Mafia. Parla l’ex sindaco di Scanzano Jonico: Sono morto di onestà

24 dicembre 2019 | 13:41
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Mafia. Parla l’ex sindaco di Scanzano Jonico: Sono morto di onestà

Un racconto raccapricciante. L’assessore sorella del mafioso, le istituzioni che si girano dall’altra parte, gli attentati senza dolo, il concerto pubblico in onore del boss detenuto

Un racconto raccapricciante, vissuto in prima persona, che ci spiega come la mafia può occupare un territorio e ottenere consenso sociale. L’assessore sorella del mafioso, le istituzioni che si girano dall’altra parte, gli attentati senza dolo, il concerto pubblico in onore del boss detenuto. I dettagli in questa lunga intervista rilasciata in esclusiva a Basilicata24 dall’ex sindaco della città jonica.

Se c’è una persona che non è affatto sorpresa dallo scioglimento per infiltrazioni mafiose del Comune di Scanzano Jonico, è l’ex sindaco Salvatore Iacobellis.

Iacobellis ha amministrato la cittadina in provincia di Matera dal 2006 al 2016.

È una vittoria per lei lo scioglimento del Comune?

Sono dispiaciuto per la mia città e per tutti i cittadini onesti di Scanzano. Sono dispiaciuto perché in tutti questi anni lo Stato si è un po’ girato dall’altra parte, o meglio di fronte alle denunce da me fatte, ha minimizzato.

In che senso?

Ecco, per provocazione potrei dire che l’attuale sindaco di Scanzano è una vittima di questo Stato che non ha saputo, e forse voluto, presidiare meglio il territorio. Dal 2008-2009 ho fatti i nomi dei personaggi che qualche mese fa sono stati arrestati dalla Direzione distrettuale antimafia di Potenza. Quei nomi li ho fatti a Procura, Carabinieri, Questori di turno e Prefetti. La cosa brutta è che, alcuni pezzi delle istituzioni non mi hanno creduto.

Perché, secondo lei?

La risposta non è così semplice, devo tornare indietro nel tempo per poterle rispondere.

E allora cominci

Comincio da quella volta che il boss Schettino venne a parlarmi dicendomi chiaramente che lui mangiava offrendo servizi. In questa frase si racchiude tutto l’humus su cui è proliferata la mafia a Scanzano Jonico. Io ovviamente rifiutai di entrare in questo meccanismo. Caso strano, poco tempo dopo mi fu recapitata una busta con proiettili con un messaggio: “Questi sono per lo sgarro al santo”.

Poi fu la volta di una testa d’agnello mozzata recapitata nella pizzeria di mia sorella. Nel 2016, quando non ero più sindaco toccò alla mia auto che fu incendiata. Ci sono poi tanti altri episodi che mi hanno visto destinatario di avvertimenti, intimidazioni, e i “chi te lo fa fare, hai famiglia”, le riposte con cui si minimizzava o addirittura ironizzava da parte di talune istituzioni che avrebbero dovuto avere a cuore la legalità.

Ha mai temuto per la sua vita?

Nel 2011, hanno incendiato la Tradeco (l’azienda di raccolta e gestione dei rifiuti). È stato allora che ho avuto paura perché ho capito che erano diventati troppo grossi.

Lei ha sempre denunciato pubblicamente, ma da quel che si racconta ha anche pagato lo scotto per queste sue esternazioni

Un giorno sono uscito con una dichiarazione pubblica su un giornale, ho detto che la ‘ndrangheta si stava impadronendo dell’economia del Metapontino per riciclare i soldi. Il giorno dopo mi vennero a prendere dalla Questura di Matera e mi interrogarono come un criminale. Da allora è cominciata una guerra terribile. E quando denunciai pubblicamente che alcuni ragazzi di Scanzano guadagnavano 1500 euro per fare da corrieri della droga da Taranto alla nostra città, la Procura di Matera mi redarguì per procurato allarme.

Cioè lei sta dicendo che la guerra gliel’ha fatta anche chi avrebbe dovuto tutelarla?

Sì, dopo quella mia dichiarazione alla stampa eravamo arrivati a un livello di scontro molto acceso. Pensi che nel 2009, mentre Libera mi conferiva il premio intitolato a Mimmo Beneventano (il giornalista amministratore comunale ucciso dalla camorra) la Prefettura di Matera, irritata, rispondeva che ero un visionario. Ormai ogni volta che denunciavo pubblicamente le infiltrazioni mafiose a Scanzano, diventavo oggetto di scherno anche di qualche uomo in divisa. Nel frattempo i clan crescevano e ingrassavano. Fino a quando si sono impadroniti di fatto del territorio.

