L’intrigo lucano. L’autoritratto di Leonardo è una bufala?

11 gennaio 2020 | 15:16
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L’intrigo lucano. L’autoritratto di Leonardo è una bufala?
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L’intrigo lucano. L’autoritratto di Leonardo è una bufala?

Troppi misteri intorno ai protagonisti della “sorprendente” scoperta della Tavola di Acerenza

Tra il 2008 e il 2009  Nicola Barbatelli – storico dell’arte, studioso di storia medievale, come egli si definisce – ritrova, a suo dire, la Tavola di Acerenza in una casa privata a Salerno, senza specificare i reali proprietari i quali credevano fosse un ritratto di Galileo Galilei.  Barbatelli si affretta a dichiarare che in realtà la tavola è un autoritratto di Leonardo Da Vinci.  Leonardisti molto importanti come Carlo Pedretti e Alessandro Vezzosi dichiarano – al contrario –  il primo che si tratta di un dipinto del 1700, il secondo di un altro pittore di metà 1500. Ma Barbatelli va avanti per la sua strada, per cominciare e coordinare le ricerche scientifiche costituisce un team con l’avvocato Raffello Glinni e l’ingegnere Giandomenico Glinni.

Intorno a quella tavola si sviluppano, all’istante, dibattiti tra studiosi pro e contro la tesi di Barbatelli. Una tesi che serpeggia con forza in ambienti culturali, istituzionali, sia in Italia che all’estero. Si tratta solo di un dibattito tra storici dell’arte ed esperti leonardiani? Non proprio. Intorno alla tesi di Barbatelli emergono interessi poco chiari e circostanze dubbie.

La tavola delle contraddizioni

Nel 2010 grande convegno a Chieti con relatori di varie Università e una mostra-convegno a Tallinn (e Sorrento), seguito dalla pubblicazione del libro È Rinascimento. Leonardo, Donatello e Raffaello. Capolavori a confronto.

Il libro è da leggere attentamente: a pagina 13 l’allora ambasciatrice in Estonia scrive, che l’opera, dopo approfonditi studi, è stata ora attribuita con sicurezza a Leonardo da Vinci.

A pagina 26 Barbatelli scrive: È comunque necessario sottolineare che nessuna indagine scientifica e nessuna prova tecnica potrà mai sostituirsi all’esame storico-artistico di un’opera d’arte il cui riconoscimento resta ovviamente vincolato al solo occhio critico dello storico dell’arte…”

La considerazione ha il suo interesse se si pensa che VittorioSgarbi, del tutto scettico sulla tavola che definì una crosta del valore di 1.000 euro a Porta Portese, venne minacciato di querela da parte di Barbatelli.

Sgarbi e Barbatelli successivamente avrebbero fumato il calumet della pace, ma di recente il primo ha di nuovo pesantemente attaccato il “collega” rilasciando dichiarazioni di fuoco in vista della mostra “Leonardo da Vinci – The Genius” che da novembre 2019 ad aprile 2020 a Torino avrebbe esposto la Tavola Lucana. Vittorio Sgarbi si arrabbia: “Una patacca immonda, una bufala, vale non più di 2mila euro. Non esponetela a Torino, se la espongono ancora farò delle interrogazioni parlamentari». La «patacca immonda» contro cui si scaglia con la solita veemenza il critico d’arte è la “Tavola lucana”, altrimenti detta “Tavola di Acerenza” o “Ritratto di Acerenza”.

Sempre alla pagina 26 si legge della presenza alla mostra di Tallinn della tavola “La predica di San GiovanniBattista” (e di una terracotta di Donatello di proprietà del Louvre) certamente attribuita a Raffaello Sanzio. La vera tavola si trova però al National Gallery di Londra la cui direzione ci conferma che l’unica volta che la tavola è stata esposta all’estero risale al 2006 a Città di Castello.

