Basilicata in letargo. I rivoluzionari della domenica che scompaiono il lunedì
Logorroici sui social, muti nella realtà. L’opinione pubblica dispersa in mille profili di inutili urlatori del dopo cena
In questa riflessione ci poniamo una domanda: la sfera pubblica in Basilicata è capace di esercitare la funzione di controllo o, almeno, di vigilanza, sul potere politico?
Per sfera pubblica intendiamo gli spazi in cui le persone – cittadini – discutono dei problemi di interesse generale, pubblico, cioè di questioni che non sono private o individuali, ma che riguardano tutti.
A vista d’occhio sembrerebbe che la sfera pubblica si sia allargata notevolmente perdendo, però, l’impulso critico e dunque la capacità di vigilare e controllare sul potere politico.
Quando – nel secolo scorso – lo spazio della partecipazione politica era prevalentemente collocata nelle dinamiche dei partiti politici, ossia nelle sezioni, nei luoghi di dibattito dove era possibile condividere o confrontarsi in un discorso pubblico, le cose apparivano in altro modo.
Sul piano della comunicazione prevalevano la televisione, la radio e i giornali che favorivano una ricezione più tranquilla e riflessiva dell’informazione, anche se più passiva e magari acritica nei destinatari.
Con l’avvento di Internet – attraverso i social – le persone riacquistano un ruolo attivo nella comunicazione. Tuttavia, l’eccesso di informazioni e la mancanza di filtri affidabili hanno favorito forme di banalizzazione e manipolazione per cui la qualità del discorso nella sfera pubblica ha raggiunto livelli molto bassi.
Venuti meno gli spazi tradizionali della partecipazione alla sfera pubblica, si sono ridotte le forme di protesta, politicamente fondate, a livello di massa e si sono allargate le forme di “critica” individuale sui social, spesso senza alcun aggancio a sfere politiche e culturali. L’opinione pubblica in pratica, disperdendosi sui social, è diventata più manipolabile. E quando è diventata manipolabile, la capacità di controllo e vigilanza sul potere politico si è notevolmente ridotta. Anzi, assistiamo a un rovesciamento delle parti. Grazie a internet il potere politico e, aggiungiamo quello economico e finanziario, controllano l’opinione pubblica.
In Basilicata queste dinamiche hanno trovato terreno più fertile che altrove per causa della già condizione storica di passività della cittadinanza. Cittadini – o meglio elettori – mediamente passivi che percepiscono la discussione pubblica come una variabile della cultura dell’intrattenimento. Questo anche perché la politica si rivolge ad un pubblico ridotto alla condizione di “elettorato” piuttosto che ad un pubblico capace di opinione e di cultura del confronto. E quindi i partiti oggi offrono opzioni politiche trattate come prodotto da pubblicizzare attraverso i mezzi di comunicazione. Si offre un prodotto a consumatori passivi, piuttosto che sostenere argomenti davanti a un pubblico attivo di cittadini.
Un pubblico siffatto è facilmente manipolabile da coloro che oggi sono i veri protagonisti della sfera pubblica: partiti e mezzi di comunicazione e di informazione. Dietro le quinte ci sono personaggi che incarnano simbolicamente il loro potere o status dinanzi a un pubblico praticamente muto, seppure logorroico sui social. Assistiamo in Basilicata a una progressiva depoliticizzazione della sfera pubblica che danneggia gravemente la capacità di controllo e vigilanza dei cittadini sul potere politico.
Ecco perché, forse, nei fatti ci lasciamo scivolare addosso episodi gravi di mala politica, di abuso di potere, di corruzione, di arroganza delle istituzioni burocratiche. Mentre, all’apparenza, si sbraita sui social, ognuno dalla sua stanza col divano, dispersi in mille profili, inutili urlatori della sera dopo cena. Tutti rivoluzionari della domenica, ma poi il lunedì non c’è mai nessuno. Anzi il lunedì si torna ad essere muti, ciechi e sordi.
Esiste un divario enorme tra sapere e agire. Veniamo a sapere, magari attraverso i social, di inquinamento, licenziamenti, abusi, vessazioni, violenze, illegalità, mala politica, ma non reagiamo. Non assumiamo l’impegno a una reazione collettiva, restiamo spettatori, comodamente seduti davanti al nostro profilo social. Nel migliore dei casi buttiamo lì un post di indignazione con la speranza di suscitare qualche like. Ecco, come siamo messi. Molto male.
Uscire dal torpore culturale e politico, e dalla “beata” solitudine domestica, potrebbe essere una delle soluzioni al letargo della sfera pubblica lucana. È compito di alcune minoranze illuminate tentare un’operazione “risveglio”. Ci riferiamo a quel poco di stampa libera – noi compresi – che si ostina a scuotere l’opinione pubblica, a quell’associazionismo culturale che si ostina a introdurre forme innovative di diffusione dell’arte e della cultura, a quei settori della politica e del sindacalismo che ancora conservano il senso della missione sociale.