Eolico, tangenti e malaffare. Siamo alla punta dell’iceberg
Funzionario della Regione Basilicata confessa: ho preso mazzette sulle pale eoliche
È di oggi la notizia diffusa dal Il Quotidiano del Sud – Edizione Basilicata – che riguarda un funzionario della Regione Basilicata – Antonio Giuzio – il quale ha dichiarato agli inquirenti di aver preso tangenti sulle pale eoliche. Il fatto riguarda sia il mini eolico sia almeno un paio di mega parchi. Ripercorrendo gli articoli che abbiamo pubblicato nel corso della nostra inchiesta sull’eolico selvaggio – inchiesta che continua – abbiamo approfondito la vicenda, cercando di capire meglio che cosa sarebbe accaduto. Fatti che, nella sostanza, abbiamo più volte denunciato in questi ultimi due anni e che sembrano finalmente sottoposti ai riflettori della magistratura.
Antonio Giuzio parla di un ingegnere al quale avrebbe procacciato lavori di collaudo del parco eolico a Palazzo San Gervasio della Erg spa, della potenza complessiva di 34 MW entrato in esercizio a fine 2013. L’ingegnere sarebbe Roberto Pepe, sospeso dall’ordine il 24 giugno 2016. Per quel lavoro avrebbero intascato circa 32mila euro. Il funzionario, in affari con Pepe, avrebbe usato le credenziali professionali di quest’ultimo – timbro e firma – per assumere incarichi di progettazione fuori sacco.
Antonio Giuzio avrebbe riferito di particolari interessamenti da parte di altri funzionari alla pratica relativa al parco eolico della Gamesa Energia Italia spa, da 30 MW a Banzi e Genzano. Il funzionario avrebbe rivelato particolari in relazione a pratiche di altri impianti eolici, coinvolgendo l’altro funzionario Nicola Calabrese, già agli arresti domiciliari in seguito all’inchiesta su corruzione e turbativa d’asta a Venosa.
Non sarebbe male dare un’occhiata agli altri impianti tra Melfi, Venosa, Atella, Rionero, Ginestra, in tutta l’area del Vulture Alto Bradano e del pentagono Tolve, Cancellara, Vaglio, Oppido Lucano, San Chirico Nuovo. E poi Brienza e Potenza. Tuttavia, il dubbio che abbiamo provato a condividere in questi due anni con le nostre inchieste, riguarda gli impianti disseminati in tutta la regione: sia per presunti intrecci illeciti tra funzionari pubblici, imprese ed esponenti politici, sia per irregolarità nelle procedure autorizzative e nelle attestazioni di sicurezza degli impianti, sia per presunti investimenti a fine di riciclaggio di denaro da parte di gruppi mafiosi.
Insomma, gli episodi scoperchiati dalle inchieste della magistratura di questi ultimi mesi intorno al business dell’eolico in Basilicata, lasciano immaginare ulteriori progressi nella direzione della legalità. Tuttavia, siamo ancora alla punta dell’iceberg, la faccenda è più grossa, molto grossa.
Perciò continuiamo a insistere. Nell’affare eolico in Basilicata decine di funzionari, imprenditori, sportelli bancari, studi di progettazione, società veicolo e società esecutrici, società finanziarie, coperti da un ombrello politico spesso invisibile, hanno fatto strage di paesaggi e di terreni agricoli di qualità per procurarsi vantaggi illegittimi. Costruendo un labirinto di società nel quale serpeggiano altri interessi che nulla hanno a che fare con l’energia pulita. In questa giostra sono saliti anche uomini, in giacca e cravatta, legati ad ambienti malavitosi, interessati a riciclare proventi da attività illecite. Intorno all’eolico, si sono mossi e si muovono fatti e personaggi di dubbia reputazione. E alcuni ambienti politici di ieri e di oggi, con la compiacenza di funzionari pubblici, hanno fatto e fanno da copertura a un sistema di relazioni molto pericoloso.
A proposito, che fine ha fatto alla Regione Basilicata la Commissione d’inchiesta sull’eolico selvaggio?