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Coronavirus, il blocco delle attività costa 327milioni al mese alla Basilicata

10 aprile 2020 | 15:27
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Coronavirus, il blocco delle attività costa 327milioni al mese alla Basilicata

Tortorelli (Uil): Report rafforza la nostra proposta di un fondo regionale investimento sociale

ll lockdown riguarda 35.900 lavoratori dipendenti in Basilicata a cui aggiungere 43.700 lavoratori autonomi. La quota di valore aggiunto interessata dal lockdown è del 35.3%. Il blocco delle attività costa in Basilicata 327 milioni al mese, pari a 579 euro pro-capite. La perdita di fatturato per mese di inattività dei lavoratori autonomi consiste in 12mila euro, con una perdita di reddito operativo (EBITDA) di circa 2mila euro per mese di lockdown. Sono i dati  più allarmanti degli effetti da Coronavirus secondo uno studio realizzato dallo Svimez. Drammatica ed inedita l’emergenza economica, produttiva ed occupazionale che accompagna quella sanitaria. È quanto sottolinea il Segretario Generale della Uil Basilicata, Vincenzo Tortorelli.

Dal report – aggiunge Tortorelli – emergono in particolare tre elementi: l’emergenza sanitaria colpisce più il Nord, ma gli impatti sociali ed economici “uniscono” il Paese; il Sud rischia di accusare una maggiore debolezza rispetto al Centro-Nord nella fase della ripresa, perché sconta inevitabilmente la precedente lunga crisi, prima recessiva, poi di sostanziale stagnazione; occorre completare il pacchetto di interventi governativi per compensare gli effetti della crisi sui soggetti più deboli, lavoratori non tutelati, famiglie a rischio povertà e micro imprese.

Altri elementi di riflessione: al Nord l’impatto sull’occupazione dipendente risulta più intenso che nel Mezzogiorno (36,7% contro il 31,4%) per l’effetto della concentrazione territoriale di aziende di maggiore dimensione e solidità; la struttura più fragile e parcellizzata dell’occupazione meridionale si è tradotta in un lockdown a maggiore impatto sugli occupati indipendenti (42,7% rispetto al 41,3% del Centro e del Nord).
Per queste ragioni – dice  il segretario della Uil – valutiamo con grande attenzione le misure messe in campo o annunciate a livello nazionale e regionale.   Ci vuole una risposta straordinaria e robusta del livello locale nella crisi da Covid-19 per sostenere le esigenze di famiglie e cittadini e quelle delle imprese.
Nel Mezzogiorno e nella nostra regione il ‘cosa fare’ per risalire la china richiederà verosimilmente più fatica, più affanno e più malessere e marginalità sociale.

È intorno a queste valutazioni che si snoda la nostra idea-proposta di Fondo regionale di investimento sociale che può essere un ottimo strumento moltiplicativo di risorse e di reddito per gettare le basi sul dopo emergenza, la nostra idea-proposta di Fondo mutualistico che ha proprio la caratteristica di strumento finanziario a diretta emanazione regionale, con l’ausilio ed il sostegno dei soggetti legati alla rappresentanza sociale ed imprenditoriale. Pensiamo ad un fondo mutualistico di 200 milioni di euro, un prestito delle compagnie petrolifere da restituire a partire dal 2022 per la durata delle concessioni petrolifere al netto di quello che devono dare per le royalties, l’Ires, la fiscalità statale.

La Svimez -prosegue il segretario della Uil lucana-rafforza la nostra proposta ed insieme conferma l’allarme sulla straordinarietà dell’impatto del contagio da Covid 19 sul tessuto economico e sociale del Paese, del Sud e della nostra regione. I fattori che allarmano: economia molto dipendenti dalla domanda interna. Pochi stimoli dall’export. Maggiori rischi di avvitamento. A partire da quel rischio di default imprese Mezzogiorno 4 volte superiore rispetto al Centro-Nord con il rischio di ripetere il 2009 in assenza di interventi strutturali sul fronte degli investimenti.

La nostra è la ‘risposta locale’ energica, forte, qualificata che fa la differenza in questa emergenza. Anche per semplificare l’accesso alle misure del Governo e dallo Stato centrale e per irrobustirle, rispetto ad una perdita di circa 2mila euro pro capite, la compensazione statale si ferma a circa il 30%. Tre le gambe del Fondo per investimenti sociali che si propone: 1) la necessaria liquidità delle imprese e degli autonomi; 2) i bisogni urgenti e nuovi delle famiglie specie dei giovani e degli anziani colpite da Covid-19; 3) il terzo settore ed un nuovo modello socio-sanitario come sistema di protezione comunitaria, tutto da inventare finanziando strutture non in base ad una faticosa selezione di progetti, ma verso le organizzazioni con requisiti minimi di continuità, di esperienza, di radicamento nei territori .