Coronavirus Basilicata. Costretto a chiamare i carabinieri: “Che fine ha fatto il mio tampone?”
Un 38enne di Potenza attende, dal 25 marzo, l’esito del test: “sono psicologicamente devastato”
Ha chiamato i carabinieri per sapere che fine avesse fatto il suo tampone. E’ chiuso in casa, o meglio nella sua stanza, ormai da oltre tre settimane, un 38enne di Potenza. L’uomo, avendo sintomi quali tosse e febbre, si era messo in autoisolamento in attesa di poter essere preso in carico per un test. Dal 12 marzo un medico dell’Asp, dopo la segnalazione del suo medico curante, aveva registrato il suo caso e l’avvio della quarantena.
Il 38enne, che vive con la madre ultrasettantenne, ha evitato il più possibile ogni contatto con la donna chiudendosi in una stanza da cui però è stato costretto a uscire quando anche lei ha avuto presunti sintomi influenzali.
Dopo aver aspettato giorni, e dopo aver chiamato, Asp, Polizia e Prefetto, finalmente il 25 marzo scorso, gli viene fatto il test per verificare l’eventuale positività al Covid-19.
L’attesa però non è finita. Infatti, ad oggi, l’uomo ancora non sa quale sia l’esito. E intanto sono trascorsi altri sette giorni. E così stamane ha chiamato i carabinieri i quali gli hanno assicurato che in serata, o domattina al più tardi, lo avrebbero contattato dall’Asp.
L’uomo continua ad avere la tosse e in alcuni momenti qualche difficoltà a respirare. “Per carità- spiega potrebbe essere una bronchite o chissà magari un’allergia, ora non ho più la febbre, almeno. Però credo non sia giusto aver aspettato tanto prima di poter fare il tampone e dover attendere ancora per conoscerne l’esito. Se non ho il coronavirus, come mi auguro, potrei avere una bronchite, sono un soggetto a rischio, e non avendo potuto prendere un farmaco adatto, comunque la mia salute potrebbe averne risentito”.
C’è poi un altro aspetto che non va sottovalutato e che sta mettendo a dura prova chi, come lui, è costretto a subire, “inspiegabili” ritardi dalla macchina sanitaria messa in piedi per l’emergenza coronavirus. “Questa cosa–racconta il 38enne- mi sta devastando psicologicamente. Comprendo che l’emergenza in corso possa aver creato qualche difficoltà, ho il pensiero fisso a chi, colpito dal virus, non ce l’ha fatta o sta lottando per sconfiggerlo…ma io non ce la faccio più, voglio sapere”.
In merito ai tamponi, più volte abbiamo scritto su questa testata, raccogliendo gli appelli di persone che pur avendo sintomi avevano dovuto imbattersi in situazioni simili a questa fin qui raccontata. Così come abbiamo dovuto raccontare di chi purtroppo, dopo aver atteso tanto è finito intubato in rianimazione e di chi non ce l’ha fatta.
Di queste “anomalie” avevamo chiesto spiegazioni all’assessore alla Salute della Regione Basilicata, Rocco Leone, il quale ci aveva assicurato sarebbe andato fino in fondo, salvo poi rifiutarsi di parlare di nuovo con noiper un’intervista a lui non gradita.
Lo stesso coordinatore della Task Force regionale, Ernesto Esposito, il 25 marzo scorso sempre in un’intervista pubblicata su questo giornale, sui ritardi ci aveva testualmente risposto: “Mi sembra strano perché avevamo avuto una difficoltà, siamo partiti su tre fronti e non ci sono più tamponi da esaminare, non abbiamo arretrati. Facciamo direttamente quelli correnti”.
Se le dichiarazioni del coordinatore della Task Force hanno un peso allora dovremmo pensare che il 38enne ci abbia raccontato una storia completamente inventata. Purtroppo pare che le favole le racconti qualcun altro e non chi è costretto a stare chiuso in una stanza, a contare le mattonelle, in attesa di sapere se sia positivo o meno al virus.
Intanto proprio oggi i sindacati Fp Cgil e Cisl Fp hanno inviato una diffida al Prefetto di Potenza, all’assessore regionale alla Sanità, alla task force regionale, all’unità di crisi regionale, nonché alla Procura della Repubblica del Tribunale di Potenza sui ritardi nella processazione dei tamponi ai lavoratori della sanità lucana, tra i quali anche quelli a contatto con persone risultate positive.