Cinquanta donne braccianti sottratte alla piaga del caporalato
Presentato il progetto ‘Donne braccianti contro il caporalato’ di NO CAP, Megamark e Rete Perlaterra: la prima filiera bio-etica contro il caporalato dedicata alle donne è realtà
Cinquanta braccianti pugliesi e lucane, fino a ieri vittime di sfruttamento, da oggi saranno coinvolte nella prima filiera bio-etica contro il caporalato dedicata alle donne.
Il progetto ‘Donne braccianti contro il caporalato’ è frutto dell’intesa tra l’associazione internazionale anti-caporalato NO CAP (impegnata nel promuovere e valorizzare le aziende agricole che rispettano la legalità e i diritti dei lavoratori), il Gruppo Megamark di Trani (leader della distribuzione moderna nel Mezzogiorno con oltre 500 supermercati) e Rete Perlaterra (associazione e rete tra imprese che promuovono pratiche agroecologiche di lavoro della terra).
L’iniziativa, che nasce a cinque anni dalla tragica morte nelle campagne di Andria della bracciante Paola Clemente, segue quella avviata lo scorso settembre dagli stessi attori che, dando vita alla filiera etica contro il caporalato ‘IAMME’, ha consentito di regolarizzare finora circa 150 braccianti extracomunitari tra Capitanata (Puglia) per la raccolta di pomodori da trasformarsi in conserve, Metapontino (Basilicata) per la raccolta e confezionamento di prodotti freschi e Ragusano (Sicilia) per la coltivazione di pomodori.
IAMME mira a contrastare il caporalato e, in generale, il lavoro irregolare nel settore agricolo – una piaga che non riguarda solo gli immigrati ma anche le donne braccianti del territorio – garantendo ai produttori un prezzo giusto per i loro prodotti e a lavoratori e lavoratrici il pieno rispetto dei loro diritti, a partire dall’applicazione dei contratti collettivi del lavoro.
Alla presentazione del progetto ‘Donne braccianti contro il caporalato’, tenutasi a Policoro, hanno preso parte il prefetto di Matera Rinaldo Argentieri, il sindaco di Policoro Enrico Mascia, il presidente di NO CAP Yvan Sagnet, il direttore operativo del Gruppo Megamark Francesco Pomarico, il presidente di ‘Rete Perlaterra’ Gianni Fabbris, il presidente di Aba Bio Mediterranea Vincenzo Santoro e la bracciante Lucia Pompigna.
Le lavoratrici del territorio coinvolte nel progetto raccoglieranno uva da tavola biologica nelle terre di Ginosa (Taranto), successivamente confezionata nell’impianto di Aba Bio Mediterranea di Policoro (Matera), e distribuita dal Gruppo Megamark nei supermercati a insegna A&O, Dok, Famila, Iperfamila e Sole365 del Mezzogiorno con il bollino ‘Nocap’ e il marchio etico e di qualità ‘IAMME’. I prodotti biologici IAMME – Nocap sono già presenti sugli scaffali dei supermercati del Gruppo con una linea di rossi (passate, pelati, salse pronte) e una di prodotti freschi ortofrutticoli.
Si stima una produzione di circa 950 mila confezioni da mezzo chilo di uva per un fatturato atteso di circa un milione di euro. La raccolta dell’uva avverrà fino a novembre, tuttavia sarà garantita continuità lavorativa anche nei sei mesi successivi con la raccolta degli agrumi. Oltre a un contratto di lavoro dignitoso – che prevede 6,5 ore di lavoro e una paga giornaliera di 70 euro lordi (contro le 10 ore lavorative imposte dai caporali per una paga di 30 euro, oltre al costo del trasporto spesso su ‘furgoni della morte’) – le lavoratrici avranno a disposizione un alloggio e il trasporto gratuito verso i luoghi di lavoro. I mezzi di trasporto, due van, sono stati acquistati dall’associazione NOCAP grazie a una raccolta fondi che ha coinvolto tanti donatori.