Ospedale San Carlo. Fanno quello che gli pare. Il mistero dei dispositivi anti covid e la firma falsa sull’ordine d’acquisto
Indaghi la magistratura. Il groviglio oscuro della documentazione per la fornitura di mascherine inutili. Massimo Barresi, Rocco Leone, Ernesto Esposito facciano chiarezza
È il 23 marzo 2020, in piena emergenza Covid-19, il direttore generale dell’Aor San Carlo con la delibera n. 348 dispone l’acquisto urgente ed indifferibile di maschere a pieno facciale e relativi filtri dalla ditta Italfor S.r.l di Rionero in Vulture. L’importo è di 39.050, euro oltre iva. Si tratta di n. 290 maschere a pieno facciale Selecta cod. 4332030 e n. 800 filtri serie Dirin 230 P3.
L’acquisto è finito sulla cronaca dei giornali perché si è rivelato inutile, nonostante il parere favorevole di conformità espresso dal responsabile del Servizio prevenzione e protezione dell’ospedale. Parere espresso lo stesso giorno della proposta d’ordine da parte della Italfor S.r.l., il 22 marzo. La Italfor si occuperebbe prevalentemente di commercio all’ingrosso e al dettaglio di articoli antinfortunistici.
Perché l’acquisto è stato inutile? Ecco cosa ci dicono alcuni esperti da noi interpellati:
In generale i sanitari devono indossare dispositivi medici, quali le mascherine chirurgiche, testate per essere protettive nei confronti dei pazienti e degli operatori…. Per il Covid, laddove vi sia contatto con pazienti infetti, il legislatore aveva prescritto l’utilizzo di dispositivi di protezione individuale, maschere facciali di protezione p2 o p3. Le maschere acquistate con quella delibera sono pieno-facciali, con filtri di protezione p2. Queste maschere proteggono solo chi le porta e non il paziente. Bisognerebbe quindi che sia sovrapposta una maschera chirurgica, ma la cosa è geometricamente impossibile. Infine la visuale è particolarmente ridotta, tanto da rendere difficile operazioni in emergenza ai rianimatori. E ancora pare che l’analisi del costo in base alla durata del filtro non sia stata considerata. Insomma, una spessa davvero inutile.
Non a caso quei dispositivi, seppure distribuiti nei vari reparti, non sono mai stati utilizzati. Eppure il responsabile del Servizio prevenzione e protezione nel parere di conformità scrive, in sostanza: … è vero che il costo è alto (103 euro + iva, maschera e filtro) ma il fattore di protezione è 20 volte maggiore rispetto ad altri dispositivi.
Ma non è questo l’episodio più grave di questa assurda vicenda.
La firma falsa sul documento di autorizzazione all’acquisto
Lo stesso giorno della delibera, il 23 marzo, il direttore dell’Unità Operativa Complessa di Farmacia dell’ospedale, invia una nota al direttore amministrativo e al direttore provveditorato-economato nella quale è testualmente scritto: “si richiede l’acquisto con la massima urgenza ed indifferibilità di n. 290 maschere a pieno facciale selecta cod.4332030 e n. 800 filtri serie Dirin 230 P3 presso la ditta Italfor S.r.l. di Laurenza Giovanni, disponibile alla fornitura immediata e tempestiva dei dispositivi di protezione di cui trattasi, come da allegate schede tecniche. Firmato il direttore della Farmacia, Anna Maria De Michele. Quella nota è allegata alla delibera n. 348 del 23 marzo. Peccato che la firma di Maria De Michele, su quel documento, sia falsa. È la stessa De Michele a dichiararlo. Già il 15 aprile la direttrice De Michele comunica alla direzione strategica dell’Azienda ospedaliera che quella nota lei non l’ha mai scritta né firmata, nota, tra l’altro allegata a un atto pubblico redatto dalla stessa direzione strategica.
Quel documento falso – scrive la De Michele – è immotivatamente e significativamente diverso da quello da me predisposto per la deliberazione aziendale, documento affidato alla dottoressa Antonella Angione.
Il mistero della corrispondenza: la ditta propone, il dirigente esegue
Che la De Michele nulla sapesse di quella nota è confermato dalle e-mail intercorse tra una sua sottoposta, la dirigente farmacista Antonella Angione, la direzione generale e il titolare della ditta Italfor.
Il 22 marzo, alle ore 12,27 il signor Giovanni Laurenza, amministratore unico della Italfor, invia alla dottoressa Angione, la proposta d’ordine. Non alla De Michele, e neanche al direttore amministrativo, ma a un sottoposto della De Michele. Il signor Laurenza firma la mail con un “Ciao, Giovanni”.
