Quando ti tolgono i diritti diventi un bisognoso. E allora sei fottuto
La società dei bisogni ai tempi della pandemia
Quando ti tolgono i diritti diventi un bisognoso. La carità e la malintesa solidarietà verso i poveri, spesso ci fanno dimenticare la verità. Un bambino che ha fame, non ha “bisogno di mangiare”, ha il diritto di mangiare, di avere un’istruzione, di giocare, di vivere in un ambiente dignitoso, di avere l’educazione, la formazione che gli garantiscano opportunità per il futuro. Un disoccupato rimasto senza reddito, non ha “bisogno della mensa” e dell’uovo di Pasqua, ha il diritto al lavoro e a una vita che valga la pena di essere vissuta. La persona anziana in condizioni precarie di salute, non ha “bisogno di cure”, ha il diritto alla salute, all’assistenza sanitaria e sociale. La persona senza tetto che dorme sotto i ponti, non ha “bisogno” di un tè caldo, ha diritto a una casa, a un lavoro, alla salute.
Ecco, in questa società dei bisogni, sono scomparsi i diritti. E quando ciò accade siamo di fronte al sistematico disinnesco di qualunque detonatore di ribellione sociale e politica. Qui è il nodo. Certi bisogni devono essere collocati nella loro giusta dimensione politica, vale a dire nella dimensione dei diritti costituzionalmente garantiti. Parlo di quei bisogni che nascono dalla distruzione sistematica della dignità delle persone.
Di questi tempi, abbiamo tutti il bisogno di una mascherina, o di indumenti di protezione, o di essere curati in tempo, abbiamo bisogno di test diagnostici, di posti letto, di medici, di infermieri. Ed è evidente che quei bisogni nascono dalla distruzione della Sanità pubblica, vale a dire dalla distruzione di un diritto.
In molti hanno perso il lavoro e, per favore, non dite che quelle persone hanno “bisogno” di lavorare. Perché quando una donna o un uomo percepiscono un bisogno in luogo di un diritto, regaliamo altro potere ai dominatori dell’economia e della finanza. Multinazionali e banchieri, prima di tutti, dominatori delle nostre vite. Quelli che distruggono i beni comuni per il loro benessere privato. Loro hanno diritto ai finanziamenti statali, alle agevolazioni fiscali, alla flessibilità di qua e di là, perché loro danno lavoro. Capite dove siamo finiti? In una piramide rovesciata. Loro non devono ringraziare i lavoratori che consentono la produzione e la crescita economica, no. Sono gli operai che devono ringraziare i padroni – scusate il linguaggio novecentesco – che gli garantiscono la soddisfazione del bisogno di lavorare, vale a dire del bisogno di mangiare.
E badate, quando vogliono smantellare un diritto, per prima cosa tagliano i fondi o minano le condizioni di tutela di quel diritto, in modo da renderlo precario e trasformarlo in un optional di lusso. A quel punto i cittadini saranno costretti a percepire quel diritto come bisogno e si affideranno a chi può soddisfarlo o promette di soddisfarlo, cedendo in cambio pezzi di libertà e rinunciando ai diritti autentici e legittimi.
Ormai i capitani d’industria che galleggiano nello champagne con i soldi nostri sono dei miti della società capitalistica in questa fase del consumismo. Una società fondata sul consumo e sui bisogni, soprattutto sul bisogno di consumare. E non è un caso se il bisogno di consumare è tra i pochi bisogni a non avere nulla a che fare con i diritti.
In questa crisi da pandemia, tra una pubblicità seducente e un provvedimento statale favorevole stanno rinforzando i loro sistemi di controllo e di smantellamento dei diritti che ancora resistono. Specie nel mondo del lavoro.
Non a caso il paradigma metaforico della pandemia è la “guerra.” Così potete individuare il nemico non in loro signori ma nel virus. Così, come in una guerra, potete additare i traditori, elogiare gli eroi, rinunciare alle informazioni “riservate”, riabilitare il mito della difesa e quindi accettare le spese militari e digerire le eccezioni. E questa non è una guerra contro un virus, ma è l’ennesima battaglia per difendere i sacrosanti diritti dei cittadini.