Lei sta dicendo che qualcuno ha chiuso gli occhi?

Io le sto raccontando quello che ho visto e vissuto. Le sto raccontando quello che faceva gola ai clan e come si sono impossessati di Scanzano.

Lei i nomi li ha fatti, i mafiosi, li ha guardati in faccia

Io ho fatto i nomi di Schettino e Puce, come capi clan, nel 2008/2009 e cioè quasi dieci anni prima che li facesse l’annuario dell’Antimafia che censisce i clan dell’Italia, e per la Basilicata nel secondo semestre del 2017 indicava gli stessi nomi che avevo indicato io. A Scanzano hanno reclutato manodopera, eseguito lavori, riciclato denaro. Si sono infiltrati nei villaggi turistici, dopo averli incendiati, in agricoltura, dando fuoco a capannoni e mezzi. Tuttavia per lungo tempo quegli incendi – per gli inquirenti –  erano ritenuti conseguenza di “autocombustione”, o, se si individuavano gli autori, erano conseguenza di vendette per “futili motivi”

E in quegli anni proprio nessuno le ha dato ascolto?

Mi ha dato una grossa mano il capitano Russo del Comando Provinciale carabinieri di Matera perché nel frattempo mi era arrivata una testa d’agnello mozzata, era Pasqua. In quell’occasione il comandante Russo mi disse: “Sindaco, nella Procura di Matera non riusciamo a sfondare, però stai tranquillo che li stiamo stringendo da fuori”. Questo mi tranquillizzò. E in effetti dopo un po’ c’è stata l’inchiesta Neve Tarantina della Dda di Lecce, nell’ambito della quale Michele Puce fu arrestato. Un’ inchiesta i cui atti fanno rabbrividire. Puce, è stato poi condannato in secondo grado. Dopo c’è stato il blitz Gentleman dalla Dda di Catanzaro che si è portata dentro Schettino e Puce (già detenuto). È stato grazie a queste due inchieste che abbiamo iniziato un pochino a respirare.

E cosa è cambiato a Scanzano?

Nel frattempo, nel 2016, io ho finito di fare il sindaco ma ho continuato a denunciare pubblicamente le infiltrazioni criminali. Dopo sei mesi dalla fine del mio mandato mi hanno bruciato la macchina.  In una pubblica assemblea, nel 2016, ancora non era uscito l’albo della dda nazionale, ho detto, e ci sono le registrazioni del convegno: Qua a Scanzano ci sono i clan e ho fatto i nomi di Schettino e Puce. Al Comune era cambiata l’amministrazione e la sorella di Puce era diventata assessore nel silenzio generale.

E quindi le infiltrazioni di cui si parla potrebbero riferirsi a questa parentela?

Io non lo so. Posso solo dirle che anche quando mi hanno bruciato la macchina, e ho fatto nomi e cognomi, il sindaco attuale ha detto che vaneggiavo e che non potevo fare i nomi solo perché uno è stato condannato in primo grado. Queste cose sono state dette in un pubblico comizio a cui erano presenti, tra gli altri, l’attuale ministro alla Salute, Roberto Speranza, e il vice ministro dell’Interno dell’epoca, Filippo Bubbico. Quelle parole restano agli atti.

Quello che è sotto gli occhi di tutti è che negli anni questi sono cresciuti sempre di più, hanno spadroneggiato e si sono impossessati di Scanzano visto che nessuno li contrastava. Appaltato tutto quello che si poteva ai clan, Scanzano è diventato praticamente il crocevia di tutti i mafiosi della fascia jonica. Sono arrivati al punto di organizzare un concerto in onore di Schettino che, nel frattempo era finito in carcere. Episodio che in un convegno di Libera a Policoro, il procuratore capo di Potenza ha sbattuto in faccia al sindaco. Al suo posto, io mi sarei dimesso. Così come mi sarei dimesso quando il Prefetto Bellomo ha redarguito il sindaco Ripoli sulla questione della caserma dei carabinieri invitandolo ad occuparsi della legalità nel suo comune.

Eppure il Comune guidato da Ripoli si è costituto parte civile nel Processo a carico di Schettino.

