Quando la musica aiuta a superare la malattia: addio a Ezio Bosso

18 maggio 2020 | 09:50
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Quando la musica aiuta a superare la malattia: addio a Ezio Bosso

Ritratto di un artista straordinario che ha saputo comportarsi come la ginestra leopardiana di fronte allo sterminator Vesevo

Quando ho appreso della scomparsa di Ezio Bosso, mi sono tornate in mente le parole di una canzone interpretata da Andrea Bocelli e Giorgia: «Vivo per lei da quando sai / la prima volta l’ho incontrata. / Non mi ricordo come ma / mi è entrata dentro e c’è restata». Potremmo sintetizzare così la vita di un uomo che ha fatto della musica la sua «amata immortale», unico sollievo nella sofferenza umana. Immagino la sua anima imprigionata per anni in una lastra di marmo, come gli Schiavi di Michelangelo.

Ascoltando il concerto per oboe e piccola orchestra di Richard Strauss, notiamo come la musica riesca a scavare la serenità nel marmo della malattia. Da quella lastra emergono il coraggio, il talento, la passione di chi non si è arreso alla sua condizione, ma ha lottato fino all’ultimo per la libertà. La musica è appunto questo: un respiro di libertà e speranza che allieta anche i momenti peggiori della vita.

Di Ezio Bosso mi resta il sorriso sincero, lo scacco matto al destino che bussa violentemente alla porta del cuore, come ricorda il celeberrimo attacco sul vuoto del primo movimento della quinta sinfonia di Beethoven. Mi restano le sue emozioni, che increspano il lago dell’animo umano: sono le note della sonata n. 14 Al chiaro di luna, grazie alle quali Ezio ha scelto di intraprendere gli studi musicali. La vita è simile allo splendido adagio della settima sinfonia, quel continuo alternarsi di chiari e scuri che la rende imprevedibile. E unica.

Ezio lo aveva capito e perciò ha continuato a esprimersi attraverso la musica – che, per dirla con Beethoven, parla dove le parole non arrivano – anche quando le forze progressivamente lo abbandonavano. Perché la musica era la sua forza, il faro nell’oceano tempestoso della malattia, la linfa che lo teneva in vita. Ezio si è comportato come la ginestra leopardiana di fronte allo «sterminator Vesevo»: sapeva che non avrebbe potuto resistere alla lava, eppure è rimasto lì, immobile, certo che nulla poteva separarlo dalla musica.

Un anno fa la notizia più dolorosa: non avrebbe potuto più suonare il pianoforte. «Potrò comunque dirigere», fu la sua eroica risposta. Ezio Bosso si è spento dopo un calvario lungo quasi dieci anni. Mi piace pensare che la musica lo abbia finalmente liberato dalla lastra di marmo che ne opprimeva il fisico, ma non lo spirito, che continuerà a essere ogni volta che ascolteremo una sinfonia o un concerto.

Ezio ci ha lasciato un grande insegnamento: diamo valore a ogni istante che ci è concesso vivere, rendiamo musica il tempo.