L'Intervista |
Cronaca
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Europa e sovranismo. Siamo cittadini europei più di quanto si possa immaginare

17 maggio 2019 | 10:34
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Europa e sovranismo. Siamo cittadini europei più di quanto si possa immaginare

Susanna Cafaro, docente di Diritto dell’Unione Europea all’Università del Salento, ci spiega perchè

La professoressa Susanna Cafaro insegna Diritto dell’Unione Europea presso l’Università del Salento. Da anni è molto attiva in tema di divulgazione inerente l’integrazione Europea e cura un blog molto interessante dal titolo supranationaldemocracy.net/.

Ho pensato di intervistarla in vista della imminente scadenza elettorale europea. Per cosa votiamo? Cosa faranno i nostri delegati nel Parlamento Europeo? Spesso si ha una percezione di distanza dall’Europa ma in realtà leggendo questa intervista (e la successiva, che pubblicheremo la prossima settimana) alcuni potrebbero scoprirsi assai più “cittadini europei” di quanto possano immaginare.

Professoressa Cafaro per cosa votiamo il 26 maggio e, inoltre, quali aspetti della nostra vita quotidiana sono stati principalmente interessati dall’integrazione dell’Italia nell’Unione Europea?

Il voto del 26 maggio attiene moltissimo al nostro essere cittadini europei e alla nostra quotidianità, assai più di quanto noi ci rendiamo conto. Il 26 maggio andiamo a rinnovare la nostra quota di parlamentari all’interno del Parlamento Europeo: 750 membri, di cui 73 italiani. L’elevato numero è dovuto al fatto che la nostra popolazione è piuttosto numerosa. I rappresentanti italiani andranno a mescolarsi con quelli delle altre nazioni europee, in base alle proprie famiglie politiche e andranno a concorrere, poi, alla definizione della politica europea. Infatti, ogni atto normativo dell’Unione viene approvato dal Parlamento Europeo. Ci sono importanti settori della nostra legislazione che sono di completa derivazione europea. I casi più eclatanti sono il diritto dei consumatori o il diritto dell’ambiente. Essi sono il risultato dell’adozione di centinaia di regolamenti e direttive comunitarie, dagli anni ‘70 in poi. Di assoluto rilievo anche tutti gli accordi commerciali con i Paesi terzi, che sono ormai esclusiva competenza Europea. Ad esempio, il diritto della pesca e dell’agricoltura sono completamente definiti in ambito Unione Europea.

Le decisioni vengono prese dal Parlamento Europeo e dal Consiglio dell’Unione. Noi siamo rappresentati in seno al Parlamento Europeo dai nostri delegati, eletti mediante le consultazioni in cui siamo chiamati a esprimerci. Ma siamo rappresentati anche in seno al Consiglio dai nostri ministri competenti per ciascuna materia, che si riuniscono per formazioni tematiche. Le formazioni sono nove, tra cui: agricoltura, Trasporti, Economia e Finanza, Cultura ed educazione, affari interni, giustizia. La legislazione che proviene dal Consiglio e dal Parlamento è fondamentale per creare una legislazione uniforme o quantomeno armonizzata, in seno all’Unione. Noi beneficiamo non solo dei propri diritti nazionali, che derivano dalle rispettive costituzioni e legislazioni, ma anche di un cospicuo numero di diritti, in qualità di cittadini europei. Si pensi al diritto di circolare e soggiornare in qualsiasi paese membro a parità di condizioni.

Se un cittadino italiano, ad esempio un giovane laureato, desideri andare a cercare lavoro in Germania in Francia o in Olanda, il suo status non è quello di un migrante bensì quello di un cittadino europeo; pertanto, gode del diritto di entrare in tali paesi e di essere trattato a parità di condizioni con gli altri cittadini per tutti I benefici che la legge di quel paese dispone (dagli alloggi popolari ai sussidi scolastici, trattamenti sanitari etc.). Abbiamo abolito ormai da decine di anni ogni discriminazione tra i cittadini europei e questa è una conquista enorme. In pratica, abbiamo abolito le frontiere. Inevitabilmente, più di altri, se ne rende conto chi viaggia e chi lavora nello spazio europeo. Pertanto, può essere che chi non abbia esperienza di questo tipo di scambi percepisca in misura ridotta l’influenza positiva dell’integrazione comunitaria. Pur restando a casa propria, si è comunque beneficiari di una serie di vantaggi. Un esempio molto semplice: il diritto di recesso dalle televendite ci è stato garantito dal diritto europeo. Il diritto di risarcimento per la spesa sostenuta per i biglietti aerei in caso di cancellazione del volo, anch’esso, deriva da una normativa comunitaria. Gli aspetti sono talmente tanti da impedire una facile elencazione esaustiva. Poi ci sono tutti i benefici conseguenti agli investimenti dell’Unione Europea sui territori. Pensiamo ai programmi di investimento nelle scuole e nei programmi di recupero urbano: la città di Bari, per esempio, ha beneficiato tantissimo non solo con il recupero del centro storico – grazie ai programmi Urban di qualche anno fa -, ma anche più recentemente, con interventi come quello di via Sparano. Tutti questi interventi sono stati finanziati con fondi europei. Non è assolutamente vero che l’Europa non faccia nulla per noi: troppo spesso siamo distratti o disinteressati. Il recente dragaggio del porto di Brindisi per esempio è stato realizzato con fondi europei. Insomma l’Europa entra molto nelle nostre vite, che ne siamo consapevoli o meno.

La moneta unica è stata davvero dannosa come certi movimenti sovranisti lasciano intendere?

