Elezioni regionali. Il Sud sconfitto in Calabria

27 gennaio 2020 | 16:04
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Elezioni regionali. Il Sud sconfitto in Calabria

Che cosa sta succedendo alla politica nel Mezzogiorno? Dalla Basilicata alla Sardegna il Potere continua a vincere

Ormai il centro destra, al Sud, governa 5 Regioni su 7, grazie al voto leghista. E non sappiamo come andrà a finire in Puglia e in Campania alle prossime elezioni. Almeno nelle nostre previsioni, anche in Calabria, il risultato era scontato.

Il fallimento della classe dirigente del Mezzogiorno è sancito con più forza dal voto calabrese. Il M5S che rappresentava non solo un’alternativa ai vecchi partiti di centro sinistra ma un baluardo contro l’avanzata delle destre, oggi è in coma profondo.

Ma che cosa succede al Sud?

In questi anni, i partiti del centro sinistra, sono stati più interessati all’assenza di dissenso che al mantenimento e alla crescita del consenso. Un atteggiamento difensivo e conservativo, finalizzato a tutelare rendite di posizione in un quadro di fragilità e difficoltà della società meridionale e degli stessi partiti tradizionali.

Hanno preferito il cittadino passivo, che non procura fastidi, il cui aiuto non è richiesto nelle normali condizioni di “stabilità” del potere. Un potere che in Calabria è sempre lo stesso, nonostante i travestimenti in base alla direzione del vento. Sempre lo stesso anche nelle altre regioni. La Lega ha usato un approccio opposto: creare e sviluppare consenso. Lo stesso approccio del M5S alle origini fino alle politiche del 2018. Dopo di che, i cittadini in salamoia e i portavoce a “sfondare” le istituzioni. Decine di leggi approvate senza che si siano mai chiesti se i cittadini (non solo gli attivisti o gli iscritti alla piattaforma) le condividessero. E dunque anche i cinque stelle sono finiti nella logica dell’assenza di dissenso. “Lasciateci fare, non vi opponete, non criticateci, non dissentite”. E se a pagare pesantemente il prezzo di questa logica è il M5S, non nella stessa misura del Pd, è semplicemente perché i penta stellati non hanno alcun radicamento di potere nel territorio, al contrario degli altri partiti.

Per anni, non solo in Calabria, ma in tutte le regioni del Mezzogiorno – basta guardare alla Basilicata o alla Sardegna –  i governi di centro sinistra hanno agito secondo una logica che deprime la partecipazione collettiva alla politica. Un approccio per cui, interessando attivamente i cittadini nel processo decisionale politico, c’è poco da guadagnare e molto da perdere.

Questo approccio, molto visibile oggi in Campania, è destinato ad aprire altre autostrade del consenso per le destre, dando per scontata l’ipotesi per cui Vincenzo De Luca e i suoi amici siano di sinistra.

La Calabria è ridotta male non per causa della destra o della sinistra, ma per causa del sistema di potere mafioso-massonico-politico che si perpetua da ormai due secoli. Un potere capace di piegare i partiti ai suoi interessi. Centro destra o centro sinistra, in quella regione mai nulla è cambiato. La società civile che lotta per la legalità, contro la mafia e per il riscatto sociale e economico della Calabria è stata elettoralmente sconfitta per l’ennesima volta. E non perché abbia vinto il centro destra, anche in caso di vittoria del centro sinistra, nulla sarebbe cambiato. Quella società civile è stata ancora una volta sconfitta dal Potere, come è accaduto in Basilicata, in Sicilia, in Sardegna, in Abruzzo.

Ed è sul Potere e sulle sue articolazioni radicate nel territorio che la società civile meridionale deve riflettere. Non basta votare per l’uno o per l’altro partito per ottenere i cambiamenti radicali di cui il Sud ha bisogno. Già nei partiti risiede il germe che contamina e anestetizza ogni forma di alternativa al sistema di Potere. Fin quando gli stessi partiti non cambieranno e fin quando i settori più marginali della società non sfonderanno le barricate, l’immobilismo e il gattopardismo domineranno ogni cosa. Se in Calabria vince il candidato di un politico che ha pagato il pizzo alla mafia, se la Lega prende più voti del M5S, le domande da farsi c’entrano poco con la politica, perché le risposte sono nascoste nelle retrovie della storia del Mezzogiorno.

Fatto sta che certi modelli mafiosi e certi modelli politici di dominio del territorio si assomigliano sempre più. Questa somiglianza è il segno di un’alleanza per il potere. Un’alleanza formalmente inesistente, invisibile, indicibile, eppure reale e ancora una volta “intoccabile”.

E mentre sono tutti lì a spolparsi le ossa del Mezzogiorno, il Sud è vittima di rigurgiti fuori dal tempo, di movimenti cosiddetti politici e culturali che trattano la storia come un giocattolo a proprio uso e consumo. Mentre le destre avanzano e le mafie si consolidano, nascono movimenti gli uni contro gli altri che trovano respiro nella frammentazione e nella contrapposizione. Ognuno cerca tra le macerie qualcosa da portare a casa.