Crisi. La matrigna dei più deboli e la balia dei falliti

19 maggio 2020 | 10:40
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Crisi. La matrigna dei più deboli e la balia dei falliti

Il capitalismo straccione, la Fca e l’emendamento di LeU che esclude dagli aiuti di Stato le imprese con sede legale in paradisi fiscali

Dopo aver fatto incetta di profitti fregandosene dell’azienda, dei lavoratori, delle famiglie, del territorio, dell’inquinamento, alla prima grossa difficoltà corrono dalla tata: lo Stato.

La formula è semplice: sono troppo grandi per fallire. Grandi gruppi industriali, banche, fondi di investimento, multinazionali, aziende a partecipazione pubblica. I loro manager e proprietari incassano profitti, benefit, privilegi di dimensioni gigantesche. Intorno a questi business spesso si sviluppano aree grigie di corruzione, truffe, violazione di diritti umani, irresponsabilità sociale, evasione ed elusione. E qui entra in campo l’altra formula: sono troppo grandi per andare in galera. Pensate agli scandali bancari e finanziari di questi anni, ma potremmo andare oltre indietro nel tempo. Pensate a come è stata gestita l’Alitalia, alle banche, ai colossi dell’energia. Pensate alla Goldman Sachs responsabile della gravissima crisi del 2008, di nuovo in sella alla grande. Questo fior fior di capitalismo, detentore della sacra bibbia del neoliberismo, non ama il capitalismo. Perché in un’economia seriamente capitalistica queste società sarebbero state già spazzate via dal mercato.

E invece, dopo aver fatto incetta di profitti fregandosene dell’azienda, dei lavoratori, delle famiglie, del territorio, dell’inquinamento, alla prima grossa difficoltà corrono dalla tata: lo Stato. Quello Stato che, secondo le loro teorie, non dovrebbe mettere il naso nelle regole del libero mercato, e cioè nei fatti loro.  Quello Stato che però, ci deve mettere i quattrini per toglierli dai guai. Quando sono in difficoltà siamo noi contribuenti a salvarli, sempre. I governi gli garantiscono, senza alcun contratto scritto, una specie di polizza assicurativa sulla pelle dei cittadini. Non importa – cito N. Chomsky – quante volte faranno scelte azzardate, quando saranno nei guai i cittadini li salveranno perché “sono troppo grandi per fallire”.

I veri imprenditori, piccoli e medi, quelli che producono, quelli che amano la loro azienda, che rispettano i lavoratori, che pagano – malgrado tutto – le tasse, che seguono un’etica del lavoro e assumono seriamente le loro responsabilità sociali, possono fallire. Anzi, spesso falliscono, proprio per causa dello Stato che sgancia fior di quattrini per i ricchi e potenti detentori di rendite parassitarie, ma che si gira dall’altra parte quando un artigiano o un agricoltore, un piccolo imprenditore, chiedono dignitosamente un aiuto.

In quel momento esiste il rischio di impresa, il libero mercato, il capitalismo. E quindi sei un fallito, tu, loro mai.

Fca chiede 6,5 miliardi, Conte approva: “Sede all’estero ma lavoratori in Italia”. Ora lo Stato garantirà la Fca non per favorire la proprietà, ma per tutelare i posti di lavoro. Fa niente se paghi le tasse all’estero o sei hai sede legale in un paradiso fiscale: “noi dobbiamo tutelare i lavoratori.” Ecco, i lavoratori sono usati come scudo alla pari dei civili nei conflitti armati.

L’emendamento di LeU che esclude dagli aiuti di Stato le imprese con sede legale in paradisi fiscali è stato approvato in Commissione finanze alla Camera. Sarebbe una buona notizia. Ma vedremo come andrà a finire, non c’è di che essere ottimisti. Questa roba finirà nei meandri delle discussioni parlamentari o declinata secondo i voleri delle lobby. Prevarrà il solito principio di realtà: tutelare i posti di lavoro che tradotto vuol dire “salvaguardare i profitti e le ricchezze di lor signori”.