Basilicata. Dopo il virus, la protesta
In molti ormai pensano che questa amministrazione regionale sia inadeguata ad affrontare e gestire i problemi sul tappeto. E allora?
Ai tempi di Pericle c’era la democrazia. I cittadini avevano la libertà di parola e si riunivano nell’agorà per prendere insieme le decisioni che riguardavano la città. Per partecipare però era necessario avere una vasta cultura e una sufficiente capacità di linguaggio. Requisiti fondamentali per poter discutere con gli altri e affrontare i problemi della città. Siamo ad Atene nel V secolo avanti Cristo.
Furono i Sofisti a capire l’importanza dell’educazione alla politica per consentire a tutti i cittadini di partecipare all’agorà. La politica è un’arte, l’arte di ragionare insieme, e come tutte le arti bisogna impararla. Perciò fondarono delle vere e proprie scuole di politica.
Dunque già allora l’idea che la democrazia dipendesse dalla capacità dei cittadini di partecipare alle discussioni e alle decisioni che riguardano la cosa pubblica era ben affermata.
Certo, quella democrazia era basata su un sistema economico schiavista e la sfera pubblica escludeva coloro che non erano cittadini. Ma questa è un’altra storia che ci rimanda alle condizioni attuali del rapporto tra potere politico e democrazia deliberativa: quanti cittadini oggi come allora, sono esclusi dalla partecipazione al discorso pubblico perché privi degli strumenti intellettuali necessari?
La democrazia si nutre di cultura
Facciamo un salto di venticinque secoli e atterriamo immediatamente sulle pagine scritte dal filosofo e sociologo Jurgen Habermas. Egli affronta il tema della democrazia deliberativa nel quadro della sua teoria dell’agire comunicativo. Per Habermas la possibilità di una democrazia autentica nelle società complesse come la nostra, articolate intorno al mercato autoregolato e alla burocrazia statale, dipende innanzitutto dal ruolo attivo della società civile, della sfera pubblica e dei movimenti di protesta. Tuttavia, affinché esista una democrazia sostanziale, autentica, occorre una società civile informata, politicizzata e perciò capace di mobilitarsi. Una delle condizioni fondamentali è che ci sia un livello alto di cultura politica tra i cittadini e una cittadinanza abituata all’esercizio delle libertà.
Guardiamoci intorno e scopriamo che nel tempo la legittimità del potere politico è dipeso quasi esclusivamente dal sostegno elettorale ottenuto nelle urne e sempre meno da un consenso qualificato preceduto da processi di deliberazione pubblica. E questo perché, soprattutto nei territori più esposti alla soccombenza del potere locale, i cittadini non hanno gli strumenti per esercitare fino in fondo il ruolo politico che gli spetta di diritto. E spesso, quelli che hanno gli strumenti preferiscono esercitarli (o non esercitarli) in funzione di interessi egoistici. Rimane il fatto che una grossa fetta di cittadini non è in grado di partecipare al discorso pubblico con la necessaria qualità di cultura, linguaggio e competenze politiche.
Frasi del tipo “i cittadini hanno i politici che si meritano”, “loro li hanno votati”, “siete dei pecoroni”, e così via, che spesso leggiamo o ascoltiamo nella vulgata hanno un loro fondamento ma non muovono di un millimetro la questione.
E la questione è educativa e culturale. Fino a quando ci sarà una grossa fetta della popolazione incapace di partecipare al discorso pubblico con il necessario bagaglio di cultura, la democrazia sarà inquinata da una legittimazione di un potere politico scadente che a sua volta alimenta una scarsa qualità della base sociale del consenso.
Se ad amministrare una regione sono stati delegati degli incapaci, la delega è conseguenza di una cittadinanza incapace che a sua volta è vittima di un sistema educativo – in senso ampio – ridotto, intenzionalmente, a brandelli.
Una volta c’erano le scuole di formazione politica (quelle vere) e non a caso, nonostante tutto, il Paese poteva contare su uomini politici di elevata statura, a prescindere dalle loro posizioni politiche. C’erano luoghi di discussione e di apprendimento che erano le sezioni dei partiti e le sedi delle associazioni civili e culturali di massa. È una semplificazione, certo, ma che aiuta a capire il motivo per cui, senza un ritorno all’educazione politica la democrazia e le libertà saranno sempre più sottomesse a regimi fintamente democratici.
La Basilicata non può aspettare
Quando, riferendoci ai lucani, affermiamo che sono “pecoroni” o che non sanno votare, dobbiamo considerare la realtà appena descritta.
Ad ogni modo qui non possiamo aspettare l’arrivo di nuovi sofisti né una campagna massiccia di educazione alla politica e di elevazione culturale della popolazione.
In Basilicata, dove non sarebbe esagerato ormai parlare di legalismo autocratico, è legittimo e legale l’attuale governo Bardi. Qui tutto ciò che è legale è legittimo e solo ciò che è legittimo è legale. Tuttavia molti ormai pensano che questa amministrazione regionale sia inadeguata ad affrontare e gestire i problemi sul tappeto. Ed è ormai evidente che il mandato elettorale è usato al servizio di un’agenda confusa, impregnata di incertezze e ricamata sulla brama del potere fine a se stesso. Governare una regione è cosa diversa dal comandare una pattuglia di assessori litigiosi e un plotone di consiglieri regionali “fratelli coltelli”
E quella legittimità è garantita dal sostegno elettorale ottenuto alle urne dal centro destra. E dunque, dobbiamo tenerci questo governo fino alla scadenza naturale?
Una protesta diffusa e organizzata metterebbe in discussione quella legittimità poiché la legittimazione del potere non è resa legale dalle procedure e dalle leggi, ma dal consenso della popolazione. I cittadini, in pratica, quando percepiscono ingiusti o illegittimi provvedimenti e comportamenti del potere politico hanno il diritto (la legittimazione) di protestare e rovesciare quel potere. È legale aspettare le nuove elezioni, ma è legittimo e altrettanto legale, protestare e ritirare il consenso probabilmente mal riposto, in qualsiasi momento. E questa protesta dovrebbe essere la priorità subito dopo la crisi da coronavirus. A buon intenditor basta uno sguardo.