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Basilicata. Il coronavirus fa emergere le sciocchezze sul petrolio

22 aprile 2020 | 11:18
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Basilicata. Il coronavirus fa emergere le sciocchezze sul petrolio

L’ironia della storia si scatena nei confronti di chi ha continuato con la solita retorica dell’oro nero “che è la nostra fortuna”

La crisi petrolifera pare sia solo all’inizio. L’ironia della storia si scatena nei confronti di chi ha continuato con la solita retorica dell’oro nero, della ricchezza petrolio “che è la nostra fortuna.” Purtroppo la crisi avrà effetti sul bilancio regionale e quindi sui lucani. Le esultanze propagandistiche, dovremmo ormai averlo imparato, sono pericolose per chi le usa e per chi ci crede.  Insomma il calo a picco del prezzo del greggio potrebbe mandare a gambe all’aria molte delle previsioni contenute negli accordi con le multinazionali Eni e Total. Anzi, con Eni l’accordo non è ancora chiuso. E potrebbe mortificare le pretese progettuali e i programmi di “sviluppo” ipotizzati dalla Regione con quelle risorse. Insomma, piove sul bagnato. E se dopo la pandemia, le cose andranno come devono andare, assisteremo a un declino globale della domanda di petrolio. Tutti quei milioni e quelle belle intenzioni racchiusi nell’accordo con la Total potranno trasformarsi in uno scherzo del destino, un incubo dopo il sogno fatuo

Intanto Eni è nei pasticci. Non solo per la conferma di Descalzi, ma perché, in questa fase è diventato scalabile. Le indiscrezioni di Bloomberg e del Wall Street Journal parlano di un probabile investimento azionario in periodo Covid19 da parte del Fondo Sovrano saudita PIF (Public Investment Fund). Una scalata a tutti gli effetti. Eppure, negli ambienti vicini a Eni la faccenda pare creare entusiasmo.

Anzi l’ingresso dei Fondi Sauditi nel capitale dell’azienda energetica italiana viene considerata una vincita alla lotteria. E qualcuno, come FederPetroli, gira addirittura la frittata: “per l’Italia questa manovra non diventa una scalata, ma bensì una forte nota di merito. Purtroppo il nostro Paese, debole e spaventato dai mercati esterni, valuta gran parte di forme di investimento, scalate ostili. L’importante è che la Governance resti italiana.”  Staremo a vedere. Intanto non è escluso che le trattative con i sauditi siano in corso da tempo. E questa potrebbe essere una delle ragioni della conferma di Claudio Descalzi al vertice di Eni, in quanto garante della “scalata” saudita nel capitale dell’azienda. Tutto questo in piena guerra petrolifera tra Russia e Arabia Saudita.

Torniamo in Basilicata. In questo scenario, di crisi petrolifera e di oscure manovre sui mercati azionari, i vertici della Regione Basilicata, al momento, non dicono una parola. Eppure, la faccenda è seria. Sia Eni, sia Total, potrebbero provare a cambiare le carte in tavola con giochi di prestigio giuridici per far valere sul tavolo degli accordi modifiche a loro vantaggio. Sappiamo chi sono e che cosa hanno fatto questi signori. Non c’è da fidarsi. Certo, le compagnie continuano ad estrarre a deposito e i ristorni sono calcolati sui barili estratti. Ma ormai non si sa più dove mettere il greggio superfluo. Certo, tutte le altre risorse sono legate alla concessione. Tuttavia, non è detto che, se la crisi prenderà una piega che ormai tutti prevedono, esiste un rischio molto serio di svuotamento, magari parziale di alcuni contenuti degli accordi. Per il 2021 l’Eni prevede una riduzione degli investimenti di circa 2,5-3 miliardi, pari al 30-35% in meno di quanto aveva previsto.

Ripetiamo. La speranza è che le compagnie siano costrette dal loro stesso Mercato a sloggiare dalla Basilicata. In tal caso perderemmo qualche spicciolo e guadagneremmo le basi per una rinascita dei fattori di sviluppo endogeni. Ma bisogna finirla con la storia della ricchezza dell’oro nero.

Matteo Salvini
Bardi