E’ calato il silenzio sui lavoratori stagionali del Vulture Alto Bradano
Anche quest’anno, come ogni anno, hanno dovuto occupare abitazioni di fortuna
Anche quest’anno, come ogni anno, le campagne del Vulture Alto Bradano si sono lentamente riempite di lavoratori stagionali che vengono impiegati dalle nostre aziende nella raccolta dei pomodori e non solo.
Anche quest’anno, come ogni anno, questi lavoratori hanno dovuto occupare abitazioni di fortuna, vecchi casolari abbandonati e diroccati, figli della riforma agraria. Ruderi senza servizi che caratterizzano le campagne tra Venosa (Boreano), Montemilone, Lavello (Gaudiano), Palazzo San Gervasio, ecc.
Una situazione che per molti continua a essere eccezionale, ma che di eccezionale non ha proprio nulla. Si tratta infatti di un evento che si ripete ciclicamente, che risponde a regole ben precise e a tempi perfettamente scansionati, i tempi delle colture agricole. Eppure, ogni anno, le istituzioni di questo territorio, di questa Regione, hanno la capacità di farsi cogliere impreparate.
In attesa che venga aperto l’unico centro di accoglienza ormai rimasto, quello di Palazzo San Gervasio, situato in una struttura a dir poco fatiscente, l’ex tabacchificio, per molti lavoratori la compagna rimane l’unico rifugio per la notte. Ma anche dopo che quel centro verrà aperto, per tantissimi lavoratori la campagna continuerà a rimanere l’unico rifugio e l’unica casa.
Purtroppo in questi anni abbiamo assistito non solo al fallimento delle politiche sulla gestione dei fenomeni migratori a livello nazionale, ma anche al completo fallimento del sistema dell’accoglienza nel nostro territorio. Abbiamo sempre dovuto ragionare in termini emergenziali, incapaci di apprestare ricette di largo respiro e soluzioni lungimiranti. Eccoci allora, ancora una volta, a fronteggiare un problema invece di gestirlo. Eccoci ancora una volta impegnati a rincorrere una emergenza.
Quest’anno dobbiamo registrare un’aggravante nella situazione che si è venuta a determinare, il silenzio. Di certi problemi infatti non si parla più, appartengono al politicamente scorretto, alle cose che non si devono dire e che non si devono affrontare. D’altra parte in questi anni abbiamo assistito allo smantellamento sistematico di ogni forma di concertazione, di partecipazione dal basso, di coinvolgimento di associazioni e di volontari con il risultato di aumentare la distanza tra queste persone, questi lavoratori e le comunità che dovrebbero accoglierle.
D’altra parte in questi anni abbiamo preferito le politiche della ruspa a quelle dei progetti di integrazione. Ora, purtroppo, i risultati sono sotto gli occhi di tutti.
Venosa Pensa non si rassegna a questo silenzio e a questa indifferenza, per questo lanciamo un appello accorato alle istituzioni di questo territorio affinché si inizi a parlare di questi problemi. Sarebbe interessante rimettere in piedi il Tavolo tecnico che alcuni anni fa, faticosamente, aveva cercato di far incontrare rappresentanti dei migranti, associazioni di categoria, istituzioni, associazioni di volontariato, sindacati. Magari sarebbe un primo passo in avanti nella direzione giusta per arrivare ad affrontare una tematica così complicata e delicata in maniera adeguata.
Il silenzio di questi mesi, di queste settimane, di questi giorni non serve a risolvere i problemi, semplicemente aiuta a tenerli nascosti fino a quando non esplodono in maniera devastante come accaduto nei gironi scorsi alla Felandina di Metaponto. Vogliamo evitare che ciò accada perché abbiamo a cuore ogni singola vita umana e il rispetto della dignità delle persone.
Associazione Venosa Pensa