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Omicidio-suicidio Orta Nova. Di Giacomo (Spp): “Subito Sportelli di ascolto e aiuto psicologico”

12 ottobre 2019 | 11:34
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Omicidio-suicidio Orta Nova. Di Giacomo (Spp): “Subito Sportelli di ascolto e aiuto psicologico”

Il segretario del Sindacato Polizia Penitenziaria sulla vicenda che ha coinvolto un agente

La tragedia di Orta Nova che ha coinvolto un assistente capo della polizia penitenziaria, che si è suicidato dopo aver ucciso moglie e figlie, provoca sgomento e dolore e ripropone un’emergenza sulla quale tutti dobbiamo riflettere ed intervenire: il lavoro dell’agente di Polizia penitenziaria può rappresentare una forte condizione di stress per gli operatori, in relazione ad aspetti organizzativi, quali turni ed orari, sopratutto notturni, ai carichi di lavoro, al difficile rapporto con i detenuti (specie se malati o se mafiosi-terrorististi, stranieri) alle condizioni scadenti in cui versano le strutture ed i mezzi”.

E’ quanto sostiene il segretario generale del Sindacato Polizia Penitenziaria Aldo Di Giacomo per il quale “il primo interrogativo che ci assilla riguarda se tra i colleghi ad Orta Nova non sia stato possibile cogliere qualche segnale di malessere psichico. Comunque non si può perdere altro tempo. Di tanto in tanto si propone l’istituzione nelle carceri di Sportelli di Ascolto-Aiuto Psicologico per i detenuti. Qualche esperienza è stata già fatta.

Ma – aggiunge Di Giacomo -non abbiamo mai sentito nessuno parlare di servizi, assistenza di aiuto psicologico per il personale penitenziario. Eppure non è difficile cogliere nelle carceri tra il personale in servizio per un lavoro fortemente usurante un quadro molto problematico fatto di depressione, ansia, alterazione della capacità sociale. Non si puo’ ulteriormente negare l’esigenza di un supporto psicologico e di controlli sanitari periodici. In definitiva, ciò che occorre in primo luogo garantire all’agente penitenziario è proprio il supporto, in termini di procedure definite, formazione, comunicazione con la direzione, chiarezza degli obiettivi e dei criteri a cui attenersi. Solo in questo modo potrà sentirsi un operatore della giustizia indispensabile per la tenuta della società superando la diffusa delegittimazione che fa seguito alla recente sentenza della Corte di Giustizia Europea secondo la quale i nostri agenti sarebbero dei “carcerieri disumani”.

Per Di Giacomo “se ci fosse bisogno di ulteriore esempio della gravità delle condizioni di lavoro in carcere, solo due giorni fa è avvenuto l’ennesimo suicidio di un poliziotto penitenziario di 53 anni, da molti anni in servizio nel carcere di Piacenza, che si è tolto la vita presso la propria abitazione. Qualcuno l’ha definita una “strage silenziosa” che purtroppo trova riscontro in pochi righi sui giornali locali. E qualche giorno fa ci siamo dovuti occupare dei dati diffusi al congresso Simspe-Simit, che coinvolge le diverse figure sanitarie che operano all’interno degli istituti penitenziari: due detenuti su tre sono malati, in aumento Hiv e tubercolosi. Si stima che – riferisce Di Giacomo- gli Hiv positivi siano circa 5.000, mentre intorno ai 6.500 i portatori attivi del virus dell’epatite B. Tra il 25 e il 35% dei detenuti nelle carceri italiane sono affetti da epatite C: si tratta di una forbice compresa tra i 25mila e i 35mila detenuti all’anno. Ecco allora – conclude il segretario del S.PP. – che non si possono aspettare le tragedie. Bisogna che l’Amministrazione Penitenziaria, le Regioni a cui sono delegate funzioni di sanità in carcere, investano nella prevenzione della salute fisica e mentale del personale come dei detenuti”.