Alla pagina 32 è scritto che nel libro “Napoli antica e moderna” dell’abate Domenico Romanelli si parla di un autoritratto di Leonardo presente a Palazzo Baranello in Napoli. La notizia è vera, ma il Romanelli parla di un Santa Cecilia sempre di Leonardo, di un Cristo nell’orto di Michelangelo, di alcuni Raffaello, Durer, Rubens sparsi in altri palazzi nobiliari.

A pagina 33: c’è scritto che la tavola di pioppo è databile, in base agli studi effettuati, al 63% tra il 1459 e il 1523. In verità il professor Filippo Terrasi, che ha partecipato allo studio, ha scritto che al 95% di probabilità esistono “due intervalli di confidenza”: al 57% il periodo più probabile è compreso tra il 1459 e il 1523 (inutile dire che nel 1459 Leonardo aveva 7 anni e che nel 1523 era già morto da 4 anni), al 43% tra il 1571 e il 1630 (come dire, stiamo parlando d’altro). E aggiunge: “ho sempre precisato che la data determinata non si riferisce all’epoca in cui la tavola fu dipinta, ma a quella in cui è cresciuto l’albero da cui la tavola è stata ricavata.” Questa affermazione è molto importante, praticamente spiega il contrario di quanto qualcuno voglia far credere.

Modificare il 57% in 63% (è già qualcosa) e, soprattutto, tacere sull’altra possibilità appare come malafede o comunque come una manipolazione della verità.

A proposito di un’impronta compatibile con un’altra presente nel Codice Atlantico nel libro a pagina 35 c’è chiaramente scritto che “la grandezza del frammento però non consente tuttavia una identificazione univoca con un tasso di probabilità altissima. Infatti, la domanda spontanea è, a questo punto: come mai Leonardo abbia stretto la tavola nelle sue mani senza lasciare le impronte di almeno 3,4 dita?

E a pagina 37, dopo considerazioni vaghe si legge che “la tecnica a tempera grassa e la presumibile esecuzione veloce del dipinto sono atipiche del Maestro.”

All’estero hanno espresso critiche fortissime soprattutto in Cina, e a Malta l’Università si è rifiutata di esporre la Tavolain una sua sala.

Il 19 luglio 2019, Zoom Magazineracconta che il produttore cinematografico italiano Oscar Generale sarebbe stato incaricato da una famosa star di Hollywood ad avviare trattative per l’acquisto del Ritratto Lucano. La star anonima avrebbe offerto circa 180 milioni di dollari. Non si sa, al momento come sia andata a finire. Sempre che la notizia della proposta di acquisto sia fondata. (segue alla pagina successiva)

Riepiloghiamo ragionando

Cosa sappiamo di questa tavola? Com’è stata ritrovata? E soprattutto: è davvero opera di Leonardo, o è quanto meno attribuibile al suo genio?

Come è arrivata in Basilicata? Secondo la ricostruzione di Barbatelli – riportata dal sito Finestresull’Arte.it– il dipinto sarebbe stato di proprietà della famiglia toscana Segni e l’avrebbe seguita nel momento in cui parte della famiglia si trasferì ad Acerenza. Certo: sappiamo dalle fonti – scrive il sito – che Leonardo da Vinci ebbe rapporti con un membro della famiglia, Antonio, di cui fu molto amico, ma è anche vero che non esiste alcun appiglio documentario che possa suffragare l’ipotesi (invero piuttosto fantasiosa) formulata da Barbatelli. Né, tanto meno, esistono documenti che attestino un eventuale viaggio dello stesso Leonardo da Vinci in Lucania: molto difficile, pertanto, pensare a una presenza dell’artista in Basilicata.

