interessato da trasferimenti a famiglie e istituzioni sociali, la prima voce di spesa corrente (40,2%) del settore pubblico in Basilicata. Ma ciò non basta. Servono cospicui ed aggiuntivi interventi di rinforzo sociale per l’impatto Covid. Il quarto fenomeno da riporre nella cassetta del Piano post-Covid discende dalla lista della occupazione per settori da candidare alle scelte di una nuova ripresa. Dove intervenire, partendo da un flashback sulle suscettività degli anni precedenti? In retrospettiva l’occupazione per i settori produttivi e sottosettori nel biennio 2018/19 dimostra una prevalenza vistosa dei servizi (63%) ed un marcato asset dell’industria (32%).

Giorgio De Rita, Censis. Due chiavi di lettura del Rapporto 2020: l’attesa per trovare le parole giuste e le giuste motivazioni per chiedere di più alle Istituzioni e alla politica; l’attesa per mettere in azione una torchiatura straordinaria della società lucana affrontando con forza i nodi strutturali che la aggrovigliano. Capacità di rinnovare e innovare le istanze verso il governo pubblico dell’economia e della solidarietà sociale e capacità di risolvere i nodi strutturali della Lucania sono le pre-condizioni che ancora non sembrano avviate a soluzione e la cui fragilità di attuazione rallenta ogni idea, piano, programma di sviluppo, di rilancio dell’occupazione e del reddito, di formulazione di nuovi strumenti di tutela dei più deboli e d’inclusione sociale di quanti, troppi, oggi sono ai margini della vita collettiva. …Il Rapporto presentato nei suoi tratti essenziali va letto anche in controluce. Nel suo aspetto più piano, con le sue lucide rappresentazioni della realtà e delle difficoltà da affrontare, come nelle sue indirette implicazioni, nelle opportunità che la pandemia da Covid19, inaspettatamente, regala al nostro Paese e alla meravigliosa terra in cui trovare la misura delle cose. Sembra difficile trovare, in un contesto così tanto drammatico e complesso, il lato favorevole. Eppure, non è vero che sia stata la pandemia a determinare la paura e l’attesa. Erano già in precedenza tempi dominati dall’incertezza, dalla preoccupazione per la salute non meno che per le prospettive economiche e sociali. …Una forzatura del ragionamento (e della realtà delle cose) utile a dare concretezza all’analisi porta a considerare come esempio di questa forza della post globalizzazione come chiave favorevole dello sviluppo della Basilicata proprio l’esperienza di Matera 2019. La necessità di non disperdere il lavoro di promozione e di sedimentazione intellettuale di città capitale della cultura, di mettere rapidamente a valore il capitale accumulato impone un’uscita in avanti, oltre la globalizzazione dei flussi, degli arrivi, degli eventi e di ritrovare la misura delle cose. Analogamente questo vale per Melfi, per Potenza, per le altre città intermedie della Basilicata. Vale per il modello di sviluppo delle aree interne. Vale per gli strumenti finanziari, a partire dal Fondo unico per lo sviluppo o dalle royalties del petrolio. Per tutti sembra aprirsi un tempo nuovo, un tempo e dei luoghi in cui conviveranno paura e preoccupazione con aspirazione e coraggio.

