Cava alle falde del Vulture, Legambiente: “Qualcosa non quadra”
“La Via del progetto non prende in considerazione la componente naturalistica. Il Parco del Vulture e l’Ufficio Parchi della Regione Basilicata devono essere consultati. Non averlo fatto è un grave errore”
Con determina dirigenziale del 27 aprile scorso, l’Ufficio Compatibilità Ambientale del Dipartimento Ambiente della Regione Basilicata ha dichiarato chiusa, con esito positivo, la Conferenza di Servizi inerente il progetto di coltivazione mineraria di una cava di quarzareniti in località Monte Crugname nel Comune di Melfi per lo sfruttamento di sabbie silicee. Al termine di una procedura di Valutazione d’Impatto Ambientale (VIA) lunga tre anni, quindi, il progetto di coltivazione mineraria proposto dal cementificio Costantinopoli di Barile ha avuto l’assenso all’avvio delle attività.
Tutto bene allora? Non proprio, secondo Legambiente Basilicata. “Non ci sfugge il fatto – sottolinea Antonio Lanorte, Presidente regionale di Legambiente – che il progetto abbia avuto parere favorevole in merito alla valutazione d’impatto ambientale, in alcuni casi con prescrizioni, da tutte le Amministrazioni consultate. Certo, in questi casi, ad un’attenta analisi, la procedura VIA, come spesso succede in verità, lascia margini di dubbio ed elementi di incertezza, come se lo strumento fosse insufficiente a fornire un quadro esaustivo della situazione”.
“In aggiunta a ciò, nel caso specifico – sostiene ancora Lanorte – possiamo tuttavia ragionevolmente affermare che qualche elemento di valutazione sia stato del tutto omesso. Ci riferiamo, per essere espliciti, al possibile impatto della cava di Monte Crugname sulla componente naturalistica, quindi alla sua interferenza con flora, fauna ed habitat. Su questo aspetto va innanzitutto sottolineata l’approssimazione dell’analisi contenuta nello Studio di Impatto Ambientale commissionato da Cementeria Costantinopoli srl, che arbitrariamente classifica l’area di interesse come “Ambiente a Naturalità molto debole”. Sulla base di tale valutazione detto Studio giudica “trascurabile” l’impatto sulla componente naturalistica determinato nella fase di esercizio dell’attività. Tuttavia, la presunta “Naturalità molto debole” attribuita all’area di Monte Crugname, a noi sembra smentita da numerosi altri studi e, in primo luogo, da quelli che sono parte integrante della documentazione della Regione Basilicata a supporto della Rete Ecologica regionale. Questa considerazione ci spinge ad affermare che la VIA sulla cava di Monte Crugname debba essere integrata sia con il parere dell’Ufficio Parchi, Biodiversità e Tutela della Natura della Regione Basilicata che di quello del Parco Regionale del Vulture”.
“Certo – continua Lanorte – conosciamo l’obiezione a tale proposta, vale a dire che l’area della futura cava è fuori dal Parco, però ci sono almeno un paio di osservazioni a tale obiezione. Innanzitutto l’area di interesse per l’attività mineraria si trova solo a poco più di 1 km in linea d’aria dal confine del Parco del Vulture (e altrettanti dal fiume Ofanto), ma soprattutto, come da cartografia ufficiale della Regione Basilicata, è all’interno della prevista area contigua del Parco, elemento peraltro indispensabile, nel caso specifico, per portare ad omogeneità territoriale un Parco “spezzettato” come quello del Vulture. In secondo luogo, poi, nell’ottica di una tutela della biodiversità su base scientifiche e moderne, le connessioni ecologiche hanno importanza pari a quella delle aree protette. E l’area di Monte Crugname è probabilmente parte di un importante corridoio ecologico tra il Vulture e le aree protette della vicina provincia di Avellino. E, in ogni caso, questo è un aspetto sul quale le Amministrazioni competenti citate vanno necessariamente coinvolte per acquisire il loro parere”.
“Infine – conclude Lanorte – come considerazione conclusiva, benché sia lontana da noi qualsiasi volontà di demonizzazione di un’attività imprenditoriale di questo tipo, riteniamo tuttavia che non siamo di fronte ad un’opera di rilevanza prioritaria o particolarmente utile, se non, naturalmente per il committente. E avventurarsi a parlare di economia circolare associata all’attività di cava, come qualcuno tenta di fare, appare francamente fuori luogo. Piuttosto oggi, a nostro parere, in tutto il Paese e anche in Basilicata, è possibile ridurre il prelievo di materiali naturali in cava, attraverso il riciclo e una progettazione attenta ai processi e alle prestazioni degli interventi. E puntando su ricerca, innovazione e qualità dei prodotti si può tornare a far crescere imprese e occupati. Ridurre il prelievo di materiali e l’impatto delle cave nei confronti del paesaggio è quanto mai urgente e il fatto che sia possibile lo dimostrano i tanti Paesi europei dove si riduce la quantità di materiali estratti attraverso una politica incisiva di tutela del territorio, una adeguata tassazione e la spinta al riutilizzo dei rifiuti inerti provenienti dalle costruzioni. Questa sfida va percorsa coinvolgendo il mondo delle costruzioni oggi in profonda crisi, ed è l’unica strada possibile per dare un futuro a tante aree altrimenti condannate a vedere progressivamente degradata la propria identità e qualità del paesaggio. Non è utopia pensare di avere più imprese e occupati nel settore, proprio puntando su tutela del territorio e riciclo degli inerti che garantisce almeno il 30% di occupati in più a parità di produzione, e prospettive di crescita molto più importanti arrivando a interessare l’intera filiera delle costruzioni”.