Il dipinto è stato sottoposto a indagine grafologica: sul retro compare infatti un’iscrizione, “Pinxit mea” (“L’ho dipinto io”), redatta in scrittura speculare (come era uso fare Leonardo da Vinci). La grafologa che ha esaminato la scritta, Silvana Iuliano, l’ha attribuita a Leonardo comparandola con le scritture note del genio di Vinci: non è tuttavia dato sapere se la scritta sia stata apposta in altra occasione e, trovandosi sul retro del dipinto, non è neppure da escludere che sia stata tracciata da una mano diversa rispetto a quella che ha realizzato il dipinto e magari anche in un momento storico diverso. Infine, un’indagine congiunta di Università di Chieti e Dipartimento scientifico dell’Arma dei Carabinieri, ha ritrovato un’impronta digitale che è stata ritenuta compatibile con un’impronta che compare nella Dama con l’ermellino: ozioso ricordare che “compatibilità” non è sinonimo di “certezza”.

Certo è – come scrive il sito – che nessuno degli specialisti di Leonardo si è pronunciato senza dubbi a favore dell’attribuzione leonardesca. Inoltre, non esistono pubblicazioni scientifiche di specialisti di Leonardo che propongano di inserire senza esitazioni il dipinto lucano nel catalogo leonardesco.

Chi è, quindi, l’autore della cosiddetta Tavola Lucana? Nessuno può stabilirlo con certezza. Ad ogni modo si tratterebbe di un dipinto la cui qualità si discosta nettamente da quella che caratterizza le opere di Leonardo, con le quali non è neppure lontanamente paragonabile: è del tutto evidente – scrive Finestre sull’Arte – che si tratta di un ritratto stereotipato, di un dipinto che con la profondità, la sapienza tecnica e il magnetismo delle opere di Leonardo non ha niente a che fare. E non dobbiamo neppure aspettarci che il dipinto di Acerenza faccia uno stabile e duraturo ingresso nel dibattito scientifico: semplicemente è lecito immaginarsi che non verrà neppure presa in considerazione, al contrario di quanto successe, per esempio, per il cosiddetto Cristo Gallino attribuito a Michelangelo. E questo per un motivo molto semplice: per usare un’efficace espressione di Tomaso Montanari, se scambiare il Cristo Gallino per un Michelangelo era come confondere un leone con un gatto, scambiare la Tavola di Acerenza per un autoritratto di Leonardo equivale a prendere una bicicletta per una portaerei.

Ma lui, Barbatelli, con i suoi amici è convinto. (segue alla pagina successiva)

Chi è Nicola Barbatelli?

Napoletano, 45 anni. Entra nell’Ordine dei Templari nel 2004 ed è in quell’ambiente che probabilmente conosce i fratelli Giandomenico e Raffaello Glinni. Sembrerebbe che negli stessi ambienti nasce il rapporto stretto con Orest Kormasov dell’Università di Tallinn, molto presente nelle manifestazioni e convegni sulla Tavola di Acerenza.

Onorificenze. Ambasciatore campano di arte e cultura nel mondo, Premio conferito dal Presidente della Regione Campania, 2015 -Sacri Itineris Hierosolymitani, 2008 Croce di bronzo, su concessione del Custode di Terrasanta: P.re Pierbattista Pizzaballa. -Kentucky Colonel, 2006 Su concessione del Governatore del Kentucky, H. E. Ernie Fletcher. -Membro dell’Accademia Angelica Costantiniana di Arte, Scienze e Lettere, 2006

Consulenze. Consulente Tecnico d’Ufficio presso il Tribunale di Potenza, sezione civile e penale, N° 446

Attività professionale. Direttore Scientifico, Museo delle Antiche Genti di Lucania, Vaglio Basilicata. Curatore, Museo Aperto Antonio Asturi, Palazzo di Citta di Vico Equense. Curatore di mostre, Museo Diocesano di Napoli – Complesso Monumentale Donnaregina.

Professore Emerito di Storia dell’Arte Moderna, Università dello Shan Dong, Jinan, Cina.

