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Coronavirus. Dopo la pandemia, che vita sarà?

21 marzo 2020 | 14:32
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Coronavirus. Dopo la pandemia, che vita sarà?

Fallire anche questa volta potrebbe essere fatale

Certo è che la nostra vita non tornerà alla normalità in tempi brevi. E la normalità non sarà la stessa che abbiamo concepito fino a ieri.

Infatti, ci dicono alcuni studiosi, non finirà qui. Finché qualcuno nel mondo avrà il virus, le epidemie continueranno a ripetersi, senza controlli rigorosi per contenerle. In un rapporto di qualche giorno fa, ricercatori dell’Imperial College di Londra hanno proposto un metodo di controllo: imporre misure di distanziamento sociale più estreme ogni volta che i ricoveri nei reparti di terapia intensiva iniziano ad aumentare, e rilassarli ogni volta che i ricoveri diminuiscono. Insomma, una specie di ansia a dondolo collettiva, una convivenza forzata con il virus (o anche con i virus) che dovrà diventare parte della normalità.

Gli scienziati

“C’è una relazione diretta tra le conseguenze dell’azione dell’uomo e la diffusione di malattie devastanti come l’attuale pandemia.”

“C’è uno stretto legame tra la perdita di biodiversità, i cambiamenti climatici, le alterazioni degli habitat naturali e la diffusione delle zoonosi, ovvero le malattie trasmesse dagli altri animali all’uomo e di cui anche l’attuale coronavirus che è diventato pandemia fa parte.”

“Confrontando i dati genetici ad oggi disponibili per diversi tipi di coronavirus, possiamo risolutamente determinare che il Sars-CoV-2 si è originato attraverso processi naturali” – afferma Kristian Andersen, dello Scripps Research Institute di La Jolla che ha condotto il lavoro”

Questo dicono in sintesi molti scienziati. Il coronavirus è di origine naturale ed esiste un legame tra inquinamento, cambiamenti climatici e malattie pandemiche.

I “complottisti”

E poi ci sono le tesi cosiddette “complottiste” tra le quali la più accreditata è quella che attribuisce agli Usa la responsabilità della pandemia. Gli americani avrebbero bio-ingegnerizzato il virus, lo avrebbero portato in Cina per indebolire l’economia di quel Paese.

Altri aggiungono: “attenzione non gli americani, in quanto popolo, ma un manipolo di psicopatici ricchi detentori di fondi di investimento, legati ad ambienti militari e guerrafondai.” Insomma un intreccio terribile tra questi ambienti, i padroni del big data, i big pharma e così via. Gente, dicono, che scommette sul crollo delle borse e sulle guerre per incassare profitti miliardari. Gente che gioca a destabilizzare le democrazie occidentali per accrescere il proprio potere. Si tratterebbe di poteri che mirano a creare un ordine mondiale in cui i cittadini vengano sottoposti alle regole totalitarie di un élite planetaria. Insomma, queste tesi affermano che il virus sia stato diffuso deliberatamente.

Alcune tesi che dissentono dall’informazione ufficiale – e che non definirei complottistiche- non fanno altro che mettere in fila dubbi legittimi, anche fondati, lasciando aperte le risposte.

Quale potrebbe essere la verità?

Non si tratta di stabilire una verità assoluta. Tuttavia, l’opinione pubblica ha modo di verificare oggi due dati di realtà. Il primo è che i cambiamenti climatici, l’inquinamento, la distruzione della biodiversità, la tortura della natura da parte dell’uomo, sono causa di gravi tragedie. E come dicono molti scienziati anche delle pandemie da virus. Dunque, sotto accusa è il sistema economico e sociale fondato sul capitalismo, specie in questa fase neo-consumistica.

Il secondo dato di realtà è che dalle tragedie, e in questo caso, dalla pandemia di coronavirus, c’è sempre qualcuno che ci guadagna (pochi) e tanti altri che ci rimettono (intere popolazioni).

Ma c’è un terzo dato che riguarda le condizioni di difesa sanitaria dalle pandemie. E per questo ci affidiamo a Noam Chomsky: “L’assalto neoliberista ha lasciato gli ospedali impreparati. Sono stati tagliati i posti letto in nome dell’‘efficienza.” E aggiunge: “In generale, questa crisi è l’ennesimo, importante esempio del fallimento del mercato, proprio come lo è la minaccia della catastrofe ambientale. Il governo e le multinazionali farmaceutiche sanno da anni che c’era la forte probabilità di una grave pandemia, ma siccome non giova al profitto prepararsi a questa eventualità, non si è fatto nulla.”