Lo stesso giorno alle ore 13,37 la dottoressa Antonella Angione scrive una mail alla direzione generale: “Come concordato per le vie brevi, inoltro caratteristiche maschera selecta”. Con chi e in che modo Angione ha concordato per le vie brevi? Con il direttore generale? E perché la responsabile dell’Unità Complessa di Farmacia, Maria De Michele, ossia il capo della dottoressa Angione, non è al corrente di quanto sarebbe stato concordato per le vie brevi? E come mai un dirigente sottoposto, prende accordi con la direzione strategica e con la ditta fornitrice?
La direzione strategica e la “moral suasion”
Il direttore generale del San Carlo, Massimo Barresi, sarebbe venuto a conoscenza del falso il 15 aprile, anche se i documenti lascerebbero aperto il dubbio che sapesse già prima della faccenda. La De Michele in una lettera inviata al responsabile dei procedimenti disciplinari, Patrizia Vinci (già, perché poi la De Michele è stata sottoposta a un procedimento disciplinare, ndr) scrive: …il mio sconcerto si è accresciuto ulteriormente quando il Direttore Generale ha ripetutamente adoperato tutte le sue capacità di “moral suasion” nel tentativo di convincermi che quella nota poteva non essere un falso e che io avrei potuto firmarla in un momento di confusione senza rendermene conto. Insomma, sembrerebbe che Massimo Barresi abbia fatto pressioni sulla De Michele affinché dichiarasse il falso. La lettera a Patrizia Vinci è del 24 giugno 2020, protocollo n. 20200023857.
“Ora ho paura”
Nella stessa lettera, la De Michele, racconta di una riunione convocata dal direttore generale a conclusione della quale Massimo Barresi dichiara di non considerare rilevante il falso documento in quanto, a suo giudizio, “palesemente non doloso”. Maria De Michele, fa notare a Patrizia Vinci che gli argomenti utilizzati dal Collegio di disciplina nei suoi confronti appaiono privi di fondamento e palesemente pretestuosi. “Mi sembrano – scrive De Michele – ispirati e diretti da un intento punitivo nei miei confronti. Vogliono forse spaventarmi? È stata avviata una manovra di accerchiamento punitivo ai danni della mia persona? Voluta da chi? E per quali finalità, dal momento che a tutt’oggi si è palesemente rinunciato all’accertamento della verità? Alla luce dei sentimenti che mi agitano…aggiungo una nuova confessione: ora ho paura.
“Trasferitemi altrove, lontano dall’Azienda ospedaliera San Carlo”. La lettera ai vertici lucani della Sanità
Da ultimo Maria De Michele scrive al direttore generale del dipartimento Sanità della Regione, Ernesto Esposito, e all’assessore alla Sanità, Rocco Leone. Ecco alcuni stralci: Ricorro a voi come mia ultima chance… Da qualche mese sono oggetto di un’attenta e sistematica delegittimazione del ruolo, nella funzione e nella professionalità che mi sforzo di esercitare con sicura onestà. Tutto questo perché ho osato evidenziare che un atto deliberativo aziendale contiene un documento falso a me attribuito. Da ultimo sono stata ripetutamente deferita al Collegio procedimenti disciplinari…Mi rivolgo a voi per implorare il mio trasferimento e/o comunque la mia utilizzazione lontano dall’Azienda ospedaliera San Carlo di Potenza, e comunque al servizio di una struttura bisognevole solo di prestazioni professionalmente corrette.
Alcune domande
Intanto, è strano che chiunque abbia saputo della falsità del documento non si sia rivolto immediatamente alla magistratura. Patrizia Vinci, per esempio, anziché proporre la questione alla autorità giudiziaria, avvia un procedimento disciplinare nei confronti di Maria De Michele. La stessa De Michele, avrebbe dovuto immediatamente sottoporre l’episodio alla magistratura. Tutto questo perché, se la De Michele non mente – e non c’è motivo alcuno di dubitare sulla sua onestà -si potrebbero configurare i reati di falso, abuso d’ufficio, istigazione a commettere falso ideologico.
È vero che Massimo Barresi ha chiesto alla direzione amministrativa di far sparire la nota con cui la De Michele smascherava il falso? È vero che della vicenda del denunciato falso ambienti vicini al presidente Vito Bardi fossero stati già informati? È vero che Massimo Barresi ha protocollato la nota della De Michele, solo a maggio? Chi ha falsificato la firma, e perché? Perché quei dispositivi inutili acquistati dalla Italfor S.r.l.? I vertici lucani della Sanità che cosa intendono fare?
Il documento con la firma falsa
Le e-mail
La lettera di De Michele a Patrizia Vinci
La lettera a Leone e Esposito