È doveroso premettere che abbiamo attraversato una grossa crisi finanziaria globale ed europea. A questa crisi abbiamo pagato un prezzo altissimo, come l’hanno pagato la Grecia, la Spagna, il Portogallo e L’Irlanda, cioè i paesi più fragili. Ciò è dovuto al fatto che siamo entrati in tale crisi con un fardello già molto pesante rispetto ad altri paesi: il nostro debito pubblico. Oltre a questo è intervenuto, certo, il fatto che avevamo una moneta unica. Essa sicuramente riduce il margine di intervento di uno Stato, in quanto non è possibile stampare nuova moneta o aumentare il debito pubblico ulteriormente. Soprattutto quando se ne ha già uno importante. Di contro, c’è da dire che la moneta unica ci ha salvato da turbolenze molto peggiori, che avremmo subìto sul mercato con una valuta nostra, meno robusta. L’euro è comunque molto più stabile di quanto non fosse la lira, che sarebbe sicuramente precipitata, mentre la moneta unica ha retto. Abbiamo però dovuto pagare il prezzo dell’austerity. Ciò nasce dal fatto che la moneta unica è il frutto di una costruzione purtroppo incompiuta. Su questo ho scritto un libro un paio di anni fa che si intitola “L’unione economica e monetaria dopo la crisi: cosa abbiamo imparato”.

In realtà, sapevamo dall’inizio che la moneta unica non sarebbe stata in grado di proteggerci del tutto da crisi finanziarie. Il motivo risiede nel fatto che nella UE, a fronte di un moneta unica, non esiste ancora un bilancio unico. Quindi, non è possibile una riallocazione delle risorse su scala europea come succede a livello nazionale, quando una regione va in crisi (ad esempio, in caso di cataclismi, uno Stato attiva un trasferimento diretto ed eccezionale di risorse, dal governo centrale alle regioni colpite). A livello europeo, tutto questo non c’è: il bilancio europeo, benché sia in grado di intervenire, come detto prima, per la riqualificazione dei territori e città, è comunque molto piccolo rispetto a quelli nazionali. Per dare un ordine di grandezza, il bilancio europeo si aggira intorno all’1% del prodotto interno lordo dell’Unione Europea. Invece, i bilanci nazionali si aggirano intorno al 50% del prodotto interno lordo nazionale. È evidente che se fallisse un Paese come l’Italia, con un bilancio che è pari al 50% del PIL nazionale, l’esiguo bilancio europeo non sarebbe nelle condizioni finanziarie di farvi fronte e salvarci. Noto questo, quando è stata creata la moneta unica, si è pensato di creare una rete di protezione, proprio per impedire i fallimenti statali dei paesi membri.

Questa rete di protezione non è altro che una serie di misure preventive e protettive per impedire il fallimento. Pertanto, si prevede attenzione al pareggio di bilancio e nel caso si sfori, un impegno a rientrare nel più breve tempo possibile. Quando dico “sforare” intendo in termini di deficit annuo e non di debito pubblico che, invece, come abbiamo detto poco fa è già altissimo, in quanto accumulato nei decenni. Il deficit è un passivo annuale, il debito è un passivo storico. Se rimaniamo in pareggio di bilancio annuo, infatti, il debito pubblico comunque aumenta a causa degli interessi che comunque accumuliamo. Noi Italiani ci portiamo dietro il peso di questo grosso debito pubblico, che inevitabilmente riduce il margine di manovra della nostra politica economica: ogni anno dobbiamo destinare una quota della nostra manovra nazionale al pagamento degli interessi. Ciò comporta il problema di avere meno risorse per fare politiche di welfare. In una situazione di crisi come quella che abbiamo attraversato, le entrate fiscali diminuiscono mentre la richiesta di welfare aumenta. Questo spiega perché noi italiani e altre nazioni con economie ancora più fragili (come la Grecia) abbiamo trovato tanto difficile superare gli anni della crisi. Come si intende, la responsabilità di tutto ciò non è dell’euro, bensì della nostra incapacità storica di riuscire a risolvere il problema del debito pubblico, che risale nella sua esplosione agli anni ‘70 e ‘80. Ora, grazie alla moneta unica, non abbiamo avuto una drammatica svalutazione dei nostri risparmi, che si sarebbero volatilizzati se fossero stati denominati con una divisa nazionale. Se invece avessimo potuto stampare moneta, avremmo avuto una boccata di ossigeno, ma sicuramente di breve termine. La quale si sarebbe tradotta presto in un’ulteriore perdita di credito internazionale della moneta nazionale e quindi della ricchezza privata, che in Italia ha ancora un certo peso.

L’euro ha anche altri motivi: è stato creato per ragioni soprattutto geopolitiche, prima ancora che economiche. L’euro nasce nel biennio 1989-90, con la caduta del Muro di Berlino. Il Trattato di Maastricht ha comportato una svolta in quanto se fino a quel momento l’Unione Europea era un fenomeno occidentale, sotto l’ala protettrice negli Stati Uniti e quindi apparteneva, all’interno di un ordine bipolare, all’Occidente del mondo, con quel trattato si prende atto del fatto che il muro di Berlino è crollato e la Germania è stata ormai riunificata. L’Unione Europea che nasce In quel momento deve diventare un soggetto adulto ed autonomo, in grado di avere una coesione maggiore e una sua politica estera. Non essendo più sotto l’ala degli Stati Uniti l’Unione Europea può cominciare quindi ad avere una sua proiezione internazionale più marcata. L’euro nasce quindi per rendere più forte l’Unione Europea e in parte ci è riuscito. L’euro è oggi la seconda valuta in termini di scambi mondiali dopo il dollaro. Anche se c’è la Cina che insidia dal suo terzo posto, l’euro è riuscito a far crescere il soggetto europeo su scala globale.