Che cosa si dovrebbe fare dopo la pandemia

Dunque, le conseguenze a lunga scadenza di questa pandemia sono difficili da prevedere oggi. Abbiamo bisogno di molti dati e di molti approfondimenti sia sul versante della salute, sia su quello dell’impatto a livello dei sistemi produttivi e dei sistemi sociali. È vero che la storia è piena di pandemie, ma la condizione del mondo contemporaneo rende quella attuale ancora piena di incognite.

Ma qualcosa possiamo prevederla. L’intero sistema produttivo e di consumo è destinato ad una profonda trasformazione. Filiere corte, economia circolare, produzioni locali, insomma economia e sviluppo sostenibili dovranno diventare un obbligo. Il quadro legislativo di interi Paesi dovrà tenere conto di questa necessità. Ci sarà la necessità di un realistico Green New Deal e di regole che tutelino il pianeta dalla violenza cui è stato sottoposto in questi ultimi due secoli.

Un impegno mondiale contro la povertà e le malattie – libero dai condizionamenti di interessi nazionali o di business –  e una nuova stagione di giustizia sociale, di libertà e di democrazia sostanziale.

Riformare i sistemi economici e sociali sarà necessario anche perché non possiamo prevedere l’impatto psicologico che la pandemia avrà sulle popolazioni, e questo è un problema da non sottovalutare. Siamo tutti indeboliti, esposti a crisi depressive, di ansia e di instabilità emotiva.

Tutti noi dovremmo fare una seria diagnosi delle patologie della società contemporanea. A naso è evidente che l’espansione incontrollata del consumismo, del potere tecnocratico dei servitori del neoliberismo, dei poteri finanziari e del capitalismo digitale sono causa fondamentale dei fenomeni patologici dell’economia, della politica e della società occidentali.

Sul piano politico si potrebbe verificare un’espansione del consenso in favore di partiti ambientalisti e una crescita dell’attenzione nei confronti dell’economia civile, di una nuova cooperazione sociale ed economica tra paesi, degli organismi del volontariato.

Le due alternative

Il futuro dipende molto dalle popolazioni le quali dovranno trasformarsi immediatamente in un corpo unico di società civile internazionale, mondiale. Una società civile che faccia pressione sui governi affinché adottino tutte quelle misure di profonda trasformazione necessarie all’avvio di un nuovo percorso dell’umanità. Un moto planetario che costringa i potenti della terra a cambiare rotta o a cambiare mestiere.

Un compito importante spetterà agli intellettuali illuminati i quali dovranno orientare la società civile mondiale nella direzione di un rovesciamento radicale degli attuali sistemi sociali inquinati dalle patologie tipiche del capitalismo. Occorrerà produrre cultura, diffondere una nuova pedagogia della libertà e della convivenza tra essere umani e natura, tra individualità e comunità.

Sarà necessario liberare, finalmente, “il mondo della vita” dalla colonizzazione del mercato e del denaro.

Non sarà facile. Tuttavia, l’alternativa sarebbe il rafforzamento delle tendenze autoritarie, la limitazione delle libertà individuali, una pericolosa metamorfosi della democrazia, il consolidamento del capitalismo selvaggio. Saremo tutti in un nuovo panottico, costretti alla sopravvivenza e sedotti dalle catene delle certezze egoistiche, vittime delle distorsioni economiche e politiche provocate dall’élite nella nostra vita quotidiana.

Conclusioni provvisorie

Guardiamo all’Umanesimo e al Rinascimento dopo la peste bubbonica che colpì l’Europa tra 1347 e 1351. Ricordiamo l’Illuminismo dopo la peste del 1630. E magari immaginiamo il risveglio e la rinascita dell’Umanità in una nuova luce della Ragione, dopo la pandemia del 2020. Prima, però, è necessario riflettere sui fallimenti della Storia per costruirne una migliore. E adesso abbiamo tutto il tempo per farlo, soprattutto se prendiamo in mano alcuni libri anziché il telecomando puntato sui talk show.