Iscritto albo esperti d’arte presso Camera di Commercio di Potenza n. 201 – 2013

I misteri di Barbatelli e la tomba di Dracula

Non possiamo non rilevare qualche mistero intorno alla figura del proprietario della Tavola di Acerenza, proprietario che, per la verità, non si sa bene come, quando e da chi l’abbia acquistata. Questa informazione avremmo dovuta ricavarla dalla convenzione che il Comune di Vaglio ha stipulato con Barbatelli nel 2009 per la costituzione e la direzione del Museo delle Antiche Genti di Lucania. In quell’accordo non si fa – stranamente – alcun riferimento ad atti o titoli comprovanti la proprietà della Tavola. Il Comune di Vaglio, in quella convenzione dà molte cose per scontate.

La laurea all’ University of Northwest, Toronto, Canada, suscita qualche dubbio. A Toronto non risulta alcuna Northwest University, ma una Northeastern University. Il dubbio cresce quando scopriamo che il titolo, riportato sul sito stmoderna.it, scompare dalla scheda di Nicola Barbatelli. In altri documenti la Northwest University diventa Nort West University senza alcun riferimento a città o Paese. Fatto sta che esiste un certificato rilasciato il 4 febbraio 2013 nella Repubblica di San Marino dalla University of Northwest – ramo dell’European Institute of Techonology. Il certificato attesta il titolo di Doctor of Science in Cultural Heritage Major Art History. I titoli rilasciati dalle Università americane non sono equipollenti alle lauree italiane e non sono riconoscibili ai fini dell’iscrizione agli Ordini professionali. L’European Institute of Technology non rilascia lauree di nessun genere. Insomma carta per i bigliettini da visita, nulla di più.

Ci sono altri episodi in giro per l’Italia che lasciano perplessi. Uno su tutti. Nel 2014 Barbatelli e i fratelli Glinni affermato che il conte Dracula è sepolto nella la Chiesa di S. Maria la Nova a Napoli.  Il Mattino di Napoli in quei giorni scrive: Non sono ragazzini sognatori, fanatici, esaltati, ma serissimi studiosi dell’università di Tallinn in Estonia. Sono convinti di ciò che fanno, sostengono di avere già in mano i documenti che provano la verità, così hanno avviato una campagna di ricerche sul territorio. I nostri eroi italo-estoni si spingono a dichiarare: Sappiamo dov’è la tomba di Dracula a Napoli. A distanza di 5 anni, stiamo ancora aspettando le prove di questa certezza.

Ci sono spesso l’Estonia, Tallinn, i russi, gli Ordini cavallereschi, intorno alle faccende di Nicola Barbatelli.

Insomma, sembra che esista un “metodo Barbatelli”  che si esprime attraverso procedure standard: ritrovamento casuale – abitazione o collezione private ignote – di un’opera d’arte o presunta tale, costruzione di un dibattito attraverso forme diverse di pubblicità della notizia, riferimenti ad antiche pubblicazioni, interventi mirati a orientare il dibattito nella direzione voluta da Barbatelli e infine attribuzione dell’opera a un grande maestro anche se in un contesto di pro e contro, di opinioni contrapposte. Il caso è creato, qualcuno potrebbe essere disponibile ad accettare l’ipotesi che l’opera sia del grande Maestro e quindi ad acquistarla.  Il metodo sembra essere stato applicato nel caso della Tavola di Acerenza, ma anche in altri casi, per esempio quello della Madonna con Gesù e san Giovannino, ritrovata miracolosamente 100 anni dopo il terremoto di Messina, attribuita a Bernardino Luini con riferimento a una pubblicazione del 1909 dello studioso Gustavo Frizzoni. Insomma si parte con una storia affascinante, carica di misteri, ricca di sfumature e colpi di scena, si spara la notizia eclatante fondata o infondata che sia, purché se ne parli.

Il circuito “esperti – università – case editrici – Estonia – Russia” di Barbatelli e i fratelli Glinni appare misterioso come i ritrovamenti casuali delle presunte opere magnifiche dei grandi Maestri.