Vincenzo Tortorelli, Segretario Regionale Uil Basilicata. La Basilicata, insieme ad altre regioni del Sud, avrà il privilegio di ripartire con una situazione sanitaria complessiva molto buona, se confrontata con il resto del Paese, e potrà, quindi, essere in una posizione favorita per attrarre flussi di persone e investimenti in condizioni sanitarie più sicure. Si apre un “nuovo mondo”, e, quindi i settori-driver dello sviluppo cui si pensava prima dell’emergenza sanitaria dovranno essere riprogettati. Non si tratta dell’ennesimo Grande Piano di Spesa Pubblica disegnato a tavolino, da calare poi sui territori indipendentemente dal contesto e senza incorporare i saperi locali. Si tratta piuttosto di riequilibrare poteri e cambiare organizzazioni, e di modificare radicalmente come si fanno le cose e come si usano i poteri e denari pubblici. Come sfondo a questo nuovo mondo della regione che verrà le parole d’ordine sono: cura delle persone, istruzione/formazione, cultura, intrattenimento, beni alimentari prodotti da filiere corte, turismo di prossimità e rarefatto, energia elettrica auto-prodotta, qualità abitativa, nuove forme di mobilità flessibile. La sfida ora è tutta politica, nel senso alto della capacità di praticare un’idea di futuro della regione. Il confronto con la giunta regionale – lo diciamo in stretta sintonia con Cgil e Cisl – deve cambiare per diventare più costruttivo e foriero di modifiche profonde nei mondi vitali della regione. La sfida che lanciamo è di ridefinire un vero Piano Strategico di sviluppo regionale, compartecipato e condiviso da larghi starti della società lucana. Decisivi sono i piani di settore, mettendo a posto le tante filiere produttive sconnesse. Conta il tema della sostenibilità ambientale, delle risorse energetiche, di quelle sociali, demografiche, del welfare e dell’invecchiamento. Un patto tra una forte comunità di cura, un sistema di protezione sociale, ed il mondo dell’impresa e del lavoro. Un modello di sviluppo più sociale che economico a ‘marca lucana’. L’attesa è durata troppo e la pazienza sta per finire. Ecco il ‘Documento unitario è proprio questo: la prospettazione, senza pretese esaustive, dei terreni di lavoro comune e di nuove ineludibili scelte politiche. L’idea di fondo è che la Basilicata, con una programmazione ‘vera’, dovrà ripensarsi dentro un sistema che metta in sicurezza l’ambiente rafforzi la piattaforma logistica agroindustriale e in pari tempo riunisca in un quadro sostenibile le risorse del petrolio e la vocazione delle aree interne, consolidando così la sua funzione non solo di cerniera ma anche di vero polo produttivo lucano ‘di mezzo’ fra i due distretti metropolitani campano e pugliese.

Pierpaolo Bombardieri, segretario generale Uil. La Uil guarda con forte preoccupazione al presente e futuro della Basilicata così come emerge dal Rapporto presentato oggi dal Centro Studi e che rispecchia in generale la situazione del Sud. Per questo chiediamo al Governo grande attenzione al Mezzogiorno. Abbiamo apprezzato la proposta di incentivare le assunzioni attraverso lo strumento del sostituto di imposta. Ma è solo un primo passo. La Basilicata e il Sud hanno bisogno di investimenti, infrastrutture, reti materiali ed immateriali per mettere definitivamente fine al Paese che procede a due velocità non solo per la mobilità dei cittadini quanto sui diritti delle persone che nelle regioni del Mezzogiorno non hanno pari opportunità di quelle del Nord. Penso in particolare alle infrastrutture sociali e proprio la Basilicata è tra le regioni che registra la più alta percentuale di mobilità sanitaria, di persone che si rivolgono ad ospedali e strutture sanitarie del Nord. Le novità annunciate, nelle ultime ore, da Fca ed Invitalia-Mise per lo stabilimento di Melfi della Fca sono la testimonianza che la Basilicata e il Sud hanno risorse per farcela. Ma in una fase straordinaria come questa che viviamo – e condivido la scelta di prolungare a metà ottobre lo stato di emergenza sanitaria – servono soluzioni straordinarie a cominciare da strumenti che consentano di spendere velocemente ed efficacemente le risorse che arriveranno dall’Europa. Anche per questo abbiamo proposto un Patto per il rilancio del Paese con un tavolo al quale siedano tutti i soggetti sociali ed istituzionali rispettando il ruolo facendo prevalere la responsabilità. Quanto ai rapporti con Confindustria, devo registrare che non ci sono rapporti con il nuovo Presidente che non ha mai voluto incontrarci. Non vorrei si affermasse un’idea di sostituire i leoni di tastiera con i proprietari dei giornali. Continuiamo a credere che la responsabilità debba prevalere per il bene del Paese.