Ospedale San Carlo. La direzione generale galleggia tra liti e conflitti

17 aprile 2020 | 18:18
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Ospedale San Carlo. La direzione generale galleggia tra liti e conflitti

Al centro di decine di contenziosi, l’azienda ospedaliera ospite fissa dei tribunali. Ecco come funziona la filiera delle cause legali

I contenziosi, sempre generati da conflitti e liti, sono indice di cattiva gestione aziendale. E se, come dichiarano alla direzione del San Carlo, i procedimenti civili e penali sono così numerosi da rendere sovraccarico il lavoro dell’Ufficio legale, le tasche dei cittadini sono continuamente a rischio prelievo.

I contenziosi di oggi e di ieri che si sono accumulati sono un indicatore della cattiva gestione dei rapporti con le risorse umane interne, con le imprese e i fornitori esterni.

A quanto pare, a qualcuno il massiccio ricorso alla magistratura da parte di cittadini, medici, paramedici, fornitori, può rappresentare una bella opportunità di guadagno: “tanto paga pantalone”. È il caso della transazione da 500mila euro di cui abbiamo già scritto, che segnala la facilità e magari la superficialità con cui vengono trattati i soldi dei cittadini.

E così, mentre si accumulano contenziosi, si accumulano anche incarichi, consulenze, prebende. Il caso del responsabile dell’Ufficio legale dell’Aor San Carlo è emblematico.

Appena arriva Massimo Barresi alla direzione, l’avvocato Domenico Carlomagno viene cooptato come facente funzione direttore dell’Unità complessa Gestione Economia e Finanze. Prende il posto dell’antipatico dirigente che aveva contestato la legittimità della nomina di Barresi medesimo. Domenico Carlomagno è spesso componente di Commissioni, mentre è Dirigente Professionale dell’U.O.S. “Affari Legali e Contenzioso”.

Dalla documentazione ufficiale, reperibile, del San Carlo scopriamo che l’avvocato dirigente è troppo carico di lavoro. Non a caso per sporgere querela contro 4 testate giornalistiche e contro il sindacato della Cgil per presunte diffamazioni, Massimo Barresi nomina un avvocato esterno, suo concittadino.

Nel frattempo scopriamo che l’avvocato Carlomagno oltre a percepire la retribuzione da dirigente dell’Ufficio legale arrotonda con denaro a “titolo di compensi difensivi”. E che vuol dire? Vuol dire che quando egli difende l’azienda sanitaria nei diversi processi in cui è coinvolta, percepisce compensi aggiuntivi. Lo prevede la legge, per carità, ma a volte la legge si interpreta a proprio uso e consumo. L’avvocato del San Carlo autocertifica la vittoria delle cause e non si comprende rispetto a quali parametri. Per Carlomagno, anche se il Tar declina la giurisdizione e compensa le spese, l’azienda ha vinto la causa. Bontà sua.

Nel 2020 Carlomagno, per le sue prestazioni extra del 2019 ha percepito, al netto degli oneri riflessi aziendali, euro 78.907,48. Tuttavia, l’avvocato è troppo carico di lavoro, tant’è che su 27 cause, in 14 mesi, come egli afferma, 20 sono state affidate ad avvocati esterni. E dunque quante sono questa cause? Quelle chiuse nel febbraio 2020, con esito “favorevole” per l’azienda, sarebbero 8.

Ad ogni modo la filiera degli affari legali dell’Aor San Carlo, ma anche di molte altre aziende pubbliche lucane, da sempre, funziona secondo uno schema ben preciso.

Faccio quello che mi pare, pur sapendo che sto forzando o addirittura violando le norme. Qualcuno farà causa, nel frattempo campa cavallo che l’erba cresce, l’obiettivo immediato di favorire tizio o caio, di sistemare sempronio, di distribuire prebende a destra e a manca è raggiunto. Intanto affidiamo all’avvocato amico di, parente di, con la tessera di, amante di… la difesa dell’azienda in modo tale che un altro tassello della filiera porti a casa un po’ di euro. La causa va avanti, il malaffare intanto è compiuto. Tra qualche anno l’azienda vince o perde la causa. Se la perde, quel che è fatto è fatto, paghiamo – con il denaro pubblico – e si chiude la faccenda. Se la vince, quel che è fatto è fatto, diffondiamo un bel comunicato stampa per esaltare le gesta eroiche della direzione. Comunque vada ha vinto il “malaffare”. Il direttore generale – o l’amministratore unico – di turno, intanto sarà passato ad un’altra poltrona, o sarà andato in pensione e dunque chissenefrega di com’è andata. E la giostra ricomincia con le regole ciniche del potere che non ha colore politico, anzi è caleidoscopico. A volte, il malaffare sta alle cause in tribunale come il cacio sui maccheroni. E già, perché bisogna aggiungere che certi processi finiscono con la mortificazione dei diritti dei cittadini che hanno ancora la forza e il coraggio di denunciare. Si veda la sentenza Tar Basilicata di cui abbiamo scritto.