Certo, ma avrebbe potuto fare altrimenti? C’è però un episodio che deve far riflettere. Quando in Giunta hanno portato la decisione di costituirsi parte civile nel processo ai clan, la sorella di Puce, assessore, non è che ha detto mi dissocio da quello che fa mio fratello. Ha avuto la sfacciataggine, ed è scritto in delibera, di dire io non voto perché c’è un conflitto di interessi.  Questo cosa vuol dire? Certifichi che hai interessi con tuo fratello, che è un mafioso? Un ministro, dopo che vede questo, cosa deve fare? Che Ripoli non sia delinquente o mafioso è fuor di dubbio, ma se metti un assessore fratello di un mafioso zittisci un comune. Perché a Scanzano nessuno parla più. Per fortuna, lo ribadisco, sono arrivate le inchieste di Lecce, Catanzaro e Potenza che hanno fatto un po’ di pulizia.

E secondo lei può bastare?

Tenga conto che il territorio è infiltrato. Hanno una rete molto interessante nelle banche. Non da meno nelle aste. Girano soldi senza che nessuno si chieda da dove provengano.

Se poi considera che in quest’area c’è una logistica importante per l’agricoltura può ben comprendere che il livello di infiltrazioni merita ulteriori approfondimenti. L’incendio all’Apofruit è un segnale pesantissimo. L’azienda lavora frutta proveniente dalla Sicilia, dalla Calabria e dalla Puglia e non paga dazio?

Oggi qualcuno dovrebbe chiederle scusa per non averle voluto credere?

Ma sa, i Prefetti che sono venuti a Matera in quegli anni erano persone anziane, forse non volevano rotture di scatole. Poi per fortuna è arrivata la Bellomo che è stata l’unica a capire il problema. Noi non avevamo i mezzi investigativi ma nelle carte c’era tutto. Certo qualcuno dovrebbe provare vergogna se la Dda di Lecce e quella di Catanzaro sono venute a fare le indagini qui a Scanzano e a mettere le microspie nel buco del culo dei mafiosi. Dovrebbe vergognarsi chi teneva i mafiosi sotto il naso. Calabresi e pugliesi venivano a incontrarsi a Scanzano. Possibile che nessuno se ne fosse accorto? Nelle carte dell’inchiesta  Neve tarantina ci sta tutto. Nel momento in cui le carte sono arrivate alla Dda di Potenza si è aperto uno squarcio.

E i suoi concittadini?

Fermo restando che il territorio è difficile, la popolazione, al di là delle cose di stile che si dicono sui giornali, si è girata dall’altra parte. Per esempio, alcuni cittadini venivano da me per chiedermi di fare arrestare quei mafiosi e lo sa perché? Non perché erano dei criminali ma perché non gli pagavano l’affitto per appartamenti destinati allo sfruttamento della prostituzione. Capisce dove eravamo arrivati?

Cosa o chi l’ha aiutata a non mollare?

L’appoggio di carabinieri mi ha fatto sentire un po’ con le spalle coperte anche se nei consigli comunali traballavo perché i miei si nascondevano. Gli amici politici, tutti scomparsi. Il capitano Michelangelo Lobuono da Policoro veniva a Scanzano la notte, mi chiamava e mi diceva “Salvatore andiamoci a fare un giro”. I carabinieri sul territorio ci sono stati in modo egregio anche se poi trovavano ostacoli lungo il cammino. Se mi succedeva qualcosa non chiamavo il 113 ma i carabinieri che a qualunque ora del giorno e della notte mi rispondevano. A loro ho sempre riferito tutto.

Lo scioglimento per lei che sapore ha?

Ad essere sincero mi dispiace. Speravo che Ripoli se ne andasse a casa per motivi politici. Avere questo marchio è una cosa brutta. Se si fosse agito molti anni prima si sarebbe consentito anche a Ripoli di farsi cinque anni tranquilli. Perché, io non so in che condizioni si è trovato, saranno le carte a dirlo, ma so che gli attimi sono quelli che fanno la differenza. Io ho avuto la prontezza di spirito di dire no a Schettino. E lui sin dall’inizio si è messo contro di me a viso aperto.

Lei è architetto, da quando non fa più il sindaco ha trovato difficoltà nel suo lavoro?

Io sono morto per onestà. Perché non ho preso incarichi nei comuni limitrofi quando ero sindaco. Quando ho smesso sono ripartito da zero con il mio studio e non posso certo dire che le cose vadano bene. Ma non so se sia dovuto al fatto che ho dovuto ricominciare o perché nessuno viene nel mio studio.

Non essere più sindaco le ha in qualche modo salvato la vita?

(Ride) Ho appena finito di pagare la macchina e ho detto a mia moglie che quasi quasi non rinnovo l’assicurazione incendi e furti perché costa un sacco di soldi.

Morale della favola?

Alla fine le ho buscate sia dai delinquenti che da chi era preposto a difendere il territorio, con le dovute